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CONFINE 2 | «Il boss Ruga ha ucciso il fratello per riprendere il comando»

REGGIO CALABRIA Tribale e feroce nei metodi, innovativo nelle tecniche utilizzate per demolire i propri bersagli. È una fotografia dalle mille sfumature quella scattata al clan Ruga di Monasterace …

Pubblicato il: 20/10/2016 – 12:57
CONFINE 2 | «Il boss Ruga ha ucciso il fratello per riprendere il comando»

REGGIO CALABRIA Tribale e feroce nei metodi, innovativo nelle tecniche utilizzate per demolire i propri bersagli. È una fotografia dalle mille sfumature quella scattata al clan Ruga di Monasterace dai pm Paolo Sirleo e Simona Ferraiuolo della Dda di Reggio Calabria con l’operazione Confine 2, naturale prosecuzione dell’inchiesta che ha fatto luce sulla sanguinosa “faida dei boschi”, fra i clan dello Stilaro – le famiglie Ruga-Metastasio-Vallelonga-Leuzzi, attive tra Monasterace, Camini e Stilo – e le famiglie Sia-Vallelunga-Novella, attive sullo Jonio catanzarese e nelle Serre vibonesi.

REGOLAMENTO DI CONTI IN FAMIGLIA Seppellita l’ascia di guerra dopo 30 morti ammazzati, i Ruga hanno iniziato a fare i conti in casa propria. E Cosimo Giuseppe, boss scarcerato dopo lunghi anni di detenzione, ha deciso che il regno del fratello doveva avere fine. Pur riprendere in mano le redini del clan, lo ha soffocato nel sonno con un cuscino. «Andrea Ruga è morto perché il fratello Cosimo Giuseppe, appena uscito dal carcere, si è accorto di essere stato spodestato, e non ha esitato a uccidere per recuperare il ruolo di comando», ha detto il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Per questo, il boss è finito in manette questa mattina all’alba, con l’accusa di associazione mafiosa, omicidio, danneggiamenti e altri reati.

CONTO APERTO A stringergli le manette ai polsi, sono stati i carabinieri, con i quali – ha spiegato il neocomandante provinciale, Giancarlo Scafuri – ha un conto aperto dai lontani anni Settanta. «Quando era latitante, è stato lui a piazzare le bombe che hanno fatto saltare in aria due stazioni dei carabinieri. Nel 78 invece ha avuto un conflitto a fuoco a Roccella». Un uomo pericoloso, che non ha mai esitato a uccidere per affermare il proprio dominio.

QUARTIER GENERALE Sull’omicidio del fratello, hanno scoperto i carabinieri del Nucleo investigativo di Locri e del comando provinciale di Reggio, si è rifondato il regno di Cosimo Giuseppe Ruga, capo indiscusso dell’antistato – così lo ha definito il gip – che si è instaurato a Monasterace. Dal supermercato di cui ufficialmente era solo un dipendente, ma che in realtà possedeva, Ruga amministrava la sua legge, distribuendo concessioni e punizioni. Lo ha scoperto l’uomo che pensava di poter impunemente costringere l’ex fidanzata a tornare con lui, costretto a desistere dagli uomini del clan con un violento pestaggio. Lo ha scoperto il meccanico, obbligato ad assistere alla totale distruzione della sua officina per aver rifiutato di prestare aiuto a uno degli affiliati, rimasto in panne con l’auto. A Monasterace, non accadeva nulla che il boss non volesse. Anche per andare a vendere carne al mercato bisognava chiedere permesso. «La comunità era totalmente soggiogata al volere del boss», spiegano gli investigatori che ancora una volta sono stati costretti a lavorare, senza poter contare sulla collaborazione delle vittime.

SILENZIO DELLE VITTIME «L’unica persona che abbia collaborato è stata una signora del Nord Italia, trasferitasi da anni a Monasterace – commenta Cafiero de Raho – Leggere quelle dichiarazioni precise, puntuali è stata una boccata d’ossigeno, un momento di riconquista della libertà sul territorio». Ma si tratta solo di un caso isolato. Perché in tanti a Monasterace parlavano, mormoravano, in silenzio si lamentavano dell’arroganza dei Ruga, ma con le istituzioni hanno scelto la strada del silenzio. Chi invece ha parlato e lo ha pagato sulla propria pelle è l’ex sindaca ed ex ministra Maria Carmela Lanzetta. Al clan, la prima cittadina non piaceva. «Dagli indizi che abbiamo raccolto – spiega il procuratore capo della Dda – si ha l’impressione che i clan abbiano appoggiato un’altra persona, che non è stata eletta».

QUEL SINDACO NON CI PIACE Al suo posto, i cittadini del piccolo centro dell’Alto jonio reggino hanno scelto una donna, storica farmacista del paese e appassionata di politica. Una che non ha mai fatto mistero della propria avversione nei confronti delle cosche. E per questo ha pagato. E caro. Il 26 giugno 2011 salta in aria la farmacia di famiglia, qualche mese dopo, a marzo 2012, una sventagliata di proiettili le riduce l’auto a un colabrodo, mentre sul web diventa bersaglio di una feroce campagna denigratoria. «Purtroppo gli indizi raccolti non ci permettono di individuare i singoli soggetti responsabili degli attentati ai danni dell’ex sindaco ed ex ministro Lanzetta», sottolinea Cafiero de Raho, «ma è chiaro che gli attentati siano da ricondurre all’ostilità che il clan provava nei suoi confronti». A rivelare la rabbia e il risentimento che i Ruga provavano nei suoi confronti, sarebbe stato lo stesso Cosimo Giuseppe Ruga, come uno dei suoi affiliati.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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