CATANZARO «Il drammatico caso di violenza sessuale di gruppo consumatosi a Melito Porto Salvo, scoperto grazie al lavoro della Procura di Reggio Calabria e dei Carabinieri, mostra “l’anima nera” che si annida dentro la nostra società, il male di cui ancora alcuni uomini sono capaci nei confronti delle donne e come la ‘ndrangheta, dove si muove, avveleni ogni forma di vita». È quanto afferma il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. «Ciò che è emerso dalle indagini – prosegue Oliverio – fa rabbrividire: abusi perpetrati per due lunghi anni in un clima di generale omertà, il disprezzo per una giovane donna vista solo come oggetto sessuale sul quale sfogare le proprie perversioni, il cinismo di nove balordi resi gradassi dall’appartenere al circuito ‘ndranghetista che si manifesta negli episodi di violenza con “invasività e ferocia”, per usare le parole della gip Barbara Bennato nel provvedimento di custodia cautelare. Lo sgomento però deve lasciare il passo ai fatti: così come la Procura di Reggio Calabria e i Carabinieri, unica ancora di salvezza in un contesto di indifferenza, hanno fatto la loro parte arrestando gli aguzzini. Ora tocca a noi istituzioni fare la nostra parte per questa figlia di Calabria. Faremo a Melito una grande manifestazione per rompere ogni omertà e fare emergere la Melito e la Calabria migliore». «Non si conosce il nome della giovane vittima di tale infame reato – sostiene ancora Oliverio – ma è a lei che rivolgo i miei pensieri, le mie dichiarazioni e lo faccio a nome di tutta la Calabria e di tutti i calabresi onesti: ti saremo accanto e ti aiuteremo da qui in avanti, in questo difficile percorso verso la giustizia e la libertà. Non ci sono alibi per nessuno. Hai dovuto subire quello che nessuna bambina mai dovrebbe neanche immaginare. D’ora in poi la Regione Calabria farà qualsiasi cosa per proteggerti e difendere il tuo diritto ad una vita felice ed un futuro sereno. Ci costituiremo parte civile nel processo penale contro i tuoi aguzzini. Non sarai lasciata sola».
«NECESSARIO UN OSSERVATORIO SUL FENOMENO» «Dopo l’orrore smascherato dalla magistratura e dalle forze dell’ordine a Melito Porto Salvo, chi rappresenta le istituzioni ha il dovere di fornire risposte concrete, con poche parole e tanta serietà di comportamento. Non bastano più le dichiarazioni di circostanza, che servono per soddisfare il senso dell’opportunità o della necessità politica di dire qualcosa, purchessia». Lo afferma il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto. «In questo senso, innanzitutto è doveroso – prosegue Irto – che la Regione si costituisca parte civile nel processo contro il “branco”, come è stato opportunamente sollecitato da più parti e come peraltro da anni deliberato all’unanimità dal consiglio regionale. La rappresentanza legale dell’ente compete al presidente della Giunta, che ha già manifestato sensibilità istituzionale su questo tema; tuttavia, nella seduta del consiglio regionale del prossimo 14 settembre ritengo indispensabile approvare un ulteriore documento formale dell’aula, che rafforzi la spinta politica e istituzionale di questa azione, mediante una posizione che auspico venga assunta all’unanimità, per la delicatezza di questo tema. La politica calabrese, dinanzi alla gravità di quanto è accaduto, non può non rendersi conto che ormai è stato passato ampiamente ogni limite accettabile nella nostra società. Occorrono perciò atti concreti, almeno in due direzioni». «Innanzitutto – sostiene il presidente Irto – dobbiamo potenziare e fornire di adeguata dotazione finanziaria gli strumenti attualmente previsti nel nostro ordinamento regionale, per aiutare le donne che sono vittime di violenza e che hanno bisogno di prima assistenza, di cure mediche e sostegno psicologico, di supporto logistico, di opportunità di lavoro e di effettiva emancipazione. Ad esempio, dobbiamo fare il massimo – purtroppo non sarà facile ma dobbiamo riuscirci – per reperire maggiori risorse nel bilancio dell’ente per i centri antiviolenza. In secondo luogo dobbiamo avviare una vasta campagna culturale e di informazione contro la violenza di genere. Non possiamo occuparci di questi gravissimi problemi sociali solo quando ce lo ricorda la cronaca nera. Questa è la terra di Annamaria Scarfò, di Fabiana Luzzi, di Maria Concetta Cacciola, di Lea Garofalo e di tutte le altre vittime meno conosciute degli abomini quotidiani che, in casa e fuori dalle mura domestiche, offendono la dignità, violano l’integrità o arrivano a privare della vita le donne. Tutte vittime di violenza, di soprusi, di prevaricazioni, di subcultura maschilista, particolarmente radicata in una terra contaminata dai disvalori della ‘ndrangheta. Dobbiamo opporci, dobbiamo ribellarci, ma dobbiamo farlo davvero e non solo con i comunicati stampa. E allora diamoci da fare, concretamente». Secondo Irto, «la costituzione di parte civile nei processi è il punto di partenza, il presupposto di ogni ragionamento. Ma dobbiamo anche andare oltre. Dobbiamo arrivare alla costituzione di un Osservatorio permanente sulle donne che chiedono aiuto. Anche su questo ci metteremo al lavoro da subito. Dimostriamo alle cittadine, ai cittadini e a noi stessi di essere degni delle cariche che ricopriamo e a cui siamo stati chiamati. Poche parole e rimboccarsi le maniche. È una partita troppo delicata e va giocata con serietà».
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