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Tradimenti e scelte autodistruttive, perché il Pd ha perso a Cosenza

COSENZA Sul tavolo impietoso di chi deve compiere una dissezione anatomica c’è la sconfitta del centrosinistra a Cosenza. Non una Caporetto, ché dopo uno si aspetta la rivincita di Vittorio Veneto,…

Pubblicato il: 03/10/2016 – 9:34
Tradimenti e scelte autodistruttive, perché il Pd ha perso a Cosenza

COSENZA Sul tavolo impietoso di chi deve compiere una dissezione anatomica c’è la sconfitta del centrosinistra a Cosenza. Non una Caporetto, ché dopo uno si aspetta la rivincita di Vittorio Veneto, ma proprio una Waterloo senza appello. Sergio Aquino nel suo libro “Anatomia di una disfatta”, edizioni Pellegrini, ricostruisce, con un piglio sospeso tra l’inchiesta giornalistica e l’artificio letterario, i giorni che hanno preparato il trionfo del sindaco Occhiuto e convoca davanti al corpo esanime della sinistra i vari protagonisti di quelle settimane. Non tutti in verità, ne mancano due, uno importante: Lucio Presta. L’autore lo ha cercato ma non gli è riuscito di intervistarlo. L’altra assente è Stefania Covello, che dopo aver promesso di dire la sua è scomparsa. Le assenze non inficiano il quadro e i testimoni che si presentano per rendere la loro deposizione su chi abbia davvero affondato la nave del centrosinistra, raccontano la loro verità. Non è un caso che lo stesso Aquino, nello spiegare il suo libro – inchiesta, evochi il film di Kurosawa, Rashomon, in cui le verità dei protagonisti si intrecciano, senza però aprire uno squarcio nella nebbia del dubbio. Ecco, leggere il libro di Sergio Aquino appassiona, ma non svela il nome dell’assassino, semplicemente perché non c’è. Si è trattato piuttosto forse di una sorta di pulsione autodistruttiva, coerente con l’antica storia della sinistra, sempre pronta a farsi male da sola.
Come spiegare altrimenti la sicumera cresciuta attorno al nome di Presta, che doveva costruire e guidare l’armata potentissima (ben 15 liste) per la conquista di palazzo dei Bruzi? Un capitano che senza troppo preavviso si dilegua e lascia le truppe senza leader e sbandate. Talmente disorientate che quando Carletto Guccione prende in mano il timone non trova nulla, né liste, né programma e questo a ridosso del voto. Ma il danno era cominciato ben prima. Aquino ricostruisce un anno intero di vita “bipolare” del Pd, da quando tutti assieme sono pronti a lavorare attorno ad Enzo Paolini, fino al punto in cui l’avvocato radicale diventa un avversario da battere per il partito renziano. Viene da chiedersi quale sia stato in punto di rottura degli equilibri, il passaggio che determina la tempesta perfetta che alla fine causerà l’affondamento del vascello. Ed è Enza Bruno Bossio, che con disincanto indica la data: quella da cui parte Rimborsopoli. L’inchiesta sui consiglieri regionali scuote il Pd e dà nuovamente il via alle guerre interne che erano state sopite. Di qui ai sospetti, alle trame che nemmeno nelle corti rinascimentali, dove bere del vino poteva essere fatale, con strette di mano e sorrisi e promesse che celano l’agguato. Ognuno per sé, ma la vittima predestinata, il sacrificio da compiere è una scelta condivisa: Enzo Paolini. E qui si riaffaccia l’eterna domanda: come possa un professionista affermatissimo e tutt’altro che ingenuo, cadere così frequentemente nella trappola tesa dai vertici del Pd. È lo stesso avvocato che con il sorriso amaro spiega ad Aquino di essere stato un amante tradito, che ancora conserva come un feticcio gli sms dei leader del Pd, segni di un amore bugiardo e fedifrago.
Attorno al tavolo anatomico giungono, nel libro, anche gli outsider, quelli che avrebbero voluto assaltare il comune con l’arma della satira, la sinistra dura e pura e i grillini. Questi ultimi spiegano la loro irrilevanza, raccontando una campagna elettorale che non è mai stata davvero fatta, mentre i satirici hanno rivelato una predisposizione alla frammentazione dell’atomo e alla faziosità che li ha separati sin da subito e li ha coperti di sospetti di inciuci per via di comportamenti situazionisti alquanto ambigui. La sinistra invece ha confermato di avere partecipato per pura testimonianza, mostrando disinteresse per le questioni legate alla correttezza dell’amministrazione Occhiuto e più impegno nel marcare la differenza con gli altri candidati. Il solo a restare comprensibilmente impassibile e anche soddisfatto davanti al corpo sezionato della sinistra è ovviamente Occhiuto. Pragmatico spiega che «se un sindaco non fa niente è destinato alla sconfitta, se fa poco può provare a vincere, ma se fa molto, come ha fatto lui, vince di certo». Un consenso che giunge a dispetto dei sospetti circa la correttezza di alcuni atti amministrativi – sulla quale è in corso una indagine della Procura di Cosenza – perché i cittadini vogliono vedere realizzate le opere, in qualunque modo. Ne esce una città priva di senso critico, pronta a stupirsi per una piazza senza voler sapere se per realizzarla si siano compiute scelte inopportune. Una città pronta ad applaudire per una nuova opera. E c’è da domandarsi quando sia avvenuta questa metamorfosi antropologica.

Michele Giacomantonio
m.giacomantonio@corrierecal.it

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