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Regione, bocciato il ricorso dei giornalisti "scopellitiani"

CATANZARO Volevano trasformare un contratto a termine in un’assunzione a tempo indeterminato da parte della Regione ma il Tribunale del lavoro di Catanzaro ha bocciato la loro richiesta.Giuseppe Me…

Pubblicato il: 28/10/2016 – 12:57
Regione, bocciato il ricorso dei giornalisti "scopellitiani"

CATANZARO Volevano trasformare un contratto a termine in un’assunzione a tempo indeterminato da parte della Regione ma il Tribunale del lavoro di Catanzaro ha bocciato la loro richiesta.
Giuseppe Meduri, Massimo Calabrò e Mario Vetere sono tre giornalisti che hanno lavorato per la giunta regionale nel periodo in cui governava Giuseppe Scopelliti. Erano stati scelti su base fiduciaria da quella compagine di governo e contrattualizzati. Tutto regolare: lo spoils system della comunicazione in Calabria è la norma (per la verità, a qualcuno capita di riscuotere fiducia anche da giunte di colore diverso, come vi abbiamo raccontato qui). I tre hanno avuto un primo contratto di dodici mesi, rinnovato nel 2011 per un altro anno e, poi, nel 2012 per un periodo più lungo, cioè «fino alla cessazione della carica del presidente della giunta regionale». Hanno legato, in quella fase politica, il loro destino professionale a quello di Scopelliti – la cui decadenza è stata sancita dalla condanna a sei anni riportata in primo grado per il buco milionario al Comune di Reggio Calabria – ma considerano illegittimo il loro licenziamento, che porta la data del 9 dicembre 2014.
Il ricorso considera irregolare anche il contratto a termine stipulato all’epoca e chiede la «conseguente trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato». La richiesta è chiara: Meduri, Calabrò e Vetere vogliono entrare nei ranghi dell’amministrazione regionale. Ma il Tribunale del lavoro di Catanzaro ha dato loro torto, condannandoli anche al pagamento delle spese.
Per il giudice Anna Maria Torchia l’operato della Regione (il loro licenziamento, ndr) va considerato «legittimo». Il magistrato precisa «che le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni avvengono per concorso e che nel caso di specie si è invece verificata una chiamata diretta». Basterebbe questo per stabilire che «non può esservi reintegrazione né riconoscimento di pretese economiche». Per di più, «la legge fa espresso divieto di trasformazione di rapporti di lavoro in rapporti di lavoro a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni». Niente da fare, dunque: le pretese economiche sono «infondate» anche perché «il contratto si è risolto alla scadenza naturale». La spuntano le ragioni dell’Avvocatura regionale. E i tre ricorrenti dovranno pure pagare le spese processuali.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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