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Fondi dispersi, Comuni in ritardo. La prevenzione antisismica non c'è (anche in Calabria)

LAMEZIA TERME Si chiamano piani di emergenza: dossier sulle caratteristiche del territorio e pianificazione degli interventi in caso di disastri. Avrebbero dovuto essere predisposti da tutti i comu…

Pubblicato il: 26/08/2016 – 9:29
Fondi dispersi, Comuni in ritardo. La prevenzione antisismica non c'è (anche in Calabria)

LAMEZIA TERME Si chiamano piani di emergenza: dossier sulle caratteristiche del territorio e pianificazione degli interventi in caso di disastri. Avrebbero dovuto essere predisposti da tutti i comuni entro nel 2012, ma in Italia 1759 amministrazioni non hanno provveduto a mettersi in regola. Un dato che è in linea con le cifre della prevenzione rispetto agli eventi sismici e ai cataclismi. La Calabria, uno dei territori più a rischio, non fa eccezione: su 409 Comuni, si sono adeguati soltanto 2019, il 54%. Il problema sono le risorse finanziarie, che non permettono alle amministrazioni locali di realizzare piani di sicurezza adeguati. E sulle risorse di consuma uno scontro politico destinato a deflagrare dopo il sisma del Centro Italia. Vediamo perché. Per le opere di prevenzione contro i rischi sismici il governo aveva messo a disposizione circa un miliardo di euro. Quel denaro, in buona parte, sarebbe finito, perché il condizionale è d’obbligo, a coprire altre voci di bilancio delle amministrazioni locali, per far fronte agli enormi tagli registrati nei trasferimenti dello Stato. 
Dopo la catastrofe si fanno i conti sulla mancata prevenzione, sui fondi dispersi. E il Mattino racconta la guerra tra Regioni, Protezione Civile e Comuni, che dopo il terremoto di Amatrice potrebbe scoppiare in maniera fragorosa. Al centro del contendere ci sono i 965 milioni stanziati per la prevenzione sismica dal decreto 39 del 2009, dopo il sisma de L’Aquila, e destinati a municipi e ad abitazioni. Soldi che l’articolo 11 ha già ripartito per gli anni successivi: 44 milioni di euro per il 2010, 145,1 milioni per il 2011, 195,6 per ciascuno del 2012, 2013 e 2014, 145,1 milioni per il 2015 e 44 milioni il 2016. Tutti a disposizione della Protezione civile, che li gira alle Regioni, le quali – a loro volta – prima raccolgono le richieste d’intervento dai Comuni, poi li distribuiscono in base a degli algoritmi che comprendono rischio geologico, metratura dello stabile e numero di popolazione. Soprattutto, la legge prevede che se i fondi non sono spesi, i governatori devono restituirli alla Protezione Civile.
Risultato: dei 963 milioni di euro stanziati dal governo dall’aprile 2009, a pochi giorni dal terremoto de L’Aquila, ad oggi, ne sono stati spesi pochissimi in tutt’Italia. «Colpa soprattutto di un meccanismo a dir poco farraginoso per l’erogazione dei contributi, che pure ci sono» dice il sindaco di Ascoli Piceno, Guido Castelli, vicepresidente dell’Associazione dei Comuni. «I fondi arrivano ogni anno con un’Ordinanza della Protezione Civile, ma tutte le verifiche sulle richieste sono centralizzate, e i soldi – continua Castelli – non arrivano».
La Calabria, però, assieme Campania, Sicilia, Calabria e Molise, è tra le regioni che hanno ricevuto più soldi. Soltanto per l’anno in corso l’Abruzzo, che con dopo il sisma de L’Aquila ha ancora 9mila sfollati, si è visto stanziare per l’annualità 2014 circa 13 milioni di euro, Calabria, Campania e Sicilia sbancano le concorrenti con circa 25 milioni, mentre l’Emilia Romagna ha ottenuto 11 milioni. Le prime riunioni del tavolo che mette a confronto Regioni, Protezione civile e Comuni – lo racconta sempre il Mattino –, avvenute nei mesi scorsi, sarebbero state molto tese: a domanda dei sindaci sul perché quei fondi non siano arrivati agli enti minori, i governatori, racconta uno dei partecipanti, avrebbero risposto che «sono stati dirottati per le difficoltà imposte dal patto di stabilità». Tradotto, quei soldi sarebbero finiti a finanziare altre voci di spesa, ma non la prevenzione antisismica. 
Prevenzione che, in Calabria, poggia su una legge che prevede procedure di verifiche rigorose sui progetti di una certa importanza per volumetria e dimensione, mentre il resto dei controlli continua a essere effettuato a campione. «È auspicabile che tali verifiche vengano estese alla totalità dei progetti», spiega il presidente dell’Ordine regionale dei geologi Paolo Fragale, che chiede «il potenziamento delle strutture tecniche regionali attualmente ancora fortemente carenti soprattutto per la componente geologica: bisogna potenziare la presenza di geologi nelle strutture tecniche per la verifica degli elaborati geologici a corredo delle progettazioni». (ppp)

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