Nonostante il “caso Piraino” e nonostante il “caso Gioffrè”. Nonostante il “caso Carpentieri” e nonostante il “caso Mauro”. Nonostante il “caso finanziamenti al teatro” e nonostante il “caso Calabria verde”. Nonostante i clandestini e le clandestine che imperano al decimo piano della Cittadella, che ormai è una sorta di Centro di prima accoglienza a cinque stelle. E ci fermiamo qui solo per non sfiancare i lettori. Insomma, nonostante tutto vogliamo continuare a scommettere sulla buona fede di Mario Oliverio.
Vogliamo pensare che fa come quei ragazzini che, offuscati dagli amori giovanili, prendono una sbandata e guai a tentare di farli ragionare. Ottieni l’effetto opposto, si incaponiscono di più nel seguire il cuore abbandonando ragione e intelletto.
Davanti all’ostinazione dei fatti, però, forse sarebbe un bel gesto se il governatore cominciasse a chiedere scusa.
Ha parlato di “macchina del fango” quando si è scritto delle indagini aperte dall’Anticorruzione e della Procura di Catanzaro per i 660mila euro affidati a due produttori teatrali che si presentavano come membri dello “staff del presidente”. Poche settimane dopo la graduatoria veniva corretta ed uno dei vincitori lasciava il posto ad uno dei firmatari dell’esposto contro l’operato della Regione
Nessuna macchina del fango, dunque, ma solo corretta, anche se fastidiosa, informazione. Bene, se non vuole porgere le scuse ai protagonisti lo faccia almeno con i consiglieri regionali, il sottosegretario Minniti, il segretario regionale Magorno che erano a Lamezia per ascoltare la sua reprimenda e che si sono fidati delle sue parole sino a firmargli un comunicato stampa di “solidarietà”, sostenendo che tutto era stato fatto secondo le regole.
Certo, l’idea di mettere a capo della Commissione esaminatrice dei bandi della Cultura il veterinario Giorgio Piraino la dice lunga sulla sensibilità gestionale del governatore. Piraino, però, avrà fatto bene il suo lavoro, visto che subito dopo è stato messo al vertice della veterinaria calabrese. Peccato che anche questa nomina, che i maligni potrebbero leggere come una sorta di ringraziamento per l’ottimo lavoro teatrale svolto in precedenza, è incappata nelle censure del Ministero della Salute che ha invitato il commissario Scura a rimuovere Piraino dalla poltrona dove Oliverio lo aveva appena collocato. Perché, argomenta il Ministero, «non è possibile, per la regione e i suoi dirigenti, gestire competenze e attribuire incarichi a essi giuridicamente e formalmente sottratti e la cui riattribuzione è subordinata alle valutazioni del Tavolo e Comitato Lea nonché alle deliberazioni del Consiglio dei ministri». Segue l’invito al commissario Scura e al vice Urbani di «impedire o invalidare con tempestività e rigore» gli atti che violano le attribuzioni conferite dal governo.
Già, gli odiati Scura e Urbani. Oliverio, spalleggiato da parte della deputazione calabrese e dal sottosegretario (all’editoria) Luca Lotti ha tentato di farli fuori. Non ci è riuscito per la mole di atti prodotta dai due e per le indagini giudiziarie avviate dalle procure di Catanzaro e Cosenza su esposti e relazioni da questi consegnate. Scura ha anche denunciato, alla procura, presunti tentativi di interferenza con il lavoro di risanamento che sarebbero stai messi in atto dalla Regione. Ad opera di Oliverio? No, ad opera di Franco Pacenza, ex consigliere regionale e uomo di fiducia del governatore che lo ha trasformato in suo plenipotenziario per le questioni sanitarie.
Oggi esplodono le illegittimità ascrivibili ad alcuni direttori generali, ma li ha nominati la coppia Scura-Urbani oppure il tandem Oliverio-Pacenza?
Allora servono altre scuse. Serve chiedere scusa ai calabresi, oltre che ai commissari ed al Pd, delle figuracce, per non dire di altro, rimediate in queste ore. Su Raffaele Mauro, imposto alla guida della più grande delle Asp calabresi nonostante avesse trascinato in giudizio la stessa Asp che lo aveva ridotto in depressione al punto da provocargli una permanente invalidità al lavoro.
E su Carpentieri? Il “muratore” Giulio Carpentieri, richiamato in servizio dalla pensione e spedito senza titoli a gestire concorsi medici agli Ospedali riuniti dove ha elevato a reparto il settore medico dove lavora suo figlio ed ha tentato di pagare straordinari alla propria moglie, nonostante sia in pensione da tempo. Altra nomina incappata nelle maglie della magistratura.
E sul balletto dei posti letto presi, tolti, girati, accantonati in una girandola di cliniche private che ha il suo epicentro proprio a Cosenza? Chi firma gli atti aziendali, i commissari oppure gli uomini scelti dal tandem Oliverio-Pacenza? Altro che macchina del fango, neanche la riedizione più collaudata del MiniCulPop potrebbe salvare la Regione Calabria dalla disinvoltura con la quale riesce a mettersi nei guai fino ad apparire quel che è: indifendibile.
A proposito di MiniCulPop fatto in casa: ma davvero credono i “consigliori” che in clandestinità occupano il decimo piano della Cittadella che spacchettare un paio di milioni di euro, finanziando una pletora di siti web, produrrà benefici all’immagine del governatore? Società aperte da meno di un anno e già aggiudicatarie di lotti da duecentomila euro faranno la fortuna mediatica di Oliverio? Apra gli occhi il governatore e, come diceva il principe De Curtis, “si informi”. Magari convochi un Savino o un Bianco, una Pisano o un Apicella e si faccia dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità. Magari scoprirà quel che neanche il fido Mauro D’Acri gli ha fin qui riferito: quanto sta accadendo in questi giorni farà la fortuna di molti ma non certo la sua.
direttore@corrierecal.it
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