ROMA «Il contesto aggiornato al settembre 2016 mostra come gli indagati a cui si fa riferimento rivestono ancora ruoli apicali all’interno di società impegnate nella realizzazione di importanti opere pubbliche nell’ambito delle quali da un lato realizzano una gravissima violazione delle regole della libera concorrenza includendo nelle attività solo le imprese disponibili ad elargire commesse e favori». Così scrive il giudice delle indagini preliminari di Roma, Gaspare Sturzo in un passaggio della ordinanza di custodia eseguita oggi dai carabinieri del comando provinciale della Capitale in merito ad appalti sulla Tav Milano-Genova ed A3. Il gip aggiunge poi che si «violano sistematicamente le procedure di sicurezza e di qualità delle opere realizzate grazie alla compiacenza della direzione dei lavori che continua ad essere gestita in ambito Terzo Valico Cociv Pisamover e probabilmente Reggio Calabria-Scilla sepa dalla società Sintel di Giandomenico Monorchio». Monorchio, 46 anni, di Roma, è il figlio dell’ex ragioniere generale dello Stato, Andrea, originario di Reggio Calabria. Nei suoi confronti, tra gli altri, è stata disposta la misura del carcere. Tra gli indagati a piede libero figura anche Giuseppe Lunardi, originario di Pietrasanta, 35 anni, figlio dell’ex ministro dei trasporti e delle infrastrutture.
«Il rapporto tra Giandomenico Monorchio e Giampiero De Michelis, secondo l’assunto accusatorio, sarebbe stato di piena complicità, finalizzato a fare ottenere alla società Crono e Kronotech, riferibili direttamente e indirettamente al primo, commesse quale indebita utilità per la violazione dei doveri di imparzialità e di terzietà del pubblico ufficiale». Così scrive il giudice Sturzo in merito alle contestazioni nei confronti di Monorchio jr. «Tale stato di cose che le contestazioni temporalmente individuano a far data dal 2014 avrebbe subito un rapido cambiamento di rapporti quando Monorchio avrebbe deciso di allontanare il De Michelis a seguito delle numerose lamentele registrate sulle sue condotte illecite».
L’OMBRA DEI CLAN DI PLATÌ Intanto, dalle carte dell’operazione “Arka di Noè” emergono ombre inquietanti riguardo a Domenico Gallo, ritenuto dalla Procura di Roma una delle figure centrali del sistema corruttivo. L’imprenditore avrebbe usato metodi di intimidazione mafiosa per convincere gli imprenditori ad acquistare i materiali inerti dalle proprie società. Nella propria ordinanza, infatti, il giudice per le indagini preliminari, Cinzia Perroni, evidenzia il riscontro di circostanze che «destano allarme in quanto Gallo risulta avere contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata». L’indagato avrebbe infatti partecipato alla cresima della figlia di Domenico Borrello, affiliato alla ‘ndrina Barbaru U Castanu di Platì. Secondo quanto scritto dalla giudice, «è emerso un sistema alquanto spregiudicato e disinvolto adottato dai dirigenti del Cociv nell’affidamento dei lavori pubblici relativi all’imponente opera di interesse nazionale». Nell’ordinanza vengono riportati anche stralci delle intercettazioni telefoniche, tra gli altri, dell’imprenditore Giuseppe Balbo che confida a dirigenti del Cociv danneggiamenti subiti da alcuni mezzi della ditta Allara e pedinamenti fatti ai camion della stessa società da parte di mezzi riconducibili allo stesso Domenico Gallo.
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