Lo scenario politico attuale è in continua mutazione, da tempo questo squilibrio politico-istituzionale è un fattore che ha immobilizzato e reso sempre più difficile ogni tipo di riforma all’interno del paese. Da quando la nostra generazione ha iniziato a far politica, l’obiettivo primario di ogni governo è stato quello di “fare le riforme”. Molti di questi hanno provato a discutere e cambiare alcune parti della costituzione: Governo del centro-sinistra ha discusso e approvato la riforma del titolo V regolamentando i rapporti tra stato e regioni affidando loro maggiori competenze. Nel 2016, si è dibattuto del progetto di riforma costituzionale del centro-destra denominato “Devolution”, respinto a maggioranza dei votanti chiamati al voto in quella occasione. Inoltre, il lavoro prodotto nelle Commissioni bicamerali per le riforme istituzionali presiedute da personaggi illustri del mondo politico come Iotti, Bozzi, De Mita, D’Alema e Napolitano. Infine, molti manifesti elettorali si sono basati proprio nel cambiamento e miglioramento della seconda parte della costituzione. L’Ulivo nacque proprio con la missione politica di migliorare il funzionamento della nostra Repubblica; una di questa era proprio il superamento del bicameralismo paritario che regola il funzionamento delle camere del nostro parlamento.
Appare quindi strano, oggi, una discussione che per forza di cose vuole imprimere un giudizio su altre questioni, sicuramente importanti, ma che oggi non siamo chiamati a scegliere. Credo che il disegno di riforma costituzionale Renzi-Boschi, che adesso siamo chiamati ad approvare, è un importante passo in avanti. Per prima cosa, superamento del bicameralismo attualmente in vigore. Una sola camera è chiamata a legiferare e solo in quell’assise può essere chiesta la fiducia al governo. Limiti sui decreti legge, i regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per il voto dei DDL del governo. Previste modifiche al Titolo V migliorando e correggendo alcuni limiti che si riscontrano per quando riguarda i rapporti tra Stato e Regioni. Verrà abolito il CNEL, organismo ideato nel 1948 come raccordo tra società civile e Palazzi della politica, al momento ampiamente superato. Miglioramento degli strumenti di democrazia partecipata. Innalzamento della soglia per le sottoscrizioni da presentare per un quesito referendario, ma viene abbassata la soglia del quorum che non è più calcolato sugli aventi diritto ma sul numero dei votanti all’ultima tornata elettorale. Vengono introdotti i Referendum propositivi, finora non contemplati dalla legislazione vigente. Quindi è possibile interrogare la popolazione su temi di grande importanza. Ulteriore modifica viene eseguita ai Ddl di iniziativa popolare. Se pur il limite delle sottoscrizioni aumenta, i regolamenti della camera dovranno indicare tempi precisi di esame, clausola che oggi non viene prevista. Infine per quando riguarda questa riforma viene modificato il Senato. Anche se la mia idea consisteva nell’abolire completamente questo organismo. La contingenza e soprattutto la discussione che è avvenuta in commissione prima e poi successivamente nelle votazioni ha fatto prevalere un atteggiamento di autodifesa. Nello specifico, la riforma prevede l’istituzione di un organismo di rappresentanza territoriale, composto da 100 persone (74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 senatori nominati dal capo dello Stato chiamati in carica per 7 anni). Questo Senato avrà come compito la materia delle politiche comunitarie e si occuperà di enti locali. Avrà poi il ruolo di controllore delle politiche pubbliche e di controllo sulla pubblica amministrazione. Questo organismo non avrà più il potere di dare o togliere la fiducia al governo, sarà prerogativa solo della Camera.
In questa confusione mediatica è importante sgombrare dalla discussione alcuni equivoci che si annidano nel dibattito elettorale. Questa riforma non tocca i principi fondamentali su cui si basa la nostra Costituzione. Non intacca né la forma di governo, né i rapporti tra il potere politico e quello giudiziario. La riforma costituzionale, invece, riconosce il potere di fiducia/sfiducia al governo alla sola Camera dei Deputati. Quindi non è in discussione una deriva autoritaria o di regime. Con questa regola si elimina una prima forma di instabilità governativa, se dovessimo fare un paragone con la regola vigente delle due camere ben quattro governi negli ultimi venti anni non hanno ottenuto la maggioranza in una delle due camere. Altro punto importante, la riforma riconosce al governo la possibilità di beneficiare nella Camera dei Deputati dei disegni di legge ritenuti prioritari, riducendo il ricorso ai decreti di legge (pratica esageratamente utilizzata nel recente passato). In questo modo si rende più esplicito il confronto tra la maggioranza e le opposizioni. Infine, se viene approvata la riforma si migliora il rapporto tra Stato e Regioni. L’abolizione delle competenze condivise, l’introduzione della clausola dell’interesse nazionale, il trasferimento allo Stato di competenze cruciali per lo sviluppo configurano certamente un ri-accentramento dei poteri. In questo scenario mai più ci saranno regioni più svantaggiate su settori che rivestono un interesse nazionale.
Ecco perché appare scontato dal mio punto di vista il sostegno a questa riforma costituzionale. Le nuove generazioni, che hanno a cuore le battaglie di progresso, devono sostenere questo importante passo in avanti. Non facendosi abbindolare da discussioni che hanno la sola finalità di mantenere inalterato la condizione attuale.
Un ultimo appello viene rivolto al Partito Democratico, ad evitare lacerazioni e divisioni. Appare giustificato, alla luce della discussione avvenuta nell’ultima direzione nazionale del Pd, apporre delle modifiche sostanziali alla legge elettorale e quindi modifica dell’Italicum e disciplinare le modalità di scelta dei nuovi Sentori. A mio giudizio è opportuno eliminare il ballottaggio e introdurre le preferenze anche per il capolista. L’idea è quella di non avere mai più rappresentanti nominati ma persone scelte dai territori capaci di rappresentare quelle istanze. Per quando riguarda l’elezione dei nuovi Senatori dovrà avvenire in maniera diretta come avviene per la Camera dei Deputati. Bene la volontà da parte del PD di utilizzare come testo base la proposta Chiti-Fornaro.
Resta una strada strettissima che bisogna percorrere tutti insieme, senza distinzioni, non abbiamo altro tempo a disposizione. Per quando ci riguarda nessuno deve scindere il Pd.
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso. Siamo noi questo prato di aghi sotto al cielo. La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
*Segretario Giovani democratici Calabria
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