Questa volta Mario Oliverio dovrebbe farcela a sbarazzarsi dei commissari inviati per gestire la sanità calabrese dal governo Renzi, su indicazione dei ministri Lorenzin e Padoan.
Scortato dal segretario regionale Ernesto Magorno, ha incontrato Luca Lotti e incassato l’assicurazione di Matteo Renzi: fuori Massimo Scura e Andrea Urbani, in cambio tutta la deputazione calabrese e la quasi totalità dei consiglieri regionali, con in testa il governatore Mario Oliverio, scenderanno in campo per assicurare la vittoria del Sì nel referendum confermativo del 4 dicembre prossimo. Ovviamente trattandosi di un patto tra galantuomini la defenestrazione dovrà avvenire il prima possibile, altrimenti ognuno si regolerà autonomamente e ci sarà poco tempo per la campagna elettorale.
Permane qualche problema non secondario, occorre che Scura e Urbani se non proprio diano il consenso, non assumano contromisure per resistere. E qui la parola passa a Luca Lotti ed a Beatrice Lorenzin. Lotti ha convocato a Palazzo Chigi Scura per lunedì prossimo per chiedergli le dimissioni magari in cambio di qualche nomina altrove. Lorenzin ha predisposto gli atti per il conferimento di un prestigioso incarico a Urbani presso il ministero della Salute.
Cosa faranno i due capri espiatori? L’interrogativo tiene banco in queste ore sia all’interno del Pd romano, spaccato sulla posizione di Scura, che in seno al Nuovo centrodestra, dove il “cedimento” al diktat di Oliverio e Magorno viene vissuto come un autentico mal di pancia.
Scura, però, avrebbe già fatto sapere che di dimettersi non ha nessuna intenzione: «Mi revochino se ne hanno forza e coraggio, ma nel farlo debbono stare attenti a stilare la motivazione perché qualcuno potrebbe farsi male». Urbani dribbla: «Non so nulla e al momento nessuno mi ha chiesto nulla».
Certo, già il fatto che sia diventata di pubblico dominio l’iniziativa di Luca Lotti, che non ha nessuna autorità in materia, se non quella di essersi autoproclamato “lord protettore delle Calabrie”, per convocare un commissario straordinario che è nominato dal governo in concerto con i ministeri della Salute e dell’Economia (tutti ambiti dove Lotti non ha alcun ruolo), non depone bene.
In un clima avvelenato come quello in cui giacciono la sanità calabrese ed il confronto sul referendum in seno al Pd, il rischio che si denunci l’iniziativa come una sfacciata sublimazione del “voto di scambio” è altissimo. Per contro è ormai chiaro a tutti che attorno al referendum del 4 dicembre si sta materializzando un conflitto senza esclusione di colpi. Il Mezzogiorno potrebbe essere l’ago della bilancia, al momento è proprio al Sud che il fronte del No ha la sua roccaforte e risulta vincente nei sondaggi. Saltati i vincoli di appartenenza politica, ormai trovare un bersaniano, o peggio un dalemiano, in Calabria è più difficile che beccare un delfino giallo nella baia di Caminia, si va all’incasso di piccole o grandi prebende personali. Una occasione fin troppo ghiotta per Mario Oliverio che di Scura e Urbani ne ha fin sopra i capelli e li vede come l’unico ostacolo ad un pieno controllo del settore sanitario calabrese. Certo non potrà ottenere il risultato più ambito, essere lui stesso nominato a commissario. Sicuramente non riuscirà neanche a imporre una capitolazione di Padoan e Lorenzin sull’indicazione di Franco Pacenza. Tuttavia liberarsi del duo che da un anno gli ha reso la vita difficile è già un buon risultato.
A pensarci bene, potrebbe essere anche un ottimo affare per chi si batte per il No al referendum confermativo. La premiata ditta (per parlare in bersaniano) da queste parti, fin qui, non ne ha azzeccato una. Cosenza docet!
direttore@corrierecal.it
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