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Gambino lascia l'Unical: «Crisci? Una delusione»

ARCAVACATA «Quando siamo arrivati qui, avevamo gli stivali. C’erano il fango e i cantieri, si stava costruendo l’università». Silvio Gambino, costituzionalista tra i più conosciuti e apprezzat…

Pubblicato il: 25/10/2016 – 20:17
Gambino lascia l'Unical: «Crisci? Una delusione»

ARCAVACATA «Quando siamo arrivati qui, avevamo gli stivali. C’erano il fango e i cantieri, si stava costruendo l’università». Silvio Gambino, costituzionalista tra i più conosciuti e apprezzati del Mezzogiorno, dopo ben oltre quarant’anni passati all’Unical – è tra i fondatori della facoltà di Scienze politiche – va in pensione, chiudendo un percorso accademico lungo il quale ha visto le cose mutare attorno a sé. Perché come spiega lo stesso docente di Diritto pubblico, «non si stava solo costruendo un ateneo, ma una nuova Calabria».
La regione dove approda agli inizi degli anni Settanta l’ancora giovane Gambino è una Calabria profondamente arretrata, con un retroterra sociale «post fascista, ma ancora fascista nella sostanza, senza un ceto medio strutturato, con una classe imprenditoriale che era fatta di prenditori». A quei giovani ricercatori e docenti che da molte parti d’Italia giungevano sulle allora ancora nude colline di Arcavacata sembrava venisse consegnata una missione: cambiare la Calabria. «Bisogna riconoscere che quella dell’università in Calabria fu una bella intuizione, merito soprattutto di quella che era la sinistra Dc e di Andreatta», racconta Gambino mentre rientra da un dibattito sulla riforma costituzionale, battaglia che lo vede fieramente sulle barricate del No.
Tuttavia quella bella intuizione non si è trasformata in cambiamento e il docente che ha visto crescere attorno a sé il campus va via con l’amarezza di una missione mancata. «Oggi la Calabria è perfino peggiore di quella di quando si costruiva l’università – dice forse con un eccesso di enfasi Gambino – la classe politica che la governa è inconcludente e non vedo differenza tra il centrodestra e il centrosinistra. C’è solo una percentuale di voti che spostano l’indirizzo dei governi, ma l’esito è uguale». Resta dunque parecchio da fare «per consentire ai nostri laurati di prendere il posto di questa classe dirigente che è restata saldamente al potere». E se lo sguardo passa dalla condizione regionale a quella interna alle mura dell’Unical, il giudizio resta ugualmente disincantato e dolente. «Io ho votato Crisci, ma devo ammettere che la sua azione da rettore si è rivelata deludente, inconcludente e molto vicina a posizioni clientelari, come è stato fatto rilevare da altri».
Il rammarico maggiore di Gambino è rivolto al trattamento riservato a una delle sue creature, la Scuola superiore di pubblica amministrazione, un fiore all’occhiello dell’Unical, «verso cui Crisci sembra aver riservato un atteggiamento ostile e imbelle».
Ma se l’amaro sembra il retrogusto che accompagna questo commiato, Gambino trova motivi di soddisfazione nel ricordare che questa università e molti di quanti ha incontrato in questi molti anni di docenza, hanno rappresentato «la pienezza della vita e fonte di straordinario entusiasmo umano e professionale».

Michele Giacomantonio
redazione@corrierecal.it

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