CATANZARO Adesso è tutto in mano ai giudici della Corte d’appello di Catanzaro, che si sono riservati di decidere. Il destino del patrimonio dei fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna, patron del Crotone calcio, un impero stimato in circa 800 milioni di euro, sarà deciso dalla corte che al momento opportuno convocherà le parti. Nel corso dell’udienza di mercoledì il sostituto procuratore generale, Salvatore Curcio, ha chiesto che i beni vengano confiscati, ricalcando quella che è stata la richiesta del procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e del sostituto della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, in primo grado. Secondo l’accusa, il patrimonio dei Vrenna è frutto di un rapporto con la criminalità organizzata crotonese basato sull’intesa e non sulle vessazioni.
Tesi decisamente contraria quella della difesa – rappresentata dagli avvocati Francesco Gambardella, Francesco Verri e Carlo Federico Grosso –, secondo la quale gli imprenditori sono vittime della cosche, hanno subìto atti intimidatori e hanno in tasca anche un’assoluzione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Le tesi difensive, in primo grado, hanno prevalso sulle motivazioni della distrettuale e le richieste di confisca e di sorveglianza speciale per cinque anni sono state rigettata dalla sentenza emessa il 16 gennaio scorso. Immediato il ricorso della Dda che senza giri di parole mette nero su bianco: «… sono imprenditori attigui al fenomeno mafioso per essersi sin dalla genesi della loro attività accordati con le consorterie criminali e segnatamente con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura».
Mercoledì il pg Curcio ha chiesto la confisca del patrimonio e la sorveglianza speciale per cinque anni. Le difese hanno chiesto la conferma della sentenza di primo grado. Quale sarà il destino di un impero che spazia dalle costruzioni ai rifiuti al calcio, sarà deciso nei prossimi giorni.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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