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Per la Infrasit garantiva la 'ndrangheta

REGGIO CALABRIA Sono trentadue gli indagati dell’inchiesta Rent della Dda di Reggio Calabria, che per ordine della Procura guidata da Federico Cafiero de Raho oggi si sono visti perquisire casa, uf…

Pubblicato il: 25/10/2016 – 14:35
Per la Infrasit garantiva la 'ndrangheta

REGGIO CALABRIA Sono trentadue gli indagati dell’inchiesta Rent della Dda di Reggio Calabria, che per ordine della Procura guidata da Federico Cafiero de Raho oggi si sono visti perquisire casa, uffici e auto. I nomi di molti di loro sono apparsi già nell’inchiesta milanese Underground, ma solo alcuni sono stati destinatari di contestazioni precise. Per tutti però adesso la situazione sembra essere più complessa.

QUADRO AGGRAVATO DA ACCUSE DI MAFIA Contro Antonio Stefano e i suoi più stretti collaboratori, l’accusa è di associazione mafiosa, dunque a cascata anche chi nel loro entourage ha beneficiato di aiuti e favori rischia di finire nei guai. Allo stesso modo, oggi diventa più chiaro cosa abbia permesso alla galassia societaria dietro cui di nascondeva Stefano di relazionarsi con i colossi delle opere pubbliche, costringendoli ad accordi corruttivi. È il peso dei clan, in grado di imporsi con la gigantesca liquidità proveniente dalla coca, ma forti di una storia di assoggettamento e sopraffazione, che nel nome dei casati storici trova sintesi e vessillo.

IL PESO DELLE ‘NDRINE È questo, ha svelato l’indagine del pm Antonio De Bernardo, ad aver permesso alla galassia societaria un tempo orbitante attorno all’imprenditore Pietro Zanda e poi fagocitata da una joint venture di clan della Locride e della Piana di Gioia Tauro, di mettere le mani sulle commesse messe a gara da Expo, Ferrovie Nord, gli aeroporti di Milano e Malpensa, come di costruire l’Iper di Arese e il gigantesco cantiere di Turbigo e al consorzio di Bereguardo. E poi di costruire una diga, di aprire cantieri a Bologna, di realizzare un impianto sciistico e un resort in Romania, un immobile in Marocco, e due scuole in Calabria, una a Soveria Mannelli e una Carlopoli.

GLI UOMINI DEL CLAN Dietro la Infrasit e le sue collegate c’è la ‘ndrangheta. E ha il nome di Antonio Stefano, luogotenente degli Aquino Coluccio, mente dei traffici di droga, come del reinvestimento del denaro guadagnato con la coca, il nipote Graziano Macrì e il suo braccio destro, Salvatore Piccoli. Sono invece indicati come concorrenti esterni, le cui funzioni sono essenziali per il prosperare dei clan, l’ex amministratore unico della Infrasit, Giuseppe Colelli, e il commercialista Giuseppe Tarantini, architetto della galassia societaria dietro cui si è nascosto Stefano.

GLI IMPRENDITORI Sono invece tutti accusati di intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver favorito la ‘ndrangheta gli imprenditori Pierino Zanga, Pierluigi Antonioli, insieme ai figli Niccolò e Jacopo, Venturino Austoni, Angelo Giavarini, Marco Ghilardi, Livio Peloso, Giorgio Cervino, Massimiliano Cavaliere. Medesima accusa viene inoltre contestata al figlio dell’ex amministratore unico di Infrasit, Amerigo Colelli, ai familiari di Salvatore Piccoli, Alfredo e Antonio, come a Pasquale Giacobbe, braccio destro operativo dei clan in Lombardia, e ad Alfredo Caldara, Claudio Falconi e Giuseppe Gentile, accusato anche di detenzione illecita di armi. Tutti quanti sono stati a vario titolo coinvolti nelle elaborate evoluzioni societarie che hanno trasformato la galassia Infrasit in un claustrofobico labirinto in cui i clan hanno potuto facilmente nascondersi.

AMICI E DIPENDENTI In più, sotto indagine sono finiti anche tutti quelli che grazie alla nuova “gestione”, sono stati assunti alla Infrasit o dalle sue collegate. Si tratta di Cristina Alitei, compagna di Roberto Pizzoni, gravato da precedenti per associazione a delinquere, usura ed estorsione, delle due amanti di Giuseppe Piccoli, Sara Kanziz, formalmente dipendente full-time della Collimiti, ma in realtà «totalmente estranea a ogni attività aziendale» e Genni Orsola Gerani, assunta prima come operaia part-time, quindi come dipendente full-time, ma presentatasi solo sporadicamente “a lavoro”, dei familiari di Piccoli, Ernesto, Francesco e Giuseppe Piccoli, Erika Marenzi, compagna di Pierluigi Antonioli, Ewa Zrkoskawa, legata a Luciano Ghirlandi, uno degli uomini di fiducia di Piccoli, noto a investigatori e magistrati per percosse, minacce, detenzione di armi ed estorsione, Elisabetta Leone e Alina Axinte.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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