Pensavano, i romani, di essere i soli a soffrire di Raggite cronica, la malattia che paralizza non le membra, ma i membri. Soprattutto quelli delle maggioranze. Ebbene, anche i membri reggini sono bloccati, paralizzati. Impalati. E, da qualche giorno, anche confusi e infelici. Tutti. A partire dal loro più alto rappresentante, il Capomembro, quel mio giovane e affascinante amico dal capello fluido come un’onda marina. Il giovane Falcomatà. Il quale, se non ricordo male – e non ricordo male – in vista della propria campagna elettorale, in un afflato di fraterna vicinanza coi popoli clandestini dei gommoni, ebbe a dichiarare «facciamoli venire a Reggio (oggi, Raggio Calabria, vista l’epidemia di Nullite che la sta disfacendo): saranno una risorsa per il nostro entroterra». Più o meno, la frase fu quella. Tutti ci scandalizzammo, prevedendo quello che, coperto dal ciuffo ribelle, il Piccolo Principe Raggino non riusciva a mettere a fuoco. Oggi, con le palestre, le sedi di associazioni, i centri sportivi distrutti dalle orde di invasori, si ravvede e, sperando nel fatto che noi possiamo aver dimenticato, chiede aiuto e si vuole sbarazzare dei novelli saraceni. Delle due l’una: o era fuori come un balcone durante la campagna elettorale, o è meglio che se ne vada oggi. Perché le idee, quando si vuole governare, bisogna averle chiare prima, durante e dopo.
Peraltro, Raggio Calabria è diventata così bruttina che anche i clandestini stessi non ci vogliono stare. Sembra, addirittura, che al momento di salire sulle navi che vanno a caricarli, chiedono dove siano dirette: alla Città dello Stretto preferiscono quattro bracciate e tornano a riva. In Libia. E così sia!
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