Il dr. Ernesto Carbone, deputato nominato da Renzi a rappresentare – si fa per dire – la Calabria, con enfasi degna di miglior causa, ci informa di «tanti uomini e donne che celebrano la loro unione e l’orgoglio delle nostre terre (sic…!) dei nostri sindaci, siano essi di destra e di sinistra nel racccontare questo piccolo grande passo verso la storia». Ora, capire cosa voglia dire la frase è un esercizio titanico per menti semplici come le nostre ma, sforzandoci, pensiamo che il piccolo grande passo cui allude lo statista calabrese cresciuto a Bologna non sia quello di Armstrong sulla luna (ormai compiuto 47 anni fa) ma il sì al referendum costituzionale del 4 dicembre.
Carbone ammonisce anche che, tutto può essere migliorato, ma che «non abbiamo più tempo per avanzare scuse».
Quindi, niente scuse, soprattutto quella di chi pensa che la Costituzione (non essendo il regolamento di un torneo di calcetto) dovrebbe essere riformata un Parlamento eletto con una legge valida e costituzionale e non che un Parlamento di nominati con una legge che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima.
Carbone pensa poi che il nostro paese «continui ad essere ingessato per colpa di tempi incredibilmente lunghi per l’approvazione di leggi semplici che regolamentano la realtà quotidiana del nostro vissuto».
Forse è il caso di segnalargli che secondo i dati Ue la «realtà quotidiana del nostro vissuto» (e noi che pensavamo che Verdone esagerasse!) è “regolamentata” da leggi che il Parlamento Italiano approva mediamente in tempi più rapidi di tutti gli altri Parlamenti europei, essendo secondo solo ai tedeschi.
Se invece il lamento del nostro parlamentare è indirizzato al meccanismo del cosiddetto bicameralismo perfetto (cioè a quel sistema secondo il quale le leggi devono essere approvate prima da una Camera e poi dall’altra con lo stesso testo) potremmo, anzi dobbiamo, rispondere che a noi questo sistema piace ed ha consentito all’Italia cinquanta anni di crescita sino a diventare il settimo paese più industrializzato del mondo, con la fiducia dei parter europei e d’oltreoceano, avendo prodotto leggi e riforme importanti come lo statuto dei lavoratori e la riforma sanitaria, il divorzio, l’aborto, l’obiezione di coscienza, il diritto di famiglia, il voto ai diciottenni ecc.
Ma se proprio si deve cambiare, sarebbe stato semplice e sufficiente stabilire l’abolizione del Senato, o quantomeno, della sua funzione legislativa.
Invece con il nuovo articolo 70 si prevedono 9 procedure diverse di produzione legislativa a cui il Senato può – talvolta deve – partecipare con un inestricabile pasticcio che produrrà tempi molto più lunghi di quelli odierni e soprattutto una serie di conflitti di competenza tra Camera e Senato.
Non c’è problema, direbbe Carbone (non lo ha detto ma lo anticipiamo): i conflitti saranno risolti dai presidenti di Camera e Senato. Che sono due. E se sono in disaccordo?
Ma la parte, che Carbone omette, è che il Senato – che continuerà ad avere inalterati i suoi costi di esercizio – sarà composto dai consiglieri regionali e dai sindaci autonominati, i quali acquisiranno l’immunità, rimarranno in carica un periodo imprecisato (questo la nuova Costituzione non lo specifica) e, perla tra le perle, si occuperà principalmente di tutte le leggi che riguardano i rapporti del Paese con la Comunità Europea.
Scomoda infine Tomasi di Lampedusa ed il suo Gattopardo, Carbone, per ammonirci e farci presente la solita solfa del nulla mischiato al niente renziano (copyright Financial Times) e cioè che chi vota sì sarebbe per il cambiamento, dunque progressista, moderno, in linea con i tempi, connesso con il mondo che corre, e chi vota no sarebbe per il conservatorismo.
Citazione che gli si ritorce contro, dal momento che il gattopardismo, termine mutuato dal titolo del meraviglioso racconto di Tomasi, come tutti sanno, è quel fenomeno che, ammantato di cambiamento, in realtà è finalizzato a mantenere in vita ed anzi rafforzare i privilegi della casta.
Esattamente ciò che si avrebbe con la nuova Costituzione di Boschi e Verdini, combinata con l’Italicum, la legge elettorale sulla quale Renzi ha chiesto addirittura il voto di fiducia tanto la riteneva imprescindibile per il suo disegno.
In quale altro modo sarebbe definibile il proposito di mantenere in vita il Senato, con una serie di prerogative pasticciate ed incomprensibili (basta leggere il nuovo art. 70) pur di riempirlo di consiglieri regionali e sindaci (cioè la terza e quarta fila della casta) invece che di rappresentanti del popolo?
Come definire altrimenti l’aumento delle firme per le leggi di iniziativa popolare da 50.000 a 150.000?
Come presentare in maniera diversa la previsione di accentrare nelle mani dello Stato, (quindi del governo, quindi del premier, autonominato ed in carica senza timori di sfiducia essendo il Parlamento per 2/3 di sua nomina) le prerogative delle Regioni attraverso la cosiddetta “clausola di supremazia”?
E come infine – con uno sguardo alla legge elettorale, vero pilastro della riforma – definire la previsione che un partito possa conseguire la maggioranza dei seggi parlamentari (e quindi governare senza fastidio delle opposizioni e senza la scocciante necessità di accordi, di mediazioni politiche, cioè del sale della democrazia) pur avendo magari il solo 20% dei consensi popolari?
Eppure questo è il “nuovo” proposto dal Governo, ed è appunto, l’apoteosi del gattopardismo, e Carbone ne è un cantore. Si prospetta un cambiamento che, in realtà è il rafforzamento del potere fine a se stesso, con il solo scopo, di mantenere ad libitum poltrone, potere e privilegi.-
Altro che storie, Carbone. I veri imbullonati quelli sempre pronti a cambiare bandiera pur di avere uno strapuntino di potere quale che sia li avete con voi al governo e nel fronte del sì (vero Alfano? Vero Verdini? Vero Gentiloni? Vero De Luca? Vero Errani? Vero Oliverio?).
Le uniche cose vere, e giuste, contenute nella riforma sarebbero l’abolizione del CNEL e la riduzione del numero dei parlamentari.-
Bastava proporre il cambiamento di soli due articoli (tre con l’abolizione della funzione legislativa del Senato) e non 47.
In conclusione è evidente a tutti coloro che riflettono e approfondiscono che la riforma è funzionale a cambiare la forma dello Stato, trasformando la nostra repubblica parlamentare in una oligarchia presidenziale con deriva autoritaria (se la terminologia ha un significato anche recondito la parola “capo” utilizzata dai riformatori per definire quello che sinora si è definito il segretario, il rappresentante o il presidente di un partito, qualcosa vorrà dire…..).
In ultimo una rassicurazione: ovviamente non è vero che se non vince il sì non avremo riforme per 30 anni. Ne avremo, magari più serie e scritte in un italiano migliore, di quelle che cambiano veramente, non per finta, o in peggio.
Con quelle, magari, Carbone potrebbe essere finalmente eletto deputato e rappresentare, per davvero, tutti noi, e non solo l’amico che l’ha nominato in Parlamento.
Quel Parlamento che avrebbe dovuto solo fare una buona legge elettorale e consentire a quello successivo, fatto di deputati e senatori eletti con legge rispettosa della Costituzione, di fare le riforme, quelle vere, fatte non da un manipolo di parlamentari nominati che votano per ordine del capo e poi chiedono il consenso popolare con gli argomenti di cui abbiamo detto e con un quesito truffa che dice il contrario di ciò che è scritto nella legge ma quelle frutto di discussioni, dibattiti, mediazioni e consensi, quelle che garantiscono tutti e non solo una parte.
Le riforme fatte da rappresentanti del popolo, di tutto il popolo.
Si chiama politica, ed è una gran cosa, purtroppo sconosciuta alla classe dirigente dell’attuale governo.
*Già candidato a sindaco di Cosenza con il Pse
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