Si esaurirà mai il botta e risposta tra il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, e il presidente della Regione, Mario Oliverio? Come si fa a dirlo? Forse bisognerà attendere per capire se ci racconteranno altre “storie” o se decideranno di insistere con la medesima solfa; vai a sapere!
Per il momento c’è che Abramo ha rivolto l’indice contro il governatore contestandogli un atteggiamento di «netta chiusura nei confronti della città capoluogo, come se si avesse a che fare con un autentico muro di gomma». E ha sciorinato quelle che, a suo dire, sono le vicende oggetto del disappunto. Le accuse riguardano la “mancanza di certezze” sui fondi (20 milioni) per completare il porto; il nulla sul finanziamento (120 milioni) per costruire un nuovo ospedale; il colpevole ritardo per l’iter relativo alla realizzazione della metropolitana e il silenzio sul “piano parcheggi” di supporto sempre della metro. Un modo per dire che il silenzio calato su queste iniziative renderebbero scarsamente credibile l’idea del Presidente della Provincia di rilanciare l’opportunità di un provvedimento legislativo per «Catanzaro capoluogo per individuare – dice Abramo – gli assi strategici di intervento che rafforzino l’impianto infrastrutturale della città e del suo hinterland». Questa la sintesi dell’accusa.
La difesa: «Abramo camuffa la sua inerzia e la mancanza di una visione credibile di città con queste storielle”, è stata la risposta, piccata, di Mario Oliverio che ha rilanciato punto per punto, a cominciare dalla metropolitana, per poi passare al nuovo ospedale civile e sostenere che Abramo dovrebbe ammettere, “per onestà intellettuale”, che tutte le opere da lui elencate vedranno presto la luce solo ed esclusivamente per iniziativa della Regione. “Chi sostiene il contrario – dice Oliverio – dà segni di grande smarrimento” perché “si avventura in affermazioni prive di fondamento che mistificano la realtà». E conclude con una domanda: «Chi vuol prendere in giro Abramo? I cittadini catanzaresi meritano rispetto pertanto i propri amministratori si assumano le responsabilità dei loro fallimenti senza camuffare la propria inerzia e la mancanza di una visione credibile di città».
Pesantuccia la replica? Si tratterà di attendere per capire chi ha avrà ragione ma sarà anche importante assistere da che parte penderà l’ago di questa storia che, comunque, lascia l’amaro in bocca perché, comunque andrà a finire, è certo che uno dei due ha mentito! Il che segnerà, nel rapporto tra istituzioni e cittadini, qualcosa di cui si avverte la mancanza: l’obbligo per i primi di dire la verità. Solo e comunque la verità! Senza sopportare più che il politico possa mentire.
In altri Paesi la menzogna detta da un rappresentante del popolo è considerata una mancanza grave, tanto da non essergli perdonata. Un Presidente americano, Bill Clinton, fu costretto a dimettersi non già per avere avuto rapporti sessuali con la stagista Monica Lewinsky, ma per averli negati. Dunque per aver mentito ingannando la nazione. E prima ancora un altro presidente, Richard Nixon, è rimasto coinvolto nel caso Watergate che gli ha oscurato la personalità che era riuscito a costruirsi, salvandosi dalle dimissioni perché fu “graziato”.
Dunque negli States la menzogna detta da chiunque rivesta cariche pubbliche è considerata un reato, grave come possono essere la corruzione e il tradimento. Nel nostro Paese, culla del diritto, si può dire, invece, ciò che si vuole, quando si vuole e come si vuole. Anzi quando si parla di politici, con atteggiamento beffardo, si suole dire che egli mente per definizione. E, invece, sarebbe opportuno cambiare al più presto tale atteggiamento perché, anche se in quella bugia non si ravvisa, secondo il nostro ordinamento, un problema di natura giuridica, rimane imponente una condotta etica che andrebbe sanzionata proprio come accade in altri paesi nei quali il rapporto tra eletti ed elettori è improntato anche su una esigenza morale che non ammette la menzogna al pari di come non si tollera l’evasione fiscale perché considerata un furto. Un furto ai danni della collettività.
Si arriverà mai a tanto anche nel nostro Paese?
*giornalista
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