Ultimo aggiornamento alle 22:10
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

IL BORSINO | Di cosa parliamo quando parliamo di sondaggi

COSENZA Il suo stile asciutto si sarebbe prestato, forse, anche a raccontare i dati (apparentemente) freddi di un’indagine statistica. E allora prendiamo in prestito un titolo di Raymond Carver: ce…

Pubblicato il: 09/10/2016 – 21:12
IL BORSINO | Di cosa parliamo quando parliamo di sondaggi

COSENZA Il suo stile asciutto si sarebbe prestato, forse, anche a raccontare i dati (apparentemente) freddi di un’indagine statistica. E allora prendiamo in prestito un titolo di Raymond Carver: cerchiamo di capire “di cosa parliamo quando parliamo di sondaggi”. Per cimentarsi nella materia occorrono serietà, coraggio e passione, altrimenti si rischia di parlare del “sesso degli angeli”. Ed è sempre più diffusa la pratica di anteporre la spettacolarizzazione statistica alla missione prioritaria della scienza demoscopica, cioè quella di sondare in profondità ciò che non si vede in superficie. A raccontarci come si fa è Raffaele Rio, presidente dell’Istituto Demoskopika, da quasi 20 anni impegnato nell’analisi dell’opinione pubblica e nell’osservazione dei fenomeni socio-economici italiani.

Quali sono le principali metodologie utilizzate per realizzare i sondaggi?
Esistono la metodologia CATI (Computer assisted telephone interview) e CAMI (Computer assisted mobile interview), che usano il telefono o il cellulare per condurre l’intervista, la CAPI (Computer assisted personal interview), che ha sostituito il tradizionale questionario cartaceo con lo smartphone per le interviste faccia a faccia. Infine, l’innovativa metodologia CAWI (Computer assisted web interviewing), che usa internet per realizzare i sondaggi. Un approccio, quest’ultimo, sempre più frequente considerato che, secondo gli ultimi dati Audiweb, la diffusione dell’online in Italia a giugno 2016 ha raggiunto l’87,4% della popolazione, con 42 milioni di italiani che dichiarano di accedere a internet da qualsiasi luogo e strumento.

Ma quali conviene scegliere per garantire una maggiore affidabilità del sondaggio?
Dipende dall’argomento e dai vantaggi. La metodologia dei questionari online (CAWI), ad esempio, presenta l’indubbio vantaggio di ricevere risposte in tempi rapidi, ma attraverso un questionario necessariamente breve. Con le interviste CATI, invece, una migliore qualità del dato è ottenuta dalla possibilità di disporre di un questionario significativamente più complesso che consente maggiori approfondimenti; mentre con la tecnica CAPI è garantita una maggiore interazione reale tra intervistatore e intervistato. E così via.

Quindi, non esiste una metodologia perfetta?
Assolutamente no. Non esistono metodologie migliori rispetto ad altre per rendere un sondaggio più affidabile. Molto dipende dalla serietà con cui ci si approccia ai processi demoscopici, non ultima la volontà di palesare i margini di errore rispetto a ciascun risultato ottenuto anche se ciò comporta di ridurre l’interesse generale.

Messa così sembra quasi un atto di coraggio da parte dei sondaggisti.
Indubbiamente. Provo a fare un esempio concreto. Da diverse settimane, giornali e televisioni fanno a gara per ospitare sondaggi sul referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre focalizzando, quasi maniacalmente, l’attenzione su qualsiasi variazione decimale in più o in meno verso il “Si” o verso il “No”. In questo caso, la spettacolarizzazione del dato a tutti i costi, non rileva una “verità” fondamentale. Su un campione utilizzato mediamente di circa 800 persone, il margine di errore è del 3,5% e, conseguentemente, l’intervallo di confidenza, cioè la forbice all’interno del quale dovrebbe ricadere il risultato reale del referendum, è di circa 7 punti percentuali. Ebbene, considerato che l’orientamento sembra presentare una sfida all’ultimo voto tra i sostenitori del “Si” e del “No”, tra il 49% ed il 51%, è del tutto evidente che, ad oggi, non c’è una posizione referendaria in vantaggio rispetto all’altra. In questo caso, la scelta metodologicamente più coraggiosa e corretta delle società di rilevazione sarebbe quella di presentare i risultati con la forbice percentuale: 46-52 per il “Si” e 48-54 per il “No”. E, nell’esempio, è stata considerata l’intera base campionaria, ossia 800. In realtà, volendo essere statisticamente ancora più precisi, bisognerebbe considerare il margine di errore riferito esclusivamente a chi ha optato per la scelta il “Si” o per il “No” al referendum dilatando ulteriormente l’intervallo di confidenza.

E fin qui siamo agli intervalli. Le cronache politiche calabresi, specie quelle delle ultime due settimane, mostrano che alla stessa domanda sul governatore si risponde in modi molto differenti. Come è possibile che sullo stesso argomento sondato, ci possano essere risultati completamente diversi?
Può succedere, eccome. Quando si misura il livello di gradimento di un politico o di un personaggio pubblico, ad esempio, può accadere. Il caso di questi giorni, sulla rilevazione della fiducia al presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio è emblematico. Tutto è legato a due fattori prioritari. In primo luogo, l’efficacia, la soddisfazione o la fiducia sono concetti poco misurabili che richiederebbero, pertanto, ulteriori approfondimenti sulle motivazioni particolareggiate che portano i cittadini ad esprimere un orientamento. Tuttavia, misurare la fiducia offre, al personaggio politico, nella fattispecie, l’opportunità di monitorare costantemente, seppur in chiave sintetica, l’andamento del suo rapporto con la collettività. In secondo luogo, scelte metodologiche più adatte all’argomento, scale di valutazione delle modalità di risposta, impiego di ponderazioni per una maggiore rappresentatività del campione rispetto all’universo e procedure di controllo del “tasso di insincerità” dei rispondenti possono risultare fondamentali. L’attenzione, quindi, deve essere massima sia nella fase di rilevazione sia di elaborazione del dato, altrimenti si possono produrre gravi distorsioni campionarie.

Insomma, possiamo fidarci dei sondaggi o no?
Certo, ma avendo piena consapevolezza di che cosa sia il sondaggio, cioè una rappresentazione parziale della realtà costruita attraverso un campione di individui selezionato con caratteristiche demosociali simili alla popolazione reale. Più il campione è rappresentativo, più il sondaggio risulta affidabile. Per il resto, soprattutto per le rilevazioni elettorali, non c’è scampo. La credibilità previsionale dello strumento demoscopico sarà comunque certificata o smentita dal voto reale espresso dai cittadini.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x