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La Calabria appassisce tra luminarie e tric trac

Mi permetto di intervenire nella questione cultura sollevata dal mio amico e stimato collega Gino Santo. Non so se io possa averne titolo, in quanto non mi occupo né di feste patronali di paese al …

Pubblicato il: 25/08/2016 – 13:18

Mi permetto di intervenire nella questione cultura sollevata dal mio amico e stimato collega Gino Santo. Non so se io possa averne titolo, in quanto non mi occupo né di feste patronali di paese al ritmo di tarantella, né tanto meno di fuochi pirotecnici; essendo io soltanto un pianista in carriera da quasi 40 anni, docente del Conservatorio di Cosenza da 36 anni, presidente dell’associazione “Maurizio Quintieri”, una delle più antiche della Calabria, sin dal 1994.
Siamo alle solite: ancora una volta i signori del populismo ci condanneranno, noi musicisti, all’amaro ruolo di tromboni che sempre si lamentano dei soldi che vengono spesi male per la cultura. Diciamocelo: il presidente del governo regionale è uomo di sinistra da tempo immemorabile, e anche io, quando ero ragazzo e frequentavo ambienti “de gauche” sentivo dire che cultura è tutto, anche il semplice atteggiamento di mangiare con o senza la forchetta… era un ragionamento sessantottino, questo, che cercava una complessa quanto astratta forma di libertà, ed era destinato a rendersi storia. Da noi calabresi, storia concreta di una regione schiava della pessima politica: sotto l’apparenza di una riflessione che portasse alla (giusta) critica della cultura del regime, quella allora imposta dalla chiesa e dalla Democrazia cristiana, spesso si celava l’incapacità della periferia di metabolizzare l’arte e la profondità dell’arte; o l’incapacità di pensare ad una grande rivoluzione culturale per come quasi spontaneamente è avvenuto in altre regioni più fortunate del mondo, anch’esse in periferia (Irlanda, Paesi Baschi, Catalogna).
In fin dei conti, quando Veltroni aprì i teatri lirici d’Italia agli spettacoli di musica leggera e ai cantautori, dando uno schiaffo a ciò che voleva significare “teatro di tradizione” in un Paese come il nostro, culla del belcanto e della lirica, dette il la a tante operazioni maldestre, che trovano sintesi in quella del nostro presidente di San Giovanni in Fiore, che mette il suo sigillo sulle scelte fatte nel destinare i fondi europei ai giochi d’artificio anziché alla musica classica.
Vedrete! Questi nostri politici continueranno a dire e a sostenere che l’atteggiamento spocchioso di noi musicisti cosiddetti “colti” deriva sostanzialmente dal nostro elemosinare qualche soldo per i concerti che organizziamo, ai quali vengono pochissimi spettatori, certo in minor numero di quelli che partecipano alle sagre delle tarantelle… La cultura di massa è ben altro!
Sta di fatto che molte cose ci spingono a pensare che sia tutto peggiorato, checché ne dica qualche deputato dello stesso colore di Oliverio, che sostiene che il presidente sia il miglior politico della Calabria. Personalmente penso che mortificare i territori nelle sottili trame dell’organizzazione della cultura sia come sfaldare il tessuto sociale, preferire la legge della pancia a quella del cervello, sia ricorrere a un sottile uso di fascismo intellettuale. Tutto quanto è come recidere i fiori alla base dello stelo: essi non avranno futuro, pur riempiendo momentaneamente vasi ornamentali variopinti. Per come accade a questa terra bellissima, la Calabria, destinata a appassire tra le luminarie e i tric trac promulgati dal suo malgoverno permanente.

* presidente associazione “Maurizio Quintieri”

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