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«Illegittima la nomina di Arillotta»

REGGIO CALABRIA Quella di Paolo Arillotta a dirigente dell’Avvocatura regionale fu una nomina “sbagliata”. La pronuncia del Tribunale del lavoro di Reggio Calabria chiude una vecchia storia, inizia…

Pubblicato il: 21/10/2016 – 15:16
«Illegittima la nomina di Arillotta»

REGGIO CALABRIA Quella di Paolo Arillotta a dirigente dell’Avvocatura regionale fu una nomina “sbagliata”. La pronuncia del Tribunale del lavoro di Reggio Calabria chiude una vecchia storia, iniziata nel 2013. E la chiude male per la Regione, del cui operato viene evidenziata «l’illegittimità», per via del «comportamento non conforme ai criteri di correttezza e buona fede e ai principi ex articolo 97 della Costituzione». L’ex manager ha avuto accesso ai ruoli della pubblica amministrazione con una procedura ritenuta scorretta. Un’anomalia che affonda le radici in un’era politica diversa: quella in cui governava la giunta Scopelliti. Fu l’esecutivo di centrodestra a scegliere l’avvocato reggino come dirigente. E furono due suoi colleghi a ricorrere contro quell’atto: Benito Spanti (poi nominato nell’era Oliverio reggente del settore, ruolo dal quale si è dimesso nei mesi scorsi) e Giuseppe Naimo. La conclusione dell’iter giudiziario è nella sentenza emessa il 20 ottobre dal giudice Francesca Patrizia Sicari, che «dichiara l’illegittimità della condotta tenuta dalla Regione Calabria nella procedura di conferimento dell’incarico» e la «condanna al pagamento delle spese legali in favore sia del ricorrente (Spanti, ndr) che dell’interventore (Naimo, ndr), che liquida per ciascuna delle dette parti in 3.600 euro».
Una sconfitta su tutta la linea, dovuta al comportamento tenuto tre anni fa dall’amministrazione regionale. Che «era tenuta al rispetto dei criteri generali di correttezza e buona fede con riguardo agli atti volti al conferimento dell’incarico di dirigente generale dell’avvocatura regionale», ed «era quindi tenuta ad esternare le ragioni giustificatrici della scelta, nella specie fornendo elementi circa i criteri e le motivazioni che l’avevano indotta a non conferire l’incarico dirigenziale ad alcuna delle professionalità interne partecipanti alla selezione». La Regione, in sostanza, avrebbe dovuto spiegare ai propri dipendenti perché aveva attribuito quell’incarico a una persona esterna alla pubblica amministrazione e «in particolare doveva esternare la valutazione comparativa con le professionalità interne e gli elementi in base ai quali non erano rinvenibili nei ruoli dell’amministrazione “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale”». La burocrazia regionale e la politica avrebbero dovuto illustrare ai due dipendenti dell’avvocatura (e ai cittadini calabresi) perché Arillotta fosse più qualificato di loro. E invece non l’hanno fatto.
Sotto questo aspetto, il giudice ha abbracciato la tesi di Naimo. L’avvocato, infatti, ha segnalato che «la giunta non aveva fatto alcuna concreta valutazione sull’effettiva insussistenza di idonee professionalità interne». Un cliché che si è ripetuto in diverse circostanze nella scorsa legislatura, attraversata da polemiche e ricorsi proprio sulla nomina dei dirigenti esterni.
La sentenza, però, potrebbe pesare anche su un altro giudizio che vede l’ex dg come protagonistra. Arillotta, infatti, che è stato rimosso dal vertice dell’Avvocatura con l’insediamento della giunta Oliverio, considera anomala l’applicazione dello spoils system ai suoi danni. E per questo ha citato in giudizio la Regione. Adesso che il Tribunale del lavoro ha stabilito che l’anomalia era proprio la sua nomina, sarà più difficile far valere le proprie ragioni.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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