REGGIO CALABRIA Su 14 dirigenti e funzionari del Comune finiti sotto inchiesta perché accusati di aver incassato indebitamente compensi e retribuzioni, solo l’ingegnere Giuseppe Granata dovrà affrontare il giudizio. Per tutti gli altri, il gup non ha potuto far altro che accogliere la richiesta del pm Sara Amerio, che nel corso della sua requisitoria aveva chiesto il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Per lo stesso motivo, anche le accuse contro Granata si estingueranno prima della conclusione di un eventuale dibattimento. È questa la fine ingloriosa di un’inchiesta nata cinque anni fa da uno stralcio del procedimento Fallara e arrivata solo dopo troppi passaggi di scrivania e pm in mano al sostituto procuratore Sara Amerio. Per questo, a quasi cinque anni dall’iscrizione sul registro degli indagati, la Procura ha potuto chiedere il rinvio a giudizio solo per l’ingegnere Giuseppe Granata, accusato di aver incassato 206.070 euro tondi di compensi illeciti.
PRESCRITTI Nonostante la modifica del capo di imputazione, con cui è stato precisato il periodo in cui i reati sono stati commessi, il pm Sara Amerio è stata costretta a chiedere il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione per l’ex city manager del Comune, Franco Zoccali, (34.137,29 di compensi illeciti contestati), Domenico Gangemi, (20.600 euro tondi), Saverio Putortì (17.461,59 euro), Domenico Macrì, (17.461,59 euro), Egidio Surace (14.261,76 euro), Vincenzo Cuzzola, (13.000 euro), Orazio Palamara (8.298,16 euro), Giancarlo Cutrupi (5.348,16 euro) e l’attuale dirigente dell’avvocatura civica, Fedora Squillaci, (4.071,42 euro). Per tutti è stata dichiarata la prescrizione dei reati, mentre rimangono in attesa di definizione le posizioni di Bruno Fortugno, Marcello Cammera, Pasquale Crucitti e Domenico Basile, per i quali gli atti sono stati rispediti in procura a causa di un difetto di notifica nell’avviso di conclusione indagini.
L’INCHIESTA Tutti quanti erano chiamati a rispondere a vario titolo di abuso d’ufficio e truffa aggravata perché «nello svolgimento delle loro funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ed in particolare in violazione del principio dell’onnicomprensività della retribuzione, si procuravano un ingiusto vantaggio patrimoniale». Il trucchetto – hanno scoperto inquirenti e investigatori – era semplice. I rup, responsabili unici del procedimento, nominavano uno staff di supporto per la realizzazione di un’opera o l’affidamento di un servizio, facendosi erogare mandati di pagamento di cui beneficiavano gli stessi dirigenti che avevano predisposto i provvedimenti di liquidazione o i rup stessi.
ALL’ORIGINE DELL’INDAGINE Anomalie messe in evidenza nel lontano settembre 2011 dagli ispettori del Mef, poi chiamati dalla procura a redigere una specifica consulenza tecnica finita al centro del caso Fallara, che ha svelato come per anni il bilancio sia stato confezionato ad arte, nascondendo debiti e millantando attivi, tali da permettere all’amministrazione dell’epoca di spendere, finanziare, acquistare. Un’inchiesta che si è concentrata sulla dirigente, morta suicida in seguito ad una fatale ingestione di acido muriatico, sull’ex sindaco Scopelliti e sui revisori dei conti dell’epoca, per stralciare e rimandare ad altra sede gli approfondimenti sui dirigenti.
CORSA CONTRO IL TEMPO Quelle carte sono finite al centro di un altro fascicolo, per anni trascinatosi di proroga in proroga, di pm e pm, fino ad approdare sulla scrivania del sostituto procuratore Sara Amerio. È toccato a lei riprendere le fila di un’indagine che da lungo tempo si trascinava, anche sfrondandola delle – tante – contestazioni già tecnicamente prescritte. Ma gli sforzi non sono bastati per anticipare la mannaia della prescrizione.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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