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Migranti a Reggio, l'emergenza diventata normalità

REGGIO CALABRIA Panni stesi ad asciugare ovunque, dai davanzali delle finestre fino alle ringhiere delle rampe per portatori di handicap. Le scarpe appoggiate su un cornicione “adornano” la fa…

Pubblicato il: 24/09/2016 – 17:46
Migranti a Reggio, l'emergenza diventata normalità

REGGIO CALABRIA Panni stesi ad asciugare ovunque, dai davanzali delle finestre fino alle ringhiere delle rampe per portatori di handicap. Le scarpe appoggiate su un cornicione “adornano” la facciata del centro di prima accoglienza per minori di Archi, quartiere popolare della zona nord di Reggio Calabria. Là dove c’era la sede provvisoria della facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi “Mediterranea”, adesso, malgrado i segni del tempo e in una situazione che appare ogni giorno più esplosiva, sono ospitati i minori non accompagnati arrivati con gli sbarchi di migranti nel porto della città. Sono 250, al momento i minori presenti, cui si aggiungono, sempre qui, 60 “adulti” assegnati temporaneamente. Altri 55 sono ospitati nei vecchi uffici della Capitaneria di porto e 112 occupano il palazzetto dello sport accanto allo stadio comunale “Oreste Granillo”.
Dentro niente è definitivo. Anche i piccoli spazi assegnati a ciascun ospite mostrano una provvisorietà che è diventata normalità. In queste strutture dovrebbe essere assicurata assistenza e ospitalità per un massimo di 36/72 ore. In realtà, c’è chi è qui da oltre tre mesi. I ragazzi sono ansiosi di partire e lo hanno anche manifestato in modo visibile inscenando, in queste settimane, alcune proteste. Vogliono andare via da quella che considerano solo una tappa di transito. Sognano Milano, Roma, al massimo Napoli. Sono venuti in Italia con negli occhi le immagini di grandi città, dove c’è vita, dove c’è lavoro, dove immaginano un futuro. Intanto, però, trascorrono le loro giornate giocando a pallone. Alcuni bivaccano sull’erba, all’ombra degli alberi. La noia e l’esasperazione sono sempre in agguato. Per trovare qualcosa da fare si sono offerti di curare le aiuole del quartiere. Altri aiutano gli operatori nella distribuzione dei pasti e dei prodotti per l’igiene personale, vestiario o scarpe. Fuori un blindato della polizia vigila con discrezione. Più a valle, due “gazzelle” dei carabinieri. Una presenza necessaria dopo la protesta inscenata nel luglio scorso che mise in subbuglio l’intero quartiere. Solo in serata tornò la calma dietro la promessa del trasferimento altrove.
Molti dei protagonisti di quella protesta sono ancora qui. I centri sono gestiti da delle cooperative con psicologi, mediatori linguistici, operatori. «Solo da 10 giorni il Comune di Reggio Calabria – dice l’assessore comunale ai Servizi sociali e all’inclusione, Giuseppe Marino – ha rilevato la gestione completa di queste strutture. E questo ci consente di operare meglio, anche nel recupero di questi spazi, che hanno bisogno di qualche intervento».
Marino, affiancato dalla responsabile del servizio “inclusione”, Eli Pellicanò, ha appena avuto un incontro con una delegazione internazionale dell’Unicef giunta da Ginevra. Nonostante gli sforzi degli operatori, che offrono servizi di sostegno psicologico, attività ricreative oltre che pasti, vestiti e materiale per lavarsi, questi ragazzi passano gran parte del loro tempo senza fare nulla. «Sono qui da tre mesi – lamenta uno di loro, di origini sub sahariane – e vedo andare via chi è arrivato qui dopo di me. Per quanto dovrà durare ancora questo supplizio?».

Giorgio Neri (Ansa)

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