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Il feeling dei clan con le banche

REGGIO CALABRIA C’è un segreto nella storia imprenditoriale e criminale dell’ex assessore Dominique Suraci. Ha il nome e il volto di un uomo che gli «voleva bene come un figlio» e ha messo a dispos…

Pubblicato il: 12/10/2016 – 17:22
Il feeling dei clan con le banche

REGGIO CALABRIA C’è un segreto nella storia imprenditoriale e criminale dell’ex assessore Dominique Suraci. Ha il nome e il volto di un uomo che gli «voleva bene come un figlio» e ha messo a disposizione del politico rapporti e conoscenze che hanno permesso a Suraci di fare per anni il prestigiatore con soldi altrui. Si chiama Giovanni Ruggiero ed è stato lui ad aprire al politico le porte (secondarie) degli istituti di credito.

PAROLA DI TRUFFATORE A raccontarlo al pm Stefano Musolino è il pentito Antonio Russo, truffatore pentito ma ben consapevole dei propri talenti, tanto da esibirli anche in sede di interrogatorio. «Se vuole – propone al pm Musolino – le riesco anche ad imitare la firma di Dominique Suraci». E per lui sarebbe facile. Conosce il politico da decenni, perché «in quanto suo padre gestiva il consorzio agrario di Sbarre Centrali, allo svincolo di Arangea aveva i depositi, e mio padre gestiva il consorzio agrario di Gioia Tauro, ci siamo conosciuti da ragazzi e quindi abbiamo avuto sempre ottimi rapporti». Tanto intimi, da permettere a Russo di essere perfettamente a conoscenza degli strani giri di soldi che il padre di Suraci, Annunziato, aveva con Giovanni Ruggiero, non meglio identificato soggetto di Gioia Tauro.

RICICLAGGIO Il pentito ha anche assistito a più di una transazione fra i due. «Giovanni Ruggiero – racconta – mi chiese di accompagnarlo presso i capannoni di Dominique Suraci, dove al padre di Dominique Suraci, che poi è morto, si chiamava Annunziato, il signor Ruggiero diede un assegno suo, della Banca commerciale italiana, dell’importo di 30 milioni di lire, ed il signor Suraci gliene fece uno di 33 milioni a 30 giorni, al tasso del 10%». Usura? Non proprio, nonostante i tassi di interesse. In realtà, racconta Russo, «era un’usura che conveniva a entrambi ecco… perché lui gli diceva che faceva affari, che andava a giocare al casinò, invece non era vero perché… parlo di Dominique Suraci, perché i soldi servivano a lui per l’azienda, ma aveva credito illimitato con Giovanni Ruggiero, anche perché poi Giovanni Ruggiero era il padrone della Banca commerciale, quindi aveva i direttori della filiale madre, la cosiddetta filiale di Reggio, erano tutti in mano a Giovanni Ruggiero». E quest’ultimo – sottolinea il pentito – «per Dominique usciva pazzo … perché lo ha sempre definito un ragazzo “brillante”».

DOMINIQUE, PROCACCIATORE D’AFFARI A Ruggiero, Suraci avrebbe procurato più di un cliente, «tipo quello che aveva la Rappreca, allora non so quello… un deposito che c’è su Reggio Calabria, avevano la Autovox… erano dei bei capannoni, il commendatore Ascioti, quello delle mozzarelle, era tutto un giro, diciamo, di nobiltà di Reggio che per non andare sotto usura a Reggio Calabria e farlo sapere, scoprirsi, che erano in difficoltà si prestavano i soldi da Giovanni Ruggiero». Lui – spiega Russo – aveva un asso nella manica. «Giovanni Ruggiero, vi ripeto e vi ribadisco, era colui il quale comandava alla Banca commerciale di Reggio Calabria e delle varie filiali».

I MIEI AMICI ALLA COMMERCIALE Probabilmente anche grazie a lui, Suraci non era da meno: «Era molto agganciato alla Banca commerciale con il dottor Biasini – racconta il pentito – lui ha lavorato a Reggio, poi da Reggio si è spostato a Messina ma dove andava Biasini andava Dominique Suraci… Si spostava i conti, perché questo faceva… gli faceva di tutto, se Dominique non aveva i requisiti per avere, al momento una scopertura di conto corrente, il dottore Biasini gli pagava assegni a non finire, pure fuori conto, lo mandava a fido illimitato anche a lui».

LE CONFERME DI GENNARO Un quadro che Mario Gennaro conferma. L’istituto di credito è diverso – e forse anche il periodo – ma identiche sembrano le procedure. «La Banca del Sud era a Piazza Camagna, ricordo che lì allora c’era come cassiere un certo Ernesto, che tuttora forse c’è, anche se è cambiata ora la banca. Non mi ricordo come si chiama», spiega il pentito. Come direttore – afferma invece – «io ricordo un certo Ciccio Gullì mi pare che si chiamasse». In quella filiale, ricorda Gennaro, c’erano i conti della Vally, quindi «bazzicava anche Dominique Suraci, Cotugno, Rocco De Angelis, tutti quelli diciamo che gestivano la Vally nelle varie fasi… Tonino Ventura, insomma tutti questi personaggi qua».

LAVATRICE MONTECARLO All’epoca, il pentito aveva in ballo una truffa a Montecarlo insieme ad una vecchia conoscenza di Suraci, Francesco Abramo. «D’accordo con il casinò, ci facevano fruttare questi soldi come se noi li giocassimo, a lui (Abramo, ndr) gli davano una percentuale e lui ci riconosceva un 5-6% sui soldi che noi potevamo portare». Una truffa a rischio quasi zero, che però necessitava di liquidità. Per questo, Gennaro spesso chiedeva un favore a Suraci e agli altri soci della Vally. «Io avevo spiegato: “guarda a me mi servono questo soldi prenderli il venerdì e te li torno il lunedì, (..) se c’era modo di non farli passare tramite il conto corrente”, e loro si misero a disposizione».

«DAMMI 100MILIONI, TE LI PORTO LUNEDI» Con l’approvazione di Suraci e soci e l’autorizzazione del direttore della filiale, per Gennaro tutto diventa semplice. «Io andavo il venerdì, mi prendevo quello che mi serviva, 100 milioni, 150 … a seconda anche delle disponibilità che io potevo avere, (..) andavo con Abramo a Montecarlo, portandomi questi contanti, il lunedì tornavo e glieli restituivo». Tutte transazioni di cui non c’è traccia alcuna, perché questi soldi non: contabilizzati, quindi se voi andate a fare delle visure non ci saranno queste movimentazioni, era una cortesia che questo qua ci faceva». In cambio di cosa? «Qualche regalo, il telefonino dice Gennaro. La pacchia è finita quando Gennaro è stato arrestato. «Non ho avuto per esempio favoritismi da parte loro, dice il collaboratore – mi hanno chiuso i conti, mi hanno segnalato in sofferenza, insomma quelle cose che fanno praticamente le banche, niente di più». Era inevitabile lascia intendere il pentito. Per Gennaro, «è una banca di quelle che sai che Il direttore si mette a disposizione ed allora tu le punti e vanno tutti là.

LA BANCA DEI CLAN Anche Luciano Lo Giudice aveva un conto lì e più volte si è permesso di chiamare il direttore per chiedergli di consegnare dei soldi al pentito. Il pentito lo ascoltava ordinargli «”guarda che viene Mario Gennaro, dagli questi soldi” e io andavo in banca e mi prendevo questi soldi, senza portare un assegno, senza portare niente». E Lo Giudice non era l’unico uomo di ‘ndrangheta ad avere conti lì. «Crucitti, Santo Crucitti era un altro che… perché lui bazzicava con questi ragazzi quindi qualche volta mi è capitato di incontrarlo», dice Gennaro.

OSSIGENO PER VALLY In sintesi, spiega «era una di quelle banche di riferimento, ovviamente io non so se facesse… se andasse oltre quelle che erano le sue disponibilità cioè… cioè se tu hai disponibile 10, quelle 10 te le faccio muovere come vuoi, pure per telefono, però oltre non ti mando… questo non lo so». Di certo, la cartiera Vally ne ha beneficiato perché «favoritismi gliene faceva a livello di mantenere gli assegni per evitargli appunto di essere protestati, su affidamenti che gli avevano fatto, insomma queste tipologie di cose». Esattamente quelle che sono trincea quotidiana per i comuni risparmiatori e imprenditori.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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