CATANZARO Il bando per l’edilizia sociale è, almeno per il momento, un caso amministrativo. Mercoledì mattina, nel corso dell’udienza che si è svolta a Catanzaro, il Tar ha scelto di trattare la questione in maniera complessiva in sede di merito. Questo perché le presunte anomalie sollevate da Crescenzio Santuori, legale della Panama (la società esclusa dalla graduatoria che ha proposto il ricorso), sono estremamente complesse e l’accoglimento del ricorso avrebbe un impatto dirompente sul settore, visto che bloccherebbe finanziamenti per circa 60 milioni di euro. I giudici amministrativi, inoltre, hanno fissato un termine per la definizione della vicenda: sarà tutto chiarito entro la primavera del prossimo anno. Aziende e Regione, dunque, restano appese ancora per alcuni mesi. E la spada di Damocle del dossier sull’edilizia pende ancora sulla burocrazia e sugli imprenditori.
LE PERMUTE Soprattutto sulla prima, messa nel mirino dalla Panama per una gestione delle pratiche considerata per lo meno dubbia. Tra i casi segnalati c’è quello delle permute. Dall’accesso agli atti è emerso che alcune società hanno allegato alla domanda di partecipazione dei “contratti preliminari di permuta” attraverso i quali, per ottenere la proprietà del terreno, si sono obbligati a cedere alloggi oggetto di finanziamento. Sono cinque le ditte che lo hanno fatto. Il problema, in questo caso, è che l’avviso pubblico richiedeva – come requisito per l’ammissibilità della domanda – la dimostrazione della «disponibilità dell’area edificabile, oppure del fabbricato da demolire e ricostruire, intesa come proprietà oppure opzione o preliminare di compravendita dell’area, con contenuto conforme alla vigente normativa in materia di compravendita, sottoscritto e registrato in data anteriore a quella di presentazione della domanda». Lo scopo è quello di offrire immediatamente alla Regione, che eroga i fondi, la dimostrazione della disponibilità dell’area. La “permuta”, però, non dimostra che il terreno è già di proprietà della società che si propone di utilizzarlo. L’area diventa della ditta solo a condizione che una parte degli immobili ancora da realizzare (e che saranno costruiti grazie al finanziamento regionale) passino al precedente proprietario. La questione, per il legale di Panama, è molto chiara: quei preliminari di permuta non erano sufficienti per non essere esclusi dalla procedura di valutazione. Infatti l’avvocato «ritiene non sia un caso che tutti i soggetti di cui si riferisce, i quali hanno allegato un “preliminare di permuta”, siano stati rispettivamente collocati dalla commissione fra le iniziative ammesse, ma non soggette a finanziamento rispettivamente alle posizioni 17, 18, 19, 20 e 21. Evidentemente, tale negozio giuridico ha quanto meno instillato il dubbio che “qualcosa non tornasse”». Le domande, però, secondo Panama, avrebbero dovuto essere escluse.
CONTRATTI GENERICI E dire che la Regione sapeva tutto. Lo si evince proprio da una vecchia sentenza del Tar. Una delle società dotate solo del preliminare di permuta, aveva fatto ricorso per ottenere una posizione migliore nella graduatoria dell’edilizia sociale. Opponendosi a quel ricorso, gli uffici legali della Regione scrivevano che quella ditta non aveva chiarito quanto contestato nel verbale di riesame ossia che «nel preliminare di compravendita allegato alla richiesta di partecipazione… non risultano ben identificati le quote da cedere alla parte venditrice e all’agenzia di mediazione della vendita creando una chiara confusione tra i soggetti attuatori e l’utenza al quale è destinata la permuta». Quei preliminari non avevano indotto la commissione a escludere la società, erano diventati elementi di valutazione.
Questo ragionamento vale anche per le altre ditte: per tutte, secondo i legali di Panama, quelle permute non sono precise. «Si concretizza – scrive il legale – un problema di genericità, astrattezza e indeterminatezza del contratto che, a cascata, determina il problema non solo di identificare la prestazione, ma soprattutto di rendere intelligibili la quota di progetto da sottoporre a finanziamento e, addirittura, l’identificazione stessa del soggetto attuatore». Fuori dal burocratese: non si capisce nulla. Eppure sono stati tutti ammessi. (4. Fine)
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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