LOCRI «Non sarà una manifestazione politica, non sarà una manifestazione partitica, non sarà un evento per esprimere dissenso contro qualcuno, ma sarà una grande pacifica e democratica manifestazione popolare per rivendicare il diritto ad avere prestazioni sanitarie adeguate e di qualità sul proprio territorio». Il sindaco di Locri Giovanni Calabrese scrive a cittadini, medici e personale dell’ospedale di Locri. Lo scopo è quello di “lanciare” la manifestazione del 22 ottobre (il Sanità day inizierà alle 9,30 davanti al municipio e si concluderà nell’auditorium diocesano), ma il succo della lettera contiene tutto lo sconforto di un territorio che si sente abbandonato. «Da una delle più rinomate strutture sanitarie della Regione Calabria – scrive il sindaco –, il nostro ospedale è diventato ormai il fantasma di se stesso: un’involuzione drastica, veloce e pericolosa lo ha catapultato in una condizione drammatica. Le condizioni poco dignitose della struttura esprimono il nostro senso dell’abbandono, la rabbia, l’incredulità e soprattutto la consapevolezza che in una situazione simile non esistono ceti sociali o appartenenze politiche, perché il diritto alla salute non predilige questo o quel cittadino, il diritto alla salute appartiene a ognuno di noi, esattamente come la libertà di esprimersi».
Le «scelte politiche sbagliate» che hanno generato i disagi «accomunano indistintamente destra e sinistra. L’obiettivo principale sembra essere la sua definitiva chiusura ed è in un contesto simile che deve farsi largo il nostro orgoglio di cittadini, il nostro coraggio di opporci a una condizione che apparentemente sembra non poter cambiare». Basta con l’«arrendevolezza» dunque, perché «il drammatico e assurdo percorso di smantellamento dell’ospedale può ancora essere interrotto, anche se ci rendiamo conto che non è e non sarà semplice. Ma sarà ancora più complesso gestire il personale destinato prepensionamento o ad altra struttura dell’Asp come Reggio o Polistena. Immaginate quante difficoltà saremo costretti ad affrontare quando per qualsiasi prestazione sanitaria saremo costretti a recarci a Reggio Calabria o Catanzaro, quanta sofferenza, quanto disagio e quanto rischio. Deve essere questa consapevolezza a guidarci in una lotta così difficile».
«Da due anni – continua Calabrese – urliamo il nostro disagio, la nostra sofferenza, la nostra preoccupazione e la nostra rabbia per questa assurda determinazione in un territorio dove siamo privati di tutto e, soprattutto, non abbiamo gli stessi diritti costituzionali garantiti invece per gli altri cittadini italiani».
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