Da diligenti cronisti ci siamo presentati al Palazzo della Consulta per l’udienza pubblica dedicata al “caso Calabria”, che tradotto recita: come manomettere una legge elettorale a dispetto anche di chi l’ha proposta e di chi l’ha votata, fino a renderla, agli occhi della giustizia amministrativa, lesiva dei diritti costituzionali del cittadino e, segnatamente, del diritto all’elettorato passivo della signora Wanda Ferro.
Da diligenti cronisti, dopo avere letto i commenti di due illustri assenti, Paolo Naccarato e Ernesto Magorno, con l’aggravante per il secondo di essere anche un avvocato praticante, abbiamo cercato nel verbale d’udienza e nel dispositivo della Corte gli elementi che giustificano le dichiarazioni affidate alla stampa, secondo le quali la Corte ha respinto l’eccezione di incostituzionalità sollevata, è bene ricordarlo, dal Tribunale amministrativo, e salvato la legislatura.
Non una riga e non una parola legittimano i commenti di Naccarato e di Magorno ed è, del resto, singolare, che dei cinque avvocati che hanno preso parte all’udienza: Morcavallo per Ennio Morrone; Caravita e Talarico per la Regione Calabria; Morbidelli per Giuseppe Mangialavori e Marini per Wanda Ferro, nessuno si è avventurato a sostenere che la Consulta ha deciso e men che meno per dire cosa avrebbe deciso.
La Corte Costituzionale ha semplicemente ristretto il campo: ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Democrazia Cristiana di Rizzuti e ordinato procedersi oltre nell’esame di quello avanzato dal Tar e relativo alla mancata nomina a consigliere regionale di Wanda Ferro, nonostante questa fosse il candidato presidente più votato dopo l’eletto Mario Oliverio.
Cosa deciderà nel merito adesso la Consulta? Semplicemente non lo sappiamo e chiunque addebita alla Consulta una qualsiasi decisione in qualsiasi direzione non fa altro che inventarsi una decisione mai adottata. La Corte, infatti, ha concluso l’istruttoria dibattimentale, sentito gli interventi dei cinque legali presenti, acquisito gli atti depositati e poi si è riservata trenta giorni per decidere. Tutto qui.
Vasta è la gamma delle decisioni che dalla Consulta potranno arrivare, le abbiamo elencate qualche giorno fa, ma è il caso di ribadirle oggi.
Potrà annullare la legge elettorale utilizzata nelle regionali del 2014, ed i suoi effetti, per manifesta incostituzionalità. Così come potrà non farlo e rispedire le carte al Tar statuendo che nessuna illegittimità costituzionale è stata rilevata.
Nell’ipotesi la Corte decida che effettivamente una violazione dei suoi diritti costituzionali Wanda Ferro ha avuto a subirla, potrebbe demandare al Tar il compito di porvi rimedio, salvando la legislatura ma imponendo al consiglio regionale di rivedere l’assegnazione dei seggi: fuori Ennio Morrone (o Mangialavori), dentro Wanda Ferro. Oppure potrebbe non curarsi degli effetti e dichiarare incostituzionale tout court la legge elettorale del 2014 e, di conseguenza, annullare ogni atto successivo.
Occorre attendere trenta giorni almeno. Il termine, infatti, è indicativo ma non ultimativo: se la Corte dovesse ritenere che serve altro tempo può liberamente farlo.
Insomma sul piano dello stile Wanda Ferro batte tutti anche in questa occasione, dichiarando ai cronisti: «Non ho nessuna dichiarazione da fare e nessun commento. Si commentano le sentenze non le udienze».
direttore@corrierecal.it
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