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Il "trucco" di Torcasio per diventare un pentito

LAMEZIA TERME Lo sapeva, il collaboratore di giustizia Angelo Torcasio, ex killer della cosca Giampà di Lamezia Terme, che i suoi colloqui in carcere erano attentamente monitorati dagli investigato…

Pubblicato il: 06/10/2016 – 19:12
Il "trucco" di Torcasio per diventare un pentito

LAMEZIA TERME Lo sapeva, il collaboratore di giustizia Angelo Torcasio, ex killer della cosca Giampà di Lamezia Terme, che i suoi colloqui in carcere erano attentamente monitorati dagli investigatori. Così, quando decise di pentirsi gli bastò raccontarlo alla moglie nel corso di un incontro in carcere. Poco tempo dopo venne convocato in Procura a Catanzaro. «A colloquio c’erano le microspie mi avevano avvertito i miei ex consociati», ha raccontato giovedì in aula di corte d’Assise. Oggetto dell’udienza è l’omicidio di Giuseppe Torcasio, detto “U Ciucciaro” avvenuto il 27 ottobre del 2003 davanti all’ex supermercato “I Pini” di via del Progresso. La vittima stava aspettando nel parcheggio che sua moglie uscisse con la spesa quando è stato freddato dal collaboratore Angelo Torcasio arrivato a bordo di uno scooter. Un omicidio, quello di Giuseppe Torcasio, che non era legato agli ordini della sua cosca di appartenenza, alla quale si associò nel 2004.
Ad essere accusato come mandante è, infatti, Pasquale Torcasio, detto “Bonsai” dal nome della pizzeria di sua proprietà. Bonsai avrebbe commissionato l’omicidio per vendicare la morte di suo fratello Antonio, ucciso l’11 gennaio del 1994 per mano del Ciucciaro. A testimoniare a carico delle tesi accusatorie – rette dal pm Elio Romano – è stato chiamato anche il collaboratore Giuseppe Giampà, ex reggente dell’omonima cosca che ha raccontato come Torcasio fosse entrato a far parte del gruppo di fuoco del clan nel 2004 grazie all’intercessione di Giorgio Galiano che aveva fatto da garante per lui presentandolo ad un altro boss del gruppo, Vincenzo Bonaddio. A corredo della sua esperienza di killer, Angelo Torcasio portava proprio l’omicidio del Ciucciaro, ha raccontato Giampà. L’ex reggente, inoltre, ricorda che ebbe modo di parlare dell’omicidio sia con Angelo Torcasio che con lo stesso Pasquale Bonsai. Quando Torcasio venne arrestato nel corso dell’operazione Progresso, dopo la detenzione venne costretto al confino a Cosenza. Qui incontrò Giuseppe Giampà e con lui si lamentò di non avere ricevuto da Pasquale Torcasio, mentre stava in carcere, «nemmeno un “pensiero”», «io – si lamentò Angelo Torcasio – che tanto ho fatto per vendicare la morte di suo fratello». Era la primavera del 2008, anche se Giampà non ricorda il mese esatto, e qualche giorno più tardi il reggente andò a trovare Bonsai davanti alla sua pizzeria per «fare da mediatore» e presentargli le lagnanze di Angelo Torcasio. Ma alle pretese del killer, Bonsai rispose che la ricompensa era già stata pagata, una Golf grigia, che Angelo Torcasio lui non «lo poteva mantenere a vita» e che «gli cercava sempre soldi». Per il resto, Giuseppe Giampà non si intromise oltre nella faccenda perché «io non c’azzecavo niente in quel fatto di sangue», non era cosa che interessasse la cosca e Giampà, racconta, «non sono entrato oltre nel merito».

«IN CERTI AMBIENTI BASTA MEZZA PAROLA» Alle domande della difesa, rappresentata dagli avvocati Salvatore Staiano e Armando Veneto, se Giampà e Pasquale Torcasio avessero parlato apertamente ed esplicitamente dell’omicidio del Ciucciaro, il collaboratore ha spiegato: «In certi ambienti basta mezza parola e ci si capisce, non è come in tribunale dove devo raccontare tutto. Io ho detto “perché non gli dai soldi dopo tutto quello che ha fatto per te?” Non dovevo aggiungere altro». Dal verbale di interrogatorio risulta, però, che il discorso sarebbe stato più esplicito: «Ti ha tolto un pensiero, ti ha vendicato tuo fratello». Altra lezione sul gergo ‘ndranghetista spiegata da Giampà è che non si usa quasi mai la parola “soldi”. Angelo Torcasio si lamentava che in carcere non gli arrivava mai «un pensiero» da parte di Bonsai.
Secondo Giampà, inoltre, gli omicidi ai quali avrebbe preso parte Angelo Torcasio per conto della cosca sarebbero quelli di Domenico Zagame, Federico Gualtieri, Giovanni Torcasio e Francesco Zagame.

PER QUELLI CHE HO AMMAZZATO DEVO RENDERE CONTO A DIO Giuseppe Giampà si è autoaccusato di essere il mandante/partecipe di 20 omicidi. «Perché si è pentito?», gli ha chiesto più volte l’avvocato Staiano. «Ho collaborato con la giustizia per paura che succedesse qualcosa a mia moglie… per i bambini. Siccome ho un figlio maschio piccolo lo volevo proteggere». Giuseppe Giampà è stato arrestato a luglio 2011 nel corso dell’operazione Déjà-vu. Collabora dal 6 settembre 2012. Poi ha avuto altre notificazioni di custodia cautelare: Medusa, omicidio Domenico Zagami e omicidio Federico Gualtieri. Nel frattempo altri collaboratori, come Angelo Torcasio e Saverio Cappello, avevano preso ad accusarlo e lui ha deciso di collaborare. Le domande di Staiano lo incalzano: «Non le duole il cuore per quei 20 morti ammazzati che avevano un figlio come lei?». «Io prego – ha risposto Giampà – vado a messa per quei morti. Ma sono cose di cui devo rispondere solo davanti a Dio».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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