Le nuove drammatiche scosse di terremoto, verificatisi nel Centro Italia, hanno testimoniato nuovamente l’estrema fragilità del nostro territorio con comuni urbanisticamente diffusi e parcellizzati in innumerevoli frazioni, vie di comunicazione esposte al rischio di improvvise chiusure con poche alternative, costruzioni che sentono il peso degli anni ma soprattutto pagano decenni di non adeguata “cultura sismica”. Per fortuna, in questo caso, non c’è la conta dei morti ma solo quella dei danni e tuttavia è innegabile che anche in questo caso sia deceduta la “sicurezza della casa” da sempre intesa, da ciascuno di noi, come rifugio solido e protettivo. Alle popolazioni colpite dal terremoto giunga, dunque, la nostra totale e fattiva solidarietà, a noi invece spetta il compito di assumere piena consapevolezza sulla portata potenzialmente distruttiva di fenomeni non prevedibili ma i cui effetti possono essere sicuramente prevenuti e ridotti.
Sotto questo profilo il punto di partenza non può che essere costituito dai tavoli tecnici di Calabria Sicura, voluti dal presidente Mario Oliverio, e dall’attuazione in Calabria degli interventi da programmare nell’ambito del Piano Nazionale di Prevenzione del Rischio Sismico”; l’approccio, infatti, non può più essere quello tristemente emergenziale, occorre che tutti – nella diversità di ruoli, funzioni e responsabilità – assumano la prevenzione e i necessari interventi come autentica e assoluta priorità sulla base del diverso grado di pericolosità sismica, cosi come ormai definitivamente acclarato.
Cosi come sottolineato nel “Quadro territoriale regionale paesaggistico della Regione Calabria (Qtrp)”: «La mappa di pericolosità sismica MPS04 e le mappe regionali delle zone sismiche definiscono con chiarezza le aree dove ci si possono aspettare scuotimenti forti; d’altro canto la nuova normativa antisismica nazionale classifica tutto il territorio regionale calabrese in 2 zone modificando l’assegnazione di categoria di ben 114 comuni. All’interno del territorio regionale il passaggio di categoria di questi comuni rende il territorio calabrese altamente a rischio perché anche il patrimonio edilizio di nuova costruzione o quello ristrutturato, antecedente il 2003, potrebbe risultare vulnerabile in quanto rispondente a norme tecniche antisismiche superate». Oggi l’intero territorio regionale – unico sotto questo profilo in Italia – è interamente compreso nelle zone 1 e 2, con il 64% dei comuni (261 su 409 totali) che rientra in zona 1 e il rimanente 36% (148 su 409 totali) in zona 2; come se non bastasse la mappa nazionale di pericolosità di base definisce tutto lo spazio regionale calabrese esposto a valori di accelerazione massima attesa tra i più alti del Paese, con un picco nell’area della Valle del Crati che rappresenta una delle zone a maggiore pericolosità sismica di tutto il territorio italiano.
(La mappa del rischio sismico in Calabria)
Tenendo conto di queste preoccupanti premesse nel Qtrp, recentemente approvato dal consiglio regionale, l’assessorato regionale all’Urbanistica, coerentemente con l’obiettivo strategico “Mitigazione del rischio sismico”, ha assegnato un’importanza decisiva alla “riqualificazione dell’ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, garantendo la tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico culturale, paesaggistico, ambientale; la riorganizzazione dell’assetto urbanistico attraverso il recupero e la realizzazione di urbanizzazioni”. Ecco perché – dopo la necessaria interlocuzione – intendiamo attivare prima possibile due protocolli operativi, il primo con l’Associazione nazionale dei Costruttori Edili della Calabria (Ance) per determinare congiuntamente forme di intervento (assistenza e controllo) sui cantieri da avviare prioritariamente nei centri storici; il secondo con l’Anci per sensibilizzare i sindaci non solo sulla necessità dei relativi piani di emergenza ma anche e soprattutto sull’opportunità di avviare una puntuale verifica tecnica sulla messa in sicurezza di case, scuole, edifici pubblici e religiosi. Da questo punto di vista pensiamo sia utile recuperare e impegnare, nell’ambito degli investimenti del Por, risorse destinate ai comuni su questo specifico tema.
Da ultimo una precisa ed immediata proposta riferita all’operatività della legge regionale numero 21 del 1990 “Norme in materia di edilizia di culto e disciplina urbanistica dei servizi religiosi”; si tratta di una legge che all’articolo 1 prevede la concessione di contributi pluriennali e “una tantum” per la costruzione, la ristrutturazione, l’ampliamento e la straordinaria manutenzione di opere di culto e di ministero pastorale”; all’articolo 7 invece viene previsto come “I Comuni della Calabria, al fine di favorire gli interventi di cui al comma primo dell’art. 1, istituiscono nei propri bilanci, a far tempo dall’esercizio 1995 e nei successivi, un apposito capitolo mediante prelievo dal fondo previsto dall’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, di una quota non inferiore al 10% e non superiore al 30% dei contributi loro spettanti per oneri di urbanizzazione”. Tenendo conto delle immagini che ci documentano i devastanti effetti dei terremoti sulle Chiese – luoghi di fede ma anche spazi che contengono straordinari tesori artistici e culturali – potremmo avviare da subito una finalizzazione di tutte le risorse alla messa in sicurezza degli edifici religiosi, iniziando da quelli di significativo e straordinario valore storico ed artistico.
*assessore regionale all’Urbanistica
x
x