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Carolina Girasole: «Il mio impegno ha dato fastidio»

LAMEZIA TERME Fa i nomi, indica date e spiega le dinamiche della ‘ndrangheta a Isola Capo Rizzuto. Carolina Girasole racconta la sua storia complicata e sofferta e dimostra ancora una volta di non …

Pubblicato il: 06/09/2016 – 20:15
Carolina Girasole: «Il mio impegno ha dato fastidio»

LAMEZIA TERME Fa i nomi, indica date e spiega le dinamiche della ‘ndrangheta a Isola Capo Rizzuto. Carolina Girasole racconta la sua storia complicata e sofferta e dimostra ancora una volta di non avere paura. Lo dimostrò nel 2008 quando decise di candidarsi come sindaco della cittadina crotonese con una lista civica di centro sinistra e poi durante tutto il suo mandato. Lo dimostrò in particolare durante un processo che, come più volte aveva lei stesso affermato, non avrebbe dovuto celebrarsi.
L’ex sindaco di Isola Capo Rizzuto rivive la sua storia all’interno di quello che considera uno dei frutti più importanti del suo mandato: la cooperativa “Terre joniche”, da lei fortemente voluta e nata in un bene confiscato alla cosca Arena nel 2013. L’occasione è stata uno dei tanti campi che la cooperativa ospita ogni anno, assieme all’associazione Libera e che quest’anno è stata la tappa di un gruppo di studenti e ricercatori dell’università di Milano, guidato dal professore Nando Dalla Chiesa.
Isolitana di nascita, si allontana per completare gli studi di biologia per ritornare poi e avviare un proprio laboratorio qui in città. Una vita diversa da quella che era stata l’attività della famiglia e che le aveva fatto conoscere la ‘ndrangheta sin da bambina.
Ma alla fine, nel 2007, dopo un primo rifiuto decide di candidarsi e mettere a disposizione la propria sensibilità e la propria disponibilità. «Sì, è qui che voglio vivere» era il nome della lista civica, sostenuta dal centro sinistra, guidata da Girasole e che vincerà nel 2008 con il 42% dei voti. Legalità e trasparenza erano gli assi portanti della nuova amministrazione. Ci fu subito la costituzione come parte civile in numerosi processi di ‘ndrangheta, prima volta in assoluto per la storia della città. Subito dopo si iniziò con la riorganizzazione amministrativa degli uffici e una dura lotta ai dipendenti che avevano un cognome scomodo e ricoprivano incarichi in settori importanti. Il consenso iniziale sembrò vacillare quando inizia la sua battaglia per i beni confiscati e l’avvio del progetto per la cooperativa. «Questo mio impegno ha dato fastidio – ha spiegato Girasole – intorno a me si stava creando silenzio e anche quel consenso iniziale sembrava non esserci più».
Non facili furono anche i rapporti con la Chiesa locale. A tutto ciò si aggiunse l’opera di delegittimazione portata avanti da un blog anonimo che buttò fango sulla sindaca fino alla fine del suo mandato. Nel 2013 decide di ricandidarsi alle elezioni, ma questa volta la speranza di cinque anni prima si è trasformata in rassegnazione e anche i risultati elettori lo dimostreranno: un 10% che le ha permesso a stento di sedere in consiglio comunale, ma soltanto all’opposizione. E poi la dolorosa vicenda che l’ha portata agli arresti domiciliari con l’accusa di voto di scambio con la cosca, gli Arena, che aveva contrastato e combattuto da sindaco. Un processo costruito su quelli che lei stessa definisce più volte «errori», come poi dimostrarono le carte della sentenza di assoluzione.
Una storia raccontata tutta d’un fiato, senza tralasciare nessun aspetto. Dagli interessi economici, che giravano – e girano – intorno al parco eolico tra i più grandi in Europa, alla religione, al funzionamento degli uffici comunali. E poi soprattutto la politica. Quella che l’ha sostenuta nel 2008 e che poi si è dileguata nel corso degli anni. «Un cambio di fisionomia nello stesso partito che l’ha appoggiata», lo ha definito il professore Dalla Chiesa. Lei è rimasta lì a combattere mentre la politica si è nascosta.
Nel settembre scorso è stata assolta nel processo di primo grado e subito dopo ha formalizzato le sue dimissioni dal consiglio comunale. «Bloccata» è la parola con cui definisce la sua posizione ad oggi, in attesa del processo di secondo grado. Ma non è pentita di quello che ha fatto per la sua città, anzi «se potessi – dice – farei le cose così come le ho fatte e in modo ancora più duro».

Adelia Pantano
redazione@corrierecal.it

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