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Sanità privata, Paolini: «Civati spara nel mucchio»

COSENZA «Ha ragione Pippo Civati. La fase commissariale finalizzata al cosiddetto “piano di rientro dal debito sanitario” deve essere interrotta perché dannosa per i cittadini calabresi. Ma non com…

Pubblicato il: 13/10/2016 – 16:17
Sanità privata, Paolini: «Civati spara nel mucchio»

COSENZA «Ha ragione Pippo Civati. La fase commissariale finalizzata al cosiddetto “piano di rientro dal debito sanitario” deve essere interrotta perché dannosa per i cittadini calabresi. Ma non come dice Pippo che parla basandosi su un dato meramente quantitativo (le 158 strutture che lui definisce “cliniche” e che tali non sono) ma poiché i commissari e la dirigenza politica regionale, gli uni contro gli altri armati per conquistare spazi di potere e di gestione di denaro pubblico, provocano colpevolmente e consapevolmente il disservizio e lo spreco di soldi che potrebbero – devono – servire a curare bene i calabresi. E sarebbero sufficienti». È quanto afferma in una nota il presidente dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) calabrese, Enzo Paolini, che aggiunge: «Andiamo rapidamente per ordine senza generalizzazioni e semplificazioni. Innanzitutto occorre dire che “clinica” è un termine desueto che non si dovrebbe usare più dai tempi di Alberto Sordi e del medico della mutua. Esistono strutture ospedaliere, che in Calabria, tutte – ancorché a gestione pubblica o a gestione privata – rendono prestazioni di diagnosi e cura (per intenderci chirurgiche programmate e d’urgenza) in regime di servizio pubblico. Ed alle regole del servizio pubblico sono assoggettate. Queste sono, in tutto, 25».
«Per queste, e sono certo di quello che dico, esiste una procedura di controllo delle prestazioni – prosegue Paolini – sotto il profilo della effettività, qualità ed appropriatezza con cadenza giornaliera. Sono tutte prestazioni rese in favore di cittadini assistiti dal Servizio Sanitario Regionale, i quali non devono pagare niente alla struttura, che viene remunerata dalla Asl solo per le prestazioni rese con tariffe largamente inferiori, oltre la metà, del costo di analoghe prestazioni presso gli ospedali pubblici. Dunque – e sfido chiunque a dimostrare il contrario – per quanto riguarda le strutture Aiop, v’è massima trasparenza, massima qualità e massimo risparmio per l’erario».
«Il problema sorge quando i commissari per rispettare gli asseriti vincoli di bilancio, da un lato omettono tutti i controlli presso le strutture private non in regola, e consentono tutti gli sprechi notissimi e dimostrati presso gli ospedali pubblici, mortificandone le professionalità ed i valori, livellando ogni prestazione verso il basso e umiliando il merito, e dall’altro, per recuperare questo immane buco di bilancio mettono i tetti alle strutture private. Con la elementare conseguenza – argomenta Paolini – che queste, una volta esaurito il tetto finanziario imposto (sempre più al ribasso), non possono più erogare prestazioni in favore dei cittadini richiedenti. I quali, ovviamente, sono costretti o ad aspettare ingolfando le liste d’attesa (e quindi creando disagio e disservizio) oppure a richiedere ed ottenere le prestazioni in altre regioni (incrementando il fenomeno della emigrazione sanitaria con costi e tariffa a carico della Regione Calabria e con i costi dei viaggi e delle permanenze a carico delle famiglie). Un bel risultato non c’è da dire».
«Abbiamo proposto all’ufficio del Commissario di attivare un meccanismo premiale per chi, erogando prestazioni ad alto tasso di emigrazione oltre il tetto ed a tariffe ulteriormente ridotte, contribuisse a ridurre l’impatto del fenomeno nonché a contenere il costo erariale, anzi a consentire un guadagno alla Regione Calabria (costituito dalla differenza tra il costo pagato alle strutture di altre Regioni e la tariffa ridotta pagabile alle strutture calabresi). Niente, neanche un cenno di interesse magari per un approfondimento o una modifica. Meglio continuare a sprecare ed a costringere i calabresi ad andare a curarsi fuori regione. Atteggiamento ottuso, colpevole e negligente. Per questo il regime commissariale dovrebbe cessare; per la consapevole azione di erosione dei diritti e dei soldi dei calabresi».
«Sulle infiltrazioni mafiose attirate dai flussi finanziari – conclude Paolini – Pippo Civati scopre l’acqua calda. Ma la prevenzione di questo fenomeno non può ridursi allo sparo sul mucchio ed a mischiare imprenditori seri che danno servizi di qualità, lavoro ed investimenti con avventurieri di ogni sorta. Un dirigente politico deve indicare circostanze chiare e precise, altrimenti si corre il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca».

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