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Bindi all’Unical: la corruzione è l’arma privilegiata delle mafie

RENDE «Le mafie sparano meno, ma corrompono di più. La corruzione è l’arma privilegiata della ‘ndrangheta e delle nuove mafie, che per altro viene praticata senza ricorrere a metodi intimidatori o …

Pubblicato il: 12/10/2016 – 10:28
Bindi all’Unical: la corruzione è l’arma privilegiata delle mafie

RENDE «Le mafie sparano meno, ma corrompono di più. La corruzione è l’arma privilegiata della ‘ndrangheta e delle nuove mafie, che per altro viene praticata senza ricorrere a metodi intimidatori o violenti, quindi combattere la corruzione significa combattere anche la criminalità organizzata». Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, all’Università della Calabria a Rende, a margine del convegno su “Corruzione e criminalità organizzata: una sfida europea”. «La guerra non è vinta – ha aggiunto – ma il nemico è stato ridimensionato grazie alle leggi e al lavoro dei magistrati e delle forze dell’ordine. L’Italia si è attrezzata con una legislazione rigorosa, l’Europa meno di noi e per questo le mafie migrano. Siamo stati di recente come Commissione in Canada e Toronto è un’altra capitale della ‘ndrangheta. Lì si fanno affari ma non ci sono leggi per perseguirli, abbiamo addirittura problemi per assicurarci i latitanti. Quindi, se non ci sono strumenti globali come la mafia se li è dati, sarà sempre più complicato combatterli».
«Saremo a Melito Porto Salvo con la Commissione antimafia, e poi ci sposteremo a Reggio Calabria perché vogliamo approfondire con i magistrati il tema dei minori e delle donne, tema per noi importante, perché sono un’emergenza vera», ha detto poi Bindi riferendosi alla vicenda della 13enne violentata dal branco del quale faceva parte anche il figlio del boss di una cosca di ‘ndrangheta. «Certamente – ha aggiunto – la violenza perpetrata su questa ragazza minorenne ci richiama al grande tema della violenza sulle donne, ma non possiamo ignorare il contesto nel quale questa è avvenuta. In quella banda c’era anche il figlio di un noto capo ‘ndranghetista, e quindi di certo il clima di omertà non è legato solo al problema della violenza sulle donne, ma anche alla paura e, perché no, anche al consenso di un comportamento che in qualche modo accetta la convivenza con la ‘ndrangheta».

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