CATANZARO Ma chi se ne importa della Corte costituzionale. Sulla legge relativa agli studi odontoiatrici la Regione e i dentisti calabresi vanno avanti per la loro strada. Come se nulla fosse successo. Lo scorso giugno il governo ha impugnato la legge 10 (“Norme per la tutela della salute dei pazienti nell’esercizio delle attività specialistiche odontoiatriche”), approvata ad aprile dal consiglio regionale, perché interferisce con le funzioni del commissario alla Sanità ed è in contrasto con il Piano di rientro. Ma il giudizio pendente davanti alla Consulta non ha fermato tutti quei gruppi di interesse che anelano a una forte liberalizzazione del settore e auspicano una secca sburocratizzazione per le centinaia di piccoli studi dentistici che, grazie alla norma contestata, potrebbero non aver più bisogno di autorizzazioni per proseguire la loro attività. Una deregulation in piena regola, secondo i più maliziosi ideata per andare incontro alle tante strutture private non in regola con le leggi sulle autorizzazioni.
IL TAVOLO Malgrado l’impugnativa del Consiglio dei ministri, lo scorso 17 ottobre, al terzo piano della Cittadella regionale, è stato costituito un “tavolo tecnico” che ha stabilito, in modo unilaterale, un principio di massima: va tutto bene, la legge rimane efficace e in vigore, anche se la Consulta dovesse infine bocciarla.
Il tavolo dei “costituzionalisti” regionali era composto dal dg del dipartimento Salute Riccardo Fatarella (in qualità di presidente), dal dirigente del settore Affari generali, Vittorio Elio Manduca, dal presidente dell’albo odontoiatri dell’Ordine dei medici di Catanzaro, Salvatore De Filippo, e dal suo omologo di Cosenza, Giuseppe Guarnieri.
LA LEGGE E LA SUA “INTERPRETAZIONE” La legge 10, in estrema sintesi, prevede una tripartizione del tutto inedita in Italia: studi soggetti ad autorizzazione, studi che avranno bisogno di una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) e studi che, invece, alla Regione non dovranno comunicare alcunché. Il governo ha interessato la Corte costituzionale proprio perché la norma invade il campo dei commissari alla Sanità, Massimo Scura e Andrea Urbani, che sono i responsabili per le procedure di autorizzazione e accreditamento.
I componenti del Tavolo, però – come scrivono nel verbale inviato a tutte le Aziende sanitarie provinciali –, ritengono che il ricorso «non riguarda la legge regionale nel suo complesso», bensì soltanto due articoli, il 4 e il 5 (che stabiliscono quali sono le attività soggette ad autorizzazione), che disciplinano «aspetti assolutamente marginali che non incidono sulla corretta applicazione della legge stesse e, in particolare, della Scia e dei requisiti degli studi odontoiatrici».
Secondo Fatarella e gli altri tecnici, quindi, la Consulta non avrebbe «sospeso l’efficacia della legge regionale 10». E allora «è evidente che restano pienamente validi ed efficaci» tutti gli articoli della norma non impugnati «e che comunque l’eventuale successiva declaratoria di incostituzionalità» degli articoli 4 e 5 «risulterebbe ininfluente sulla corretta applicazione del residuale testo normativo».
La conclusione, che addirittura anticipa la decisione della Consulta, è che «per gli “studi odontoiatrici” continua a trovare piena e integrale applicazione» la legge 10, «fatta salva la sola eventuale cancellazione dal testo degli articoli 4 e 5, laddove la Corte costituzionale accogliesse il ricorso che, comunque è bene ribadire, non inficia in alcun modo né i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, né il procedimento mediante Scia».
La risoluzione finale è una diretta conseguenza della premesse: «Si procederà nei prossimi giorni ad approvare con decreto del dirigente generale del dipartimento Tutela della salute (Fatarella, ndr) la modulistica ufficiale relativa alla Scia».
LA STATO-REGIONI Il documento approvato dal tavolo tecnico, oltre a voler prevedere il futuro giudizio della Consulta, non tiene nemmeno conto di quanto stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni, che – lo scorso giugno e dopo un’istruttoria durata mesi – ha approvato un documento che stabilisce la necessità dell’autorizzazione agli studi odontoiatrici «indipendentemente dal tipo di organizzazione». Il placet è, insomma, obbligatorio; e presto o tardi tutte le Regioni dovranno adeguarsi a queste direttive. Perfino la Calabria, rappresentata nella Stato-Regioni dal governatore Mario Oliverio e dal suo delegato alla Sanità, Franco Pacenza. Entrambi, in ogni caso, non sembra abbiano ostacolato le decisioni del tavolo regionale.
I COMMISSARI Nel frattempo i commissari Scura e Urbani stanno a guardare. Eppure, in base alla delibera di nomina del Consiglio dei ministri, spetterebbe a loro e solo a loro l’«attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normativa regionale». Che significa? Che Scura e Urbani, qualora lo volessero (e come ha fatto in diverse circostanze il loro predecessore Luciano Pezzi) potrebbero revocare le leggi che interferiscono con il loro mandato.
Per il momento resta la decisione del Consiglio dei ministri di appellarsi alla Consulta. C’è, ovviamente, molta attesa per la sentenza. Anche se in Calabria qualcuno l’ha addirittura scoperta anzitempo.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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