ROMA Senatrice Anna Finocchiaro, lei è presidente della commissione Affari istituzionali a Palazzo Madama e una delle ultime della vecchia guardia diessina rimasta a sostenere il Sì al referendum. Cosa le ha promesso Renzi?
«Un bel niente. Ritengo che questa riforma sia pienamente coerente con quelle elaborate dal centrosinistra già dal 1996 nel programma dell’Ulivo e con i tentativi parlamentari, come con la bozza Violante nella XV legislatura, di riformare la Carta in coerenza con esse. L’abolizione del bicameralismo, il voto di fiducia al governo riconosciuto solo alla Camera, un Senato espressioni delle realtà territoriali e una legge elettorale di tipo maggioritario sono tutti elementi che facevano parte della coalizione che sostenne Prodi vent’anni fa».
I sostenitori del No sono convinti che il combinato disposto tra la riforma costituzionale e l’Italicum possa determinare una sorta di monarchia del premier. In qualche modo verrebbe meno quel sistema dei check and balance che finora è stata la garanzia del buon funzionamento del nostro sistema istituzionale.
«Chi paventa il rischio di monarchia o di potere affidato alle oligarchie sbaglia. Se si vuole avere una stabilità governativa è necessario affidare al partito che vince le elezioni una ragionevole maggioranza. Detto questo, io credo che esitino i margini per apportare modifiche all’Italicum».
Bersani e D’Alema hanno annunciato che voteranno No. Se vince il Sì ci sarà la scissione del Pd?
«Mi auguro di no, credo che in questa settimane si possa lavorare alacremente per trovare un punto di intesa sulla legge elettorale. Bisogna recuperare un clima di serenità e di rispetto reciproco, pur nella diversità di opinioni e di cultura politica».
Oggi sarà a Cosenza per partecipare a un’iniziativa per il Sì promossa dal Pd calabrese. Il Mezzogiorno è proprio l’area del Paese in cui i sondaggi danno molto più avanti il No. Forse il governo paga la scarsa attenzione riservata finora a questa porzione di Paese…
«I Patti per il Sud possono essere considerata poca cosa? Secondo me no. Mi rendo conto che il voto per il referendum si è trasformato in un voto sul governo e questo è un grande errore. Il 4 dicembre si vota per una riforma attesa da oltre un ventennio».
Ha sbagliato Renzi a personalizzare l’appuntamento elettorale?
«Certo, ha commesso un errore. La curvatura politica non aiuta a cogliere questa opportunità».
I governatori dem del Sud, a partire dal calabrese Mario Oliverio, fino ad arrivare al pugliese Michele Emiliano e al siciliano Rosario Crocetta non sono convintamente in campo per il Sì. È un paradosso, non crede?
«È un problema politico che va risolto. Bisogna comprendere che il referendum non è una disfida politica tra il premier e il presidente delle Regioni. Ma sia chiaro: senza un discreto risultato al Sud la partita non si vince».
Oliverio in Calabria gioca a nascondino. La posizione ibrida che ha assunto gli consente di restare in piedi la mattina del 5 dicembre, al di là dell’esito del referendum…
«Non ho ancora sentito il presidente. Domani lo vedrò. Io la faccia ce la metto in tutta Italia e sono convinta che riusciremo a convincere la maggioranza degli italiani che andranno alle urne».
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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