Ultimo aggiornamento alle 9:25
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 8 minuti
Cambia colore:
 

Nuovo memoriale Lo Giudice: «Ecco tutti i delitti di Faccia di mostro»

REGGIO CALABRIA «Fa paura solo a guardarlo anche perché sul lato destra della faccia è sfigurato perché nel suo passato durante un conflitto a fuoco con dei banditi gli venne esploso un colpo in fa…

Pubblicato il: 20/09/2016 – 6:29
Nuovo memoriale Lo Giudice: «Ecco tutti i delitti di Faccia di mostro»

REGGIO CALABRIA «Fa paura solo a guardarlo anche perché sul lato destra della faccia è sfigurato perché nel suo passato durante un conflitto a fuoco con dei banditi gli venne esploso un colpo in faccia. Confrontandolo… allora, confrontandolo con una lastra di ghiaccio posso dire che lui è ancora più duro e senza sentimenti». Così il pentito Nino Lo Giudice definisce Giovanni Aiello nel memoriale che da oltre un anno scrive e il 3 maggio scorso ha letto di fronte ai pm di Palermo, Nino di Matteo e Roberto Tartaglia, e al sostituto procuratore Giuseppe Lombardo di Reggio Calabria che lo stavano interrogando.

MEMORIALE ACQUISITO DA REGGIO Pagine poi acquisite dalla Dda dello Stretto, che insieme agli uffici di Palermo e Caltanissetta da tempo sospetta che Giovanni Aiello sia Faccia di mostro, il misterioso killer di Stato, secondo diversi collaboratori coinvolto in delitti ancora avvolti nel mistero, dal fallito attentato all’Addaura all’omicidio di Nino Agostino. Crimini efferati, non ancora spiegati, su cui Lo Giudice afferma di sapere qualcosa. A rivelarglielo sarebbe stato Aiello in persona, quando in qualità di «uomo dei servizi» si è presentato in Calabria alla ricerca di armi ed è andato a bussare alla porta del clan Lo Giudice.

ME LO HA PRESENTATO SPADARO TRACUZZI La prima volta – ha raccontato in udienza in Sicilia – mi fu presentato dal capitano Saverio Spadaro Tracuzzi che ne parlava come di un collega. Mi disse che era uno dei servizi, che si erano conosciuti in Sicilia perché Aiello aveva contatti con Cosa nostra». Di lui, Lo Giudice aveva già sentito parlare in carcere all’Asinara da Pietro Scotto, che tuttavia non gli aveva rivelato il nome del misterioso uomo responsabile della strage di Via D’Amelio. «Lo riconobbi dalla faccia bruciata», riferisce il collaboratore, per poi precisare «la seconda volta Aiello venne a trovarmi nel 2007».

PEDINAMENTO Ma all’epoca, “Il Nano” non si fidava di quell’uomo con il volto sfigurato, né di Antonella, «la donna bionda, con accento calabrese» che all’epoca lo accompagnava. Per questo – spiega nel suo nuovo memoriale – «precedentemente parlammo con il Cortese di vedere dove i due si recavano e di fotografare la zona dove abitavano. Dopo che si era avviato per andare via, Antonio Cortese lo seguì fino a Montauro di Catanzaro dove poi scoprimmo che aveva una piccola casa in riva al mare. Il Cortese li fotografò così potevamo saper qualcosa in più». Ma molte informazioni sarebbero arrivate a Lo Giudice e Cortese per bocca dello stesso Aiello.

DOPPIO LAVORO Sarebbe stato lui in persona a raccontare di essere originario di Catanzaro ma di aver sempre lavorato a Palermo, «al Commissariato di San Lorenzo a Palermo dove svolgeva il suo doppio lavoro di poliziotto e agente segreto in missione per alcuni fatti, per conto di suoi superiori, di cui uno fra tutti Bruno Contrada che lo spediva in vari punti della Regione». Una delle missioni assegnate ad Aiello -racconta Lo Giudice – avrebbe avuto come teatro la Sardegna e come obiettivo stanare il superlatitante Graziano Mesina, all’epoca considerato il re dei sequestri.

LA MISTERIOSA ANTONELLA «ln quell’occasione – appunta Lo Giudice – (Aiello ndr) era stato mandato anche ad Alghero dove c ‘era un centro addestramento dei servizi segreti, insieme a lui c ‘era una sua amica, Antonella, che dette dimostrazione della sua bravura, divenendo il braccio destro di Aiello in molti fatti accaduti in Sicilia prima e poi nel resto della penisola». Si tratta della stessa donna che si sarebbe presentata in Calabria insieme a quello che gli inquirenti ritengono Faccia di mostro. Ma non sarebbe stata l’unica componente della squadra di Aiello.

LA SQUADRA Lo Giudice racconta che Faccia di mostro «mi raccontò che quando lavorava in Sicilia aveva altri colleghi che lo affiancavano nel suo lavoro di 007». Le loro riunioni – aggiunge – avvenivano nella villa a mare di Paolillo, (presumibilmente l’ex agente di polizia Guido Paolilli, all’epoca in servizio a L’Aquila, ma spesso aggregato alla sezione Antirapine della Mobile di Palermo, in passato indagato per favoreggiamento, per poi vedere archiviata la propria posizione) uno «della stessa falange dei servizi».

LA STRAGE DI PIZZOLUNGO Ma soprattutto, al collaboratore avrebbe parlato dei tanti delitti di cui la “squadra” si sarebbe macchiata. «Mi raccontò di una donna e di due bambini uccisi durante un attentato vicino a Trapani», racconta il pentito, che sembra riferirsi alla strage di Pizzolungo, il fallito attentato al magistrato Carlo Palermo, che il 2 aprile dell’85 è costato la vita alla trentenne Barbara Rizzo e ai suoi due figli gemelli.

IL FALLITO ATTENTATO ALL’ADDAURA «Poi – continua il collaboratore – mi narrò di un attentato all’Addaura nei confronti del giudice Falcone e che per pura casualità fallì e che insieme ai suoi amici palermitani che si trovavano con un gommone dovettero abbandonare l’area dove sarebbe dovuto avvenire l’attentato». Un particolare su cui i pm palermitani si soffermano per chiedere precisazioni. E Lo Giudice non si tira indietro. Sì, conferma, Aiello gli ha rivelato di essere uno degli uomini che attendeva sul gommone di far esplodere la carica esplosiva nascosta nel borsone da sub abbandonato sulla spiaggetta di fronte alla villa affittata dal magistrato.

VIA D’AMELIO Anche l’attentato al giudice Borsellino, secondo quanto si legge nel memoriale di Lo Giudice, sarebbe da attribuire ad Aiello. «Mi disse che quell’attentato era frutto di un paziente lavoro e che la firma era sua e che era stato mandato dal suo capo, Bruno Contrada e altre alte cariche di Stato. Mi disse che la preparazione e il confezionamento della bomba era stata… era stato lui in prima persona con altri mafiosi della zona di Caltanissetta, appunto suo compare Gaetano Scotto e altri. Mi disse anche che l’azione fu portata a termine da lui che per fare… che per fare brillare l’ordigno si era nascosto nelle vicinanze della casa della madre del magistrato, dove in altura c’era un lussuoso albergo».

L’OMICIDIO AGOSTINO Ma il rosario dei crimini di Aiello non sarebbe finito. «Poi – aggiunge il collaboratore – mi raccontò dell’uccisione dì un suo collega, tale Antonino Agostino che lavorava nello stesso commissariato di San Lorenzo». E specifica: «Il poliziotto venne ucciso vicino a un molo mentre era insieme alla moglie e che era pure incinta di pochi mesi». Motivo? «Il poliziotto non era un venduto, né una persona dei servizi, e aveva scoperto il doppio gioco che Aiello svolgeva sotto copertura e sotto le direttive del Bruno Contrada». Un’informazione che combacia e completa quella fornita da Vincenzo Agostino, padre del poliziotto ucciso, che qualche mese fa ha riconosciuto in Aiello quella «faccia di mostro» che ha sempre ritenuto responsabile della morte del figlio.

IL MISTERO MANCA Ma c’è anche un ulteriore omicidio che Aiello si sarebbe attribuito. «Mi narrò (Aiello, ndr) di un omicidio avvenuto in Sicilia prima ancora che venisse arrestato Bernardo Provenzano… questo è un altro fatto… l’ucciso era un urologo che si era prestato di individuare una clinica… una clinica all’estero per fare operare il Provenzano». I pm intervengono, vogliono un racconto più preciso e vogliono capire se Aiello sia stato il materiale esecutore di quel delitto. E ancora una volta il pentito conferma. «Quando costui (Provenzano, ndr) fu operato, per non lasciare tracce dietro a quell’operazione, contattò un avvocato di nome Pataffio (presumibilmente Cattafi, ndr) che gli teneva i contatti e lo seguiva nelle sue cose delicate e doveva a sua volta… ah e dove a sua volta gli diede l’incarico ad Aiello per liquidare l’urologo. Il dottore venne strangolato nel suo
stesso studio a Barcellona Pozzo di Gotto per conto dell’avvocato e di Provenzano». Esattamente quello che ha raccontato Carmelo D’Amico, mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto. Salvo per un particolare, Manca è stato ucciso a Viterbo, non in Sicilia. D’Amico invece era stato preciso. 

LA VERSIONE DI D’AMICO Spiega infatti di essere venuto a conoscenza della reale identità dei killer di Manca prima da Salvatore Rugolo, quindi da Antonino Rotolo. Proprio lui sarebbe stato il più preciso. «Aggiunse che di quell’omicidio si era occupato, in particolare un soggetto che egli definì “u calabrisi”; costui, per come mi disse Rotolo, era un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origine calabrese, che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi. Rotolo Antonino mi fece anche un altro nome coinvolto nell’omicidio di Attilio Manca, in particolare mi parlò del “Direttore del Sisde”, che egli chiamava “U Diretturi”». E il calabrese per Rotolo era «”U Bruttu”».

RISCONTRI Dichiarazioni che fanno il paio con quelle di Lo Giudice su Faccia di mostro e la lunga catena di omicidi di cui si sarebbe macchiato, ma che adesso dovranno essere accuratamente vagliate e riscontrate, anche per comprendere come mai il pentito non ne abbia fatto menzione nelle prime fasi della sua collaborazione. Allo stesso modo, le rivelazioni che il collaboratore è in grado di fare potrebbero non essere finite. Gran parte dell’interrogatorio, comprese le pagine in cui il pentito da lettura del suo memoriale, sono omissate. Un segnale che Lo Giudice potrebbe avere ancora molto da dire.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x