LAMEZIA TERME “Mafia imprenditrice” l’hanno definita. È quella criminalità che riesce a impastare gli affari illeciti (estorsioni, traffico di droga, truffe e quant’altro) con gli affari leciti, puliti, o apparentemente tali. L’edilizia, in particolare, è il ramo d’impresa prediletto da questa ‘ndrangheta 2.0, specie dalla cosca Iannazzo di Lamezia Terme. Ma come si fa a sbaragliare la concorrenza, quali metodi usa la mafia imprenditrice? È un nuovo capitolo sul quale il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Elio Romano, intende tracciare metodi e prassi. Uno dei punti cardine è avere degli imprenditori di riferimento da cui prendere i lavori in subappalto o ai quali estorcerli. A spiegare il meccanismo è il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice che ha forgiato il proprio curriculum criminale all’interno della consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. La cosca riesce a imporsi negli appalti facendo, spiega Pulice, «i mediatori con la costrizione», così è facile «non avere concorrenti e il prezzo lo faccio io, perché pure che lo faccio un po’ alto, non è che quello mi può dire mi rivolgo alla concorrenza, lo faccio io. E loro praticamente mascherano… e riescono anche a fatturare comunque le estorsioni, eh? Anche un libro contabile, non scappa nulla, c’è il pagamento, c’è la richiesta e c’è il bonifico. Agli occhi di chi guarda l’incartamento… tutto lecito, eh?, non c’è nulla di illecito, perché dovrebbe essere l’imprenditore a dire io sono stato costretto ad accettare questo preventivo o io sono stato costretto a fare questa fornitura».
I PREVENTIVI IMPOSTI Naturalmente i preventivi non sono a prezzo di mercato. «Allora, qual è la problematica? – spiega il pentito – Ai tempi di oggi i preventivi nell’edilizia sono bassissimi perché la concorrenza è spietata. Okay? Quindi, non lo so, l’intonaco, un prezzo giusto per l’intonaco, okay?, di mercato, per riuscire a pagare gli operai, tasse e tutto, è di 12-13 euro al metro quadro, quindi… 15 euro, un prezzo, tra virgolette, sempre buono, di mercato. C’è gente che lo fa, dottore, anche a 8 euro, cioè nel senso, perché dice io non pago operai, vado io a lavorare… cioè c’è l’imprenditore che ha problemi lo va a fare anche a 8 euro e ci rientra ma per il filo del capello; però è un preventivo di 8 euro, cioè è legale. Arrivo io ‘ndranghetista, a quello che ha fatto il preventivo di 8 euro, gli dico non ti premettere proprio a presentarlo. Quant’è il prezzo di mercato, 15? E 15 deve essere. Lo faccio io a 15. Se a me il proprietario dell’immobile General Contract dice: sì, ma a me Tizio me lo fa a 8. A me non me ne frega niente. 15 è il prezzo di mercato? A me a 15 me lo devi pagare. Chi mi dice di no? Nessuno. Perché? Perché se anch’io non lo voglio minacciare, dottore, dico: vabbè fattelo fare da lui a 8. La mattina spruzzano l’intonaco, io il pomeriggio gli tiro le reti di sotto e glielo faccio cadere. Quando gli è costato l’intonaco? Otto e otto, che lo deve rifare, sono sedici. Ha perso un euro». «E questo avviene regolarmente?», chiede il magistrato. «Questo è prassi a Lamezia Terme. Questo è prassi», dice il collaboratore. Ma non basta la prassi per imporsi come cosca imprenditrice. Serve l’esperienza, bisogna conoscere il settore. Una “dote” che non tutti i clan possono permettersi. «Ecco la differenza tra Torcasio e Iannazzo – dice Pulice –. I Torcasio non ci arriverebbero mai a pensare una cosa di queste. Gli Iannazzo sì». Il perché è presto detto. «Perché sono imprenditori, sono nati come imprenditori. Cioè, voglio dire, Ciccio Iannazzo il “Cafarone”, è ‘ndranghetista, è un boss, quello che è, ma se gli date la manipola e i mattoni, la sa fare la casa. Quindi è uno… Ciccio Iannazzo lo sa quanti metri ci vogliono per fare un muro, quanto costa fare un muro, non lo può fregare nessuno. Perché comunque quando si fonde il lecito con l’illecito, la scissione non si può più fare. Come la fa uno la scissione? Ci deve essere la collaborazione della vittima, solo in quel modo può fare la scissione. Se non c’è la collaborazione della vittima, scissioni non se ne possono fare. Possono venire tutti i controlli da parte delle forze dell’ordine che c’è sempre fattura e pagamento». È un muro che si erge coi mattoni della paura e del silenzio quello della mafia imprenditrice.
(L’area industriale di Lamezia Terme)
MAFIA IMPRENDITRICE E IMPRENDITORIA CORROTTA Accanto alla “mafia imprenditrice”, poi, pasce e cresce l’imprenditoria corrotta, quella per intenderci, delle truffe alla 488 e all’imprenditoria femminile. Perché, benché la maggior parte dei lavori sui quali la cosca speculava fossero pubblici, come quelli all’aeroporto di Lamezia Terme, il pentito parla anche di lavori per i privati. «Praticamente i lavori privati però consistenti sono quelli della Sir. Lì sono i privati, il terreno gliel’ha dato il Comune, investono con la 488 o con la 416, ci sono dei finanziamenti regionali promossi dalla Comunità Europea, anche lì c’è tutto un giro di fatturazioni false per prendersi i soldi della 488». Quando si costruisce imbrogliando bisogna chiamare l’imprenditore giusto: «Loro praticamente che quando trovi l’imprenditore che deve fare il capannone, tra virgolette, imbrogliando, lo può fare con il costruttore serio? No. Come fai a dire a un costruttore serio: “Fammi la fattura più alta che poi…” Lo fanno con gli Iannazzo. Perché Iannazzo uno gli dice guadagniamo, o c’è la truffa…», spiega Pulice. I proventi dell’illecito poi si dividono perché «quello magari gli dice io a farti le fatture che ci metto? Faccio una srl, ci metto un amministratore, spendo 5.000 euro e ti faccio 5 milioni di fatture. Anche su 5 milioni di fatture c’è… non lo so, 1 milione di Iva, pagamelo al 10%, mi devi dare 500.000 euro. Cioè carta e penna in un anno, come tirare su due, tre, quattro, 500.000 euro con il giochino dell’Iva, no? Questo è un giochino che fanno un po’ tutti». È un muro che si erge coi mattoni della paura e del silenzio quello della mafia imprenditrice. E, in alcuni casi, con la connivenza.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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