Riceviamo e pubblichiamo:
Gentile direttore, con riferimento all’articolo apparso sul Corriere della Calabria del 5 ottobre u.s., intitolato “Legambiente: un terzo dei rifiuti finisce in discarica”, corre l’obbligo di fornire le precisazioni che seguono.
Le osservazione al Piano regionale dei Rifiuti presentate da Legambiente, senza voler invadere il campo della valutazione ambientale, cui è deputata la competente autorità regionale, sembrano, nel loro complesso, essere riferite alla versione preliminare di Piano, risalente al gennaio 2016, oramai superata dalla versione definitiva, datata luglio 2016 e sottoposta, sino al 24 settembre u.s., a consultazione pubblica.
Probabilmente l’associazione è stata tratta in inganno dalla circostanza che, nella medesima pagina web del dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Calabria, sono riportate, in evidente ordine cronologico, sia la delibera di giunta n. 33 del febbraio 2016 sia la n. 276 del luglio 2016.
Il diritto all’informazione in campo ambientale e la doverosa trasparenza in ordine all’iter amministrativo intrapreso, ha infatti condotto il dipartimento regionale a evidenziare tutti i passaggi procedimentali previsti dalle norme applicabili.
Non solo, senza alcun obbligo di legge, ma al fine di dare massima pubblicità al Piano, il Dipartimento, con nota 239919 del 27 luglio u.s., aveva specificatamente reso edotti sia i soggetti competenti in materia ambientale sia quelli a qualsiasi titolo interessati dalla consultazione pubblica della Valutazione ambientale strategica (tra i quali anche Legambiente), dell’adozione della versione definitiva del Piano, avvenuta con DGR n. 276/2016.
Ciononostante Legambiente, nel produrre le osservazioni al Piano, non sembra avere preso visione della sua ultima stesura, per cui i rilievi posti sono fuorvianti e non aderenti alla documentazione oggetto della consultazione pubblica.
Nel merito di quanto riportato nell’articolo, è obbligo precisare quanto segue.
Legambiente pone la questione dell’analisi dei dati di partenza, riferiti nel Piano al 2014, mentre, a suo dire, sarebbero già disponibili i dati del 2015.
Vero è che i Comuni hanno l’obbligo di presentare, presso la competente Camera di Commercio, il Modello unico ambientale (MUD) entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di produzione dei rifiuti ma, come dovrebbe ben sapere Legambiente, i dati delle dichiarazioni MUD devono essere successivamente verificati e rielaborati da un soggetto terzo a ciò preposto, ISPRA a livello nazionale, Arpacal a livello regionale. Tale attività di verifica e validazione, per l’anno 2015, non è ancora disponibile, per cui nessun dato ufficiale è al momento disponibile.
Peraltro, il competente settore del Dipartimento Politiche Ambiente e Territorio, nell’ambito dell’attività di determinazione della tariffa che i Comuni devono versare alla Regione per l’anno 2015, sta verificando i dati dei MUD confrontandoli con quelli ufficiali detenuti dal medesimo ufficio regionale, relativi ai conferimenti del rifiuto indifferenziato residuo e dell’organico da raccolta differenziata.
Difatti, la tariffa che grava sui Comuni per il trattamento del rifiuto indifferenziato residuo e dell’organico da raccolta differenziata (per la frazione secca i Comuni provvedono in autonomia), viene modulata dalla DGR 322/2014 in funzione del livello di raccolta differenziata raggiunta, con importanti riduzioni, sino a ben 58 euro per ogni tonnellate, per i comuni maggiormente virtuosi. È doveroso anticipare che dall’attività, tuttora in corso, è emerso che:
Numerosi comuni non avevano neanche presentato il MUD, per cui, ancorché in ritardo, si è provveduto a sollecitare i Comuni inadempienti a provvedere;
Si sono rilevate discordanze tra i dati di produzione dei MUD dei Comuni, dei MUD dei gestori dei servizi di raccolta e di quelli dell’ufficio regionale preposto, relativi ai gestori degli impianti di trattamento finale. Ne è conseguita un’intensa e laboriosa attività di verifica e bonifica, tuttora in corso.
È del tutto evidente che, in assenza di dati ufficiali e riscontrate le predette discordanze, nella stesura del documento di pianificazione, redatto nel giugno scorso e adottato il mese successivo, non si poteva che fare riferimento agli ultimi dati ufficiali disponibili, relativi all’anno 2014.
Legambiente richiama poi una riduzione della produzione dei rifiuti e un aumento della raccolte differenziata, evidenziando la necessità di potenziare la raccolta differenziata domiciliare realizzando anche l’impiantistica a supporto.
Questo è proprio quello che la Regione ha intrapreso sin dall’inizio della legislatura.
Basta dare uno sguardo al sito web del dipartimento Ambiente e Territorio per averne conferma e rendersi conto dell’intensa attività svolta. Occorre quindi elencare:
La Dgr n. 296 del luglio 2016 che approva il “Piano di Azione per il potenziamento della raccolta differenziata”, prevedendo l’utilizzo di ben 36 milioni di euro dei fondi della programmazione comunitaria 2014-2020, per contributi ai Comuni più popolosi e con maggiori ritardi nella raccolta differenziata, con la possibilità di incrementare la dotazione finanziaria di ulteriori 20 milioni, a seguito di prossima riprogrammazione delle risorse del POR Calabria FESR;
La Dgr n. 239 del giugno 2016 che approva “Linee Guida per il potenziamento della Raccolta Differenziata nella Regione Calabria”, e che indirizza i Comuni su modelli domiciliari di raccolta, del tipo “porta a porta”;
L’approvazione, con DGR n. 562 del dicembre 2015, dell’aggiornamento del Piano d’Azione Obiettivi di Servizio del Quadro strategico Nazionale 2007-2013, che prevede di potenziare gli impianti pubblici di trattamento a servizio della raccolta differenziata, con particolare accento sul compostaggio di qualità della frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata;
L’attività di indirizzo e supporto dei Comuni, condotta in questi primi due anni di legislatura, per cui ad oggi, sulla base dei quantitativi di umido raccolto in maniera differenziata, si può stimare, su base regionale, un livello di RD di circa il 30%;
La realizzazione del nuovo impianto di riciclaggio di Catanzaro, con annessa piattaforma per il recupero anaerobico dell’organico da RD, con produzione di biometano e compost di qualità. A fronte di emanazione di bando di gara sono pervenute cinque offerte e il prossimo 10 ottobre avranno inizio le operazioni di gara per individuare il soggetto aggiudicatario;
La realizzazione dei nuovi impianti di Rossano e di Reggio Calabria, concepiti anch’essi come moderne piattaforme a servizio della raccolta differenziata. I progetti sono in fase di valutazione di impatto ambientale ed è in corso il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Ad oggi è scaduto il termine per la formulazione di osservazioni, secondo la procedura prevista per legge. Tra pochi mesi si potrà procedere alla pubblicazione della gara anche per questi due impianti, che risultano sempre concepiti per trattare sia la frazione secca della raccolta differenziato, da inviarsi alla filiera del riciclaggio, sia la frazione organica, da sottoporre a trattamento anaerobico.
In ordine poi all’organizzazione del servizio, è del tutto improprio il richiamo alle società miste, ormai fallite, nel riferimento agli ambiti di raccolta ottimali (ARO). La legge regionale di riordino del settore, la n. 14 del 2014, introduce gli ARO, quali ambiti geografici e territoriali, nei quali organizzare le fasi relative alla raccolta e al trasporto. Tali ambiti geografici coincidono con le aree di raccolta individuate dal commissario delegato. Il governo di tutta la filiera (raccolta, trasporto e trattamento), per come prescritto dalla Legge dello Stato e dalla Costituzione, spetta però solo ai Comuni, che lo esercitano in forma associata nell’ambito di quella che la legge regionale definisce “Comunità d’Ambito”, in seno alla quale i Sindaci prenderanno anche tutt
e le decisioni che riguarderanno le ARO.
È poi errata l’affermazione che circa un terzo dei Rur (rifiuti urbani residui) è smaltito in assenza di trattamento. Legambiente evidentemente ha intrepretato male quanto riportato nel Piano, attualizzando inopinatamente una situazione oramai da tempo superata. Si conferma invece, che dal novembre 2014 tutto il rifiuto prodotto viene trattato in idonei impianti e neanche un chilogrammo di rifiuto tal quale viene smaltito in discarica. Cosi come tutto il rifiuto organico prodotto viene sottoposto a trattamento, per cui lo sforzo fatto dei Comuni per incrementare la raccolta differenziata non è stato affatto vanificato. Anche in questo caso è una pura illazione il presunto conferimento dell’organico in discarica: la Regione ha messo in atto quanto possibile per consentirne l’idoneo trattamento in impianti regionali ed extraregionali.
Nell’articolo si estrapola poi una tabella del piano, la 8.1, che si riferisce alla produzione e al trattamento del rifiuto urbano residuo e che viene erroneamente utilizzata a comprova del mancato trattamento della frazione organica.
Infine, per dell’esistente impianto di termovalorizzazione di Gioia Tauro, Legambiente reitera l’errore di lettura del Piano. E’ vero infatti che l’impianto è stato utilizzato nel corso del 2014 al 60,8% della sua capacità ma non per mancanza di materia prima in ingresso (ossia combustibile da rifiuto), ma per temporanea incapacità di sfruttarne tutta la potenzialità, a fronte di necessari e importanti interventi di riefficientamento, spesso frequenti per una siffatta tipologia impiantistica.
Il Piano, nello scenario di riferimento di raggiungimento di un livello di raccolta differenziata pari al 65%, in aderenza alla gerarchia comunitaria sancita per la gestione dei rifiuti, per la sola parte che residua a valle di tutte le possibili operazioni di recupero e riciclaggio dei rifiuti, ne prevede il trattamento nell’esistente impianto di termovalorizzazione, da utilizzare sino alla potenzialità attuale di 120.000 t/a, evitandone quindi il conferimento in discarica.
Riguardo invece gli impianti di trattamento, si conferma che questi nel corso del 2015 hanno lavorato nel rispetto delle capacità di targa, confermandone quindi la necessità attuale.
Ciò detto, non può non evidenziarsi che, a fronte di una serie di affermazioni che appaiono infondate, la proposta di Legambiente, finisce, paradossalmente per coincidere con la linea strategica e le previsioni del Piano e con le azioni che questa Regione sta mettendo in atto per sostenere la raccolta differenziata “porta a porta” e per fornire sostegno economico e tecnico ai comuni. Di questo non possiamo che esprimere soddisfazione.
*direttore generale dipartimento Ambiente
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