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I calabresi si fidano poco dei sindacati

COSENZA Cgil, Cisl e Uil perdono mediamente 100 mila iscritti all’anno. I numeri non lasciano spazio a dubbi: dal 2015 al 2013, i tesserati hanno registrato una contrazione di circa 300 mila person…

Pubblicato il: 02/09/2016 – 8:23
I calabresi si fidano poco dei sindacati

COSENZA Cgil, Cisl e Uil perdono mediamente 100 mila iscritti all’anno. I numeri non lasciano spazio a dubbi: dal 2015 al 2013, i tesserati hanno registrato una contrazione di circa 300 mila persone, di cui ben 134 mila residenti nelle realtà regionali del Mezzogiorno. è la Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil), in valore assoluto, a subire il maggiore decremento con un calo di ben 157mila iscritti seguita dalla Confederazione italiana sindacati lavoratori (Cisl) con meno 124mila tesserati e l’Unione italiana del lavoro (Uil) con un meno significativo decremento pari a circa 3mila persone.

Campania, Sicilia e Calabria si collocano in coda alla graduatoria delle regioni “più sfiduciate” dalle organizzazioni sindacali. Al contrario, sul podio delle regioni a maggiore appeal sindacale si posizionano Emilia Romagna, Liguria e Veneto.
Solo 632mila italiani over 13 anni, pari all’1,2% della popolazione di riferimento, infine, hanno dichiarato di aver svolto attività sociale gratuita per un sindacato negli ultimi 12 mesi. Per le associazioni di volontariato, la partecipazione gratuita all’attività sociale sale al 10,6%.
è quanto emerge dall’Indice di appeal sindacale (Ias) ideato dall’Istituto Demoskopika che, analizzando il triennio 2015-2013, ha tracciato una classifica delle regioni in relazione all’attrattività delle principali organizzazioni dei lavoratori sul territorio. Due gli indicatori utilizzati: gli iscritti ai sindacati di Cgil, Cisl, Uil e le persone di 14 anni e più che hanno svolto attività gratuita per un sindacato.

Appeal sindacale: svettano Emilia Romagna, Liguria e Veneto. Sud in coda. Sono tre le regioni a guidare la graduatoria dell’Indice di appeal sindacale (Ias) realizzata dall’Istituto Demoskopika sulla base di tre livelli di gradimento, basso, medio e alto. L’Emilia Romagna, prima su tutte che, con un punteggio complessivo pari a 178,2, si posiziona in cima alla classifica delle realtà regionali “più sindacalizzate” guidando l’area del livello alto di appeal, con un ranking tra 180 e 126 punti. A seguire la Liguria (155,1 punti), il Veneto (150,6 punti), la Valle d’Aosta (138,1 punti), il Trentino Alto Adige (129,4 punti) e la Toscana (125,8 punti).
Nell’area di livello medio, con un ranking tra 125 e 91 punti, si posizionano sette realtà territoriali: Lazio (116,8 punti), Sardegna (106,6 punti), Friuli Venezia Giulia (102,1 punti), Umbria (99,9 punti), Lombardia (95,7 punti), Piemonte (94,6 punti) e Basilicata (90,8 punti).
Infine, nell’area di livello basso, con una ranking tra 65 a 90 punti, caratterizzato dalle regioni con minore gradimento verso le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil, si collocano ben sei realtà territoriali del Mezzogiorno, eccezion fatta per le Marche che ha totalizzato 89,1 punti. La “più disincatata” dal ruolo delle sigle sindacali si è dimostrata la Campania che ha totalizzato complessivamente solo 67,3 punti, immediatamente seguita dalla Sicilia e dalla Calabria rispettivamente con 76,8 punti e con 82,3 punti. Nell’area delle maggiori sfiduciate, infine, anche la Puglia (84,2 punti), l’Abruzzo (86,9 punti) e il Molise (87,9 punti).

Adesione: 100 mila cittadini all’anno rinunciano alle sigle sindacali. Sono poco meno di 300 le persone che hanno scelto di non iscriversi ai sindacati negli ultimi tre anni: nel 2013 i tesserati erano 11,8 milioni, nel 2014 erano 11,7 milioni mentre nel 2015 il numero complessivo è sceso a 11,5 milioni.
Dall’analisi territoriale dell’Istituto Demoskopika emerge un quadro differenziato abbastanza significativo. Con ben 133 mila iscritti in meno, pari ad un tesserato in meno su due del dato complessivo, sono le regioni del Mezzogiorno a rinunciare prioritariamente all’appartenenza sindacale nell’arco temporale considerato: Campania con 38mila iscritti in meno, Sicilia con 35mila 430 iscritti in meno, Puglia con 18mila 442 iscritti in meno e Calabria con 12mila 306 iscritti in meno. Seguono Abruzzo (-10,7mila iscritti), Basilicata (-9,4mila iscritti), Sardegna (-6,7mila iscritti) e Molise (-1,9mila iscritti).
Tutte le altre rimanenti realtà territoriali presentano un andamento negativo delle adesioni. In testa su tutte la Lombardia che, nel triennio osservato, ha registrato un rilevante calo paro a oltre 40mila iscritti. Seguono Lazio (-28,5mila iscritti), Piemonte (-27,6mila iscritti), Toscana (-13mila iscritti), Marche (-11,4mila iscritti), Emilia Romagna (-7,2mila iscritti), Veneto (-6,6mila iscritti), Umbria (-6,5mila iscritti), Friuli Venezia Giulia (-4,9mila iscritti), Liguria (-2,9mila iscritti), Trentino Alto Adige (-1,8mila iscritti) e, infine, Valle d’Aosta con appena 111 iscritti in meno.

Cgil: Basilicata, Campania e Lazio guidano la disaffezione. Tiene la “rossa” Emilia Romagna. è la Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil), nel 2015, a subire il maggiore decremento con ben 157mila iscritti in meno, pari a ad un calo del 2,8 per cento rispetto al 2013. A dimostrare più sfiducia, in termini di variazione percentuale, la Basilicata con una contrazione dell’11,2 per cento pari a 7,4 mila tesserati in meno, la Campania che ha registrato una decrescita di 7,1 punti percentuali pari a 23,6 mila iscritti in meno e il Lazio con una perdita del 6,1 per cento pari a 21,5 mila iscritti in meno, Il primato della regione “più fidelizzata” spetta all’Emilia Romagna che, nel periodo analizzato, ha mantenuto pressoché invariato il suo monte iscrizioni: solo 708 iscritti in meno con una variazione di appena lo 0,1%.

Cisl: calo di oltre 124 mila iscritti. Sicilia e Piemonte le “pecore nere”. La Confederazione italiana sindacati lavoratori (Cisl), ha perso per strada ben 124,2 mila iscritti con una contrazione del 2,9 per cento nel triennio considerato. Le maggiori perdite si sono registrate in Sicilia che ha visto ridurre il numero degli iscritti alla sigla sindacale di 22,6 mila persone (-6,6%) e in Piemonte con una contrazione di 16,5 mila iscritti pari al 5,9%. Sul versante opposto, Friuli Venezia Giulia e Liguria si sono dimostrate le più devote facendo registrare una riduzione irrilevante del numero degli iscritti rispettivamente pari a 76 tesserati (-0,1%) e 241 tesserati (-0,2%).

Uil: perdita meno rilevante. Rinunciano soltanto in 3 mila. Per l’Unione italiana del lavoro (Uil), la contrazione del “consenso” ha provocato minori contraccolpi. Dal 2015 al 2013, infatti, l’organizzazione sindacale ha visto ridurre il proprio portafoglio del tesseramento di soli 2,9 mila iscritti pari ad un decremento di appena 0,2 punti percentuali. A calmierare il saldo negativo, dovuto principalmente all’Abruzzo con 2.896 iscritti in meno (-5,3%) e all’Emilia Romagna con 2.810 iscritti in meno (-2,2%), gli incrementi in Sardegna con 1.866 iscritti (+3,3%) e nel Veneto con 1.898 iscritti (+1,7%).

Partecipazione: solo l’1,2% degli italiani si impegna nei sindacati. Negli ultimi dodici mesi l’1,2% della popolazione di 14 anni e più ha dichiarato di aver svolto attività gratuita per un sindacato. Un dato non lusinghiero se confrontato con un ben più alto 10,6% di coloro i quali hanno dichiarato di prestare attività gratuita per associazioni di volontariato. In altri termini – si evince elaborando i dati Istat – nel 2015, circa 632 mila persone hanno scelto un impegno gratuito attivo nel pianeta delle organizzazioni sindacali. Un “interesse” utilizzato dallo studio di Demoskopika per rilevare l’appeal sindacale nelle varie realtà regionali. Nord a partecipazione più dinamica con 285 mila persone pari al 45,1% sul dato complessivo. Seguono il Mezzogiorno e il Centro rispettivamente con 207 mila persone e con 140 mila persone.

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