COSENZA Era lei a comandare la gang quando il marito era in carcere e a fare da tramite tra il capo e l’organizzazione. Prendeva e impartiva ordini. È questo il profilo di Vittoria Bellusci, che viene fuori dall’operazione “Polyhedron” con la quale è stata sgominata una banda dedita al traffico di armi e droga, ma anche a ricettazioni, furti e smercio di banconote false. A gestire il sodalizio c’era Cosimo Donato, in carcere per l’omicidio del piccolo Cocò Campolongo e da quando lui è detenuto le redini sono state rette proprio dalla moglie Vittoria Bellusci. Nell’operazione sono state arrestate dieci persone (sette in carcere e tre ai domiciliari). Ed emerge – come ha più volte ribadito il procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla – un ruolo sempre più centrale delle donne. Infatti, tra gli arrestati compare anche un’altra donna Pasqualina Pellegrini: pure lei in carcere come Vittoria Bellusci. E anche tra gli indagati ci sono donne.
Il “gentil sesso” – è la fotografia scattata dai magistrati – gestisce il traffico di droga e si occupa della vendita delle dosi di stupefacente: spesso usano un linguaggio in codice e le dosi vengono indicate con il termine «pallina». Smerciano la cocaina nei comuni della Sibaritide, a volte usando come “corriere” altre donne persino minorenni. In un caso – è raccontato nell’ordinanza di custodia cautelare – Vittoria Bellusci con il supporto di due minorenni ha sottratto a un’anziana la sua pensione, 750 euro in contanti, quando la donna non era in casa. Oltre ai furti e al traffico di droga, le donne erano attive pure nella spendita di banconote false. In un caso, infatti, le donne – sempre assieme alle minorenni – acquistarono dei prodotti in un supermercato di Castrovillari pagando con banconote false e approfittando della «buona fede» della cassiera.
L’attività investigativa ha permesso di scoprire che le banconote contraffatte che le donne utilizzavano erano in prevalenza del valore di 100 euro. Le donne si occupavano pure della gestione delle armi, soprattutto Vittoria Bellucci che eseguiva le direttive che il marito le dava dal carcere in riferimento alle armi che Cosimo Donato possedeva illegalmente e che sono state sequestrate durante il blitz. Non è stato semplice, per gli investigatori, comprendere nel corso dei pedinamenti o dalle intercettazioni telefoniche i dialoghi tra i componenti del sodalizio perché parlavano in arbereshe, la lingua albanese diffusa nei paesi come Firmo. Ecco perché è stato necessario avvalersi dell’auto di militari del posto e di interpreti specifici. In particolare, le donne tra di loro e con i minorenni parlavano in albanese e impartivano gli ordini per le commesse di droga.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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