Ci sono due insiemi di ragioni che dovrebbero indurre a votare No al prossimo referendum del 4 dicembre: il primo attiene alle mistificazioni dei propugnatori del Sì, che vorrebbero far discendere, falsamente, dalla revisione costituzionale voluta da Renzi le soluzioni ai principali mali del Paese; il secondo, invece, riguarda la straordinaria possibilità nelle mani degli elettori, e di quelli calabresi in modo particolare, di fare davvero quella rottamazione dei loro gruppi dirigenti più incapaci, annunciata da Renzi qualche anno fa e mai effettivamente realizzata, soprattutto in Calabria.
La liquidità che emerge dalle ragioni del Sì sta nel mettere insieme questioni che non sono connesse all’oggetto della revisione costituzionale, ma che sembrano un tentativo disperato di raccogliere consensi su vicende del tutto estranee alla riforma.
Renzi e i suoi accoliti puntano surrettiziamente sull’antipolitica cercando di far passare l’idea, del tutto falsa, che una vittoria del Sì cancellerebbe il Senato, quando è invece notorio che questo diventerebbe un contenitore di nominati, tra i consiglieri regionali, dotati di immunità e guarentigie e chiamati, senza alcuna legittimazione democratica, a discutere di questioni fondamentali per il Paese, come la normativa comunitaria o le norme che regolano la vita degli enti locali.
La verità è che il blocco ostativo dell’Italia – e cioè le riforme economiche come quella fiscale, la riforma del processo civile per garantire prontezza agli investimenti, la sburocratizzazione del sistema operativo della pubblica amministrazione – rimane tale e non entra nella discussione referendaria.
Renzi sembra confondere la Costituzione, che appartiene a tutti, con le sue personali esigenze politiche e con la sua caratteristica visione dei rapporti istituzionali. Ma la Carta non è merce elettorale, né strumento di elaborazione per cambiare ancora di più il Pd. Inoltre, la vita delle Istituzioni, regolate dalla Costituzione, viene prima, o dovrebbe venire prima, dei destini personali di chi è chiamato a servile protempore.
Renzi vuole che questo appuntamento sia un giudizio subliminale sul suo operato, eppure negli anni del suo governo l’Italia è a crescita zero, il debito pubblico è aumentato, la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli mai visti, la pressione fiscale è salita.
Non c’è alcun indicatore positivo nella sua attività di governo e la vittoria del Sì avrebbe il solo effetto di allungare la vita politica dell’attuale presidente del Consiglio, tanto bravo negli annunci quanto incapace di produrre i veri cambiamenti che riguardano la vita dei cittadini. La demarcazione infantile tra propugnatori del Sì come rinnovatori e del No come ostinati conservatori è un affresco costruito ad arte per nascondere la vacuità di una riforma che non incide sui gangli produttivi e che tenta solo di acuire la distanza tra cittadini e istituzioni. Insomma, una riforma costituzionale pasticciata che non risolve alcun problema del Paese, ma che sicuramente ne creerà di altri.
Per quanto riguarda la Calabria, c’è una sorta di paradosso ulteriore che è quello della “rottamazione” annunciata, predicata e mai operata dal Premier: sono tutti renziani o diversamente tali gli esponenti Pd della nostra regione, con proprio la Regione in testa, e tutti schierati per il Si. Eppure, nella revisione della Costituzione non c’è traccia di nuove norme che restituiscano ai calabresi i loro diritti smarriti: non viene rafforzato, per esempio, il principio costituzionale (mai in verità realizzato fino ad oggi) che pretenderebbe come aggiuntivi, e non sostitutivi di quelli ordinari, gli investimenti straordinari dello Stato e dell’Unione europea nel Mezzogiorno.
Da dove si origina, allora, questa unanimità di Sì all’interno dei gruppi dirigenti della sinistra calabrese? Non sarà, forse, che anche loro, come Renzi, antepongono i personali destini politici alla vita della Costituzione e delle istituzioni? Non sarà, forse, il loro Sì utile soltanto a spegnere il lanciafiamme che Renzi aveva tirato fuori dopo le scorse amministrative e che, poi, non ha più acceso contro di loro?
Ecco, quelli che in Calabria sono ancora indecisi su cosa votare il 4 dicembre dovrebbero chiedersi se votare Si ad una riforma pasticciata e confusa significhi davvero cambiare. E poi si chiedano anche se votare No non produca, invece, un cambiamento certo e migliore: quello di rottamare, come diceva Renzi, i più incapaci a governare e a risolvere i problemi della nostra regione.
*Deputato Forza Italia
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