C’è il marcio di Calabria Verde e quello della sanità e altro ancora. Tuttavia sono solo la punta di un iceberg molto più profondo. Ma è l’iceberg e non quel che emerge l’obiettivo del pool investigativo messo in piedi dal procuratore distrettale Nicola Gratteri per far luce su grassazioni, malversazioni, appalti truccati, forniture fantasma, nomine illegittime, consulenze illegali. C’è la casa del deposto Paolo Forgiuele, messa su con i soldi della forestazione e gli operai forestali. E c’è la frana ripristinata a spese della Regione per evitare guai, anche giudiziari, al privato che con lavori abusivi quella frana ha creato. C’è il bando che pone come regola che la spesa deve esse quella storicizzata. E c’è il contro-bando che stralcia una parte della spesa e la destina solo a quella non storicizzata. Il tutto affidato alla gestione di un reticolo di faccendieri che formano una cellula del malaffare operante in assoluta, ma blindata, clandestinità.
I riflettori si tenta di accenderli per lumeggiare proprio questo sottobosco, perché ormai nei Palazzi istituzionali le decisioni, i provvedimenti, le delibere, persino le leggi arrivano preconfezionate. Alla loro materiale stesura lavorano personaggi che nessun ruolo pubblico ricoprono ufficialmente. Non sono assessori e non sono consiglieri regionali. In qualche caso non sono neanche dirigenti o dipendenti della Pubblica amministrazione.
Tre diversi filoni investigativi viaggiano in questa direzione, occorre maggiore prudenza nell’avventurarsi a commenti. Lo scandalo di Calabria Verde è devastante ma non è ancora arrivato al suo apice e non è assolutamente un episodio isolato. Qualcuno dimentica, in proposito, che al vertice di Calabria Verde siede oggi un generale dei carabinieri “prestato” alla Regione in attesa di andare a coprire il ruolo di nuovo direttore centrale della Dia. Aloisio Mariggiò in queste settimane non si è limitato a ripulire l’ambiente, spedendo in periferia e sui cantieri l’intero management ereditato. Ha anche messo mano a una indagine interna che si annuncia dagli esiti devastanti. Dalle autobotti, che pur essendo state dismesse da alcuni lustri, continuano a fare il pieno con la scheda carburante dell’azienda anche a Torino, ai buoni pasto che superano in numero sia il totale dei dipendenti che quello delle giornate lavorative.
E poi ci sono le mega gare di appalto, dove nessun imprenditore era sicuro della legge perché quando anche vincevi la gara d’appalto se non cedevi alla richiesta del pizzo ti ritrovavi con i fondi stornati e i pagamenti bloccati. E sì, perché la Regione è un pianeta articolato: c’è chi appalta, ma c’è chi poi deve emettere i mandati. C’è chi deve certificare la copertura in bilancio e c’è chi deve sorvegliare per conto dell’Unione europea.
È ben per questo che nei mesi passati la “cabina di regia” occulta ha investito molto in disinformazione. Ha spostato, o meglio ha tentato di spostare, l’attenzione sulle gare d’appalto arrivate con sentenze del Tar e pronunciamenti del Consiglio di Stato che hanno visto soccombere finanche l’ufficio legale della Fiat. Perché spendere soldi laddove nessuno ti “ringrazierà”? Meglio spostarli in un settore dove la competizione è più ampia. E i competitori più malleabili…
Anche questo è Calabria Verde ed è anche tanto altro come si incaricheranno, a brevissimo, di dimostrare le indagini avviate dalla Procura distrettale di Catanzaro e quelle che, per competenza, alla Procura di Catanzaro sono state girate dall’Anac di Raffaele Cantone.
In una intercettazione ambientale, che ne precedeva di poche settimane la nomina a capo della Procura distrettuale di Catanzaro, di Nicola Gratteri due traffichini noti alle cronache dicevano: «Gratteri… non è un grande problema… alla fine lui capisce di droga, è fissato con il narcotraffico internazionale… si è sempre occupato di questo… e comnunque dalle indagini che toccano la politica si è sempre tenuto distante».
Erano male informati, bastava chiedere dalle parti di Siderno, Marina di Gioiosa Jonica e Bovalino per avere prova del contrario: le microspie nella lavanderia dei Commisso a Siderno hanno portato allo scioglimento di quel consiglio comunale e all’arresto di politici “insospettabili”. Analogamente a Marina di Gioiosa, per non dire della microspia in casa Pelle con conseguente scioglimento dei comuni di Bovalino e Bagnara Calabra e fine della carriera per i consiglieri regionali Franco Morelli e Santi Zappalà.
Forse è più corretto dire che Gratteri non poteva occuparsi di pubblica amministrazione per il semplice fatto che chi ne aveva facoltà si guardava bene dal delegargli indagini in quel settore. Meglio il narcotraffico, tra l’altro lo esponeva a rischi maggiori e tutto sommato a qualcuno non sarebbe dispiaciuto eccessivamente se chi ci rimetteva navi cariche di cocaina con danni miliardari decideva di “risolvere il problema”.
Da capo della Procura di Catanzaro, con buona pace delle speranze di molti, Gratteri di pubblica amministrazione pare proprio che se ne occuperà. Eccome. Il primo segnale lo ha lanciato il giorno dell’insediamento, ricordate la storia dell’Ospedale Militare? Doveva finire in mano alla speculazione edilizia dei soliti noti. Invece ospiterà gli uffici della Procura distrettuale e quelli della polizia giudiziaria con taglio dei fitti per circa un milione e mezzo di euro su base annua.
Un segnale inequivocabile e chiaro. Peccato che qualcuno, con tutta evidenza, non lo ha compreso.
direttore@corrierecal.it
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