LAMEZIA TERME I finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Catanzaro hanno eseguito un provvedimento di sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal gip presso il tribunale di Lamezia Terme, sui beni (mobili, immobili, valori, danaro) intestati ad una nota società operante (Infocontact srl), in Calabria, nel settore delle telecomunicazioni e ai due amministratori di diritto e di fatto, Giuseppe Pane e Mariano Pane, per un ammontare complessivo di circa 26 milioni di euro. L’Infocontact – attualmente in amministrazione straordinaria, costituita nell’anno 2001, ha operato sul mercato dell’outsourcing nei servizi di custode care sin dall’anno 2006. Dal 2006 al 2014 – anno in cui il tribunale di Lamezia Terme ne ha dichiarato lo stato d’insolvenza – è stata amministrata dalle famiglie Pane (noti armatori sorrentini) e Graziani (il cui capostipite ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Telecom Italia), le quali ne hanno detenuto, per il tramite di società alle stesse riconducibili, l’intero capitale sociale.
Le persone che hanno amministrato, in fatto ed in diritto, la stessa società sono stati Giuseppe Pane, Mariano Pane e Alfonso Graziani (quest’ultimo deceduto pochi mesi prima della dichiarazione dello stato d’insolvenza). L’Infocontact, pur avendo stabilito la propria sede legale a Roma, ha, di fatto, sempre operato in Calabria e, in particolare, nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, dove erano ubicate ben 14 sedi operative.
Essa ha usufruito di svariati contributi straordinari previsti da leggi nazionali e comunitarie, per l’assunzione e la formazione dei dipendenti, oltre a sgravi fiscali e contributivi a riduzione del costo del lavoro. Secondo gli investigoatori, proprio alla luce di tali agevolazioni e contributi, l’Infocontact è arrivata ad investire in Calabria ed ad avere alle sue dipendenze, nei vari (ben 14!) “call center”, circa 2.000 lavoratori. Per effetto di condotte dissipative e distrattive, oggi, purtroppo, quei 2.000 giovani dipendenti hanno perso il posto di lavoro e quanto investito in termini di impegno e di rinuncia ad altre opportunità’.
La società “indagata” ha inoltre omesso di versare, per il periodo 2009-2013, somme per oltre 26 milioni di euro. Le complesse attività investigative hanno consentito di individuare una serie di operazioni distrattive e dissipative poste in essere dall’organo amministrativo della società in un periodo in cui la stessa versava già in uno stato di decozione o insolvenza. Peraltro, grazie all’ausilio di intercettazioni tecniche, le articolate indagini hanno consentito di smascherare una fitta rete di società correlate e collegate, di cui talune anche in territorio estero, possibili destinatarie dei proventi distratti. L’attività di servizio in argomento, eseguita in Campania e nel Lazio, ha interessato numerosi conti correnti, un lussuoso attico nel centro di Roma, nonché beni mobili e partecipazioni societarie risultati essere nella disponibilità degli indagati.
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