COSENZA Nel “caso Mauro” c’è uno snodo fondamentale: è la sentenza con la quale il Tribunale del Lavoro di Cosenza riconosce al manager la causa di servizio per il suo malessere. Lo fa il 27 novembre 2015: un mese più tardi (o poco più) Raffaele Mauro viene nominato dal governatore Oliverio al vertice della sanità cosentina. A quella pronuncia, firmata dalla giudice Silvana Ferrentino, sono apparentemente legate due storie.
IL MARITO DELLA GIUDICE La prima riguarda una persona vicina alla giudice. Si tratta di Vincenzo Martire, suo marito. Martire è un nefrologo, lavora nell’ospedale di Cosenza da anni. E da qualche tempo ha il desiderio di essere trasferito. Vorrebbe transitare nella sanità territoriale: dall’Azienda ospedaliera a quella sanitaria. Non è un “salto” di poco conto. L’ospedale ha orari rognosi, turni di notte, ritmi più stressanti. Il “territorio”, come lo chiama chi si occupa di salute, permette di gestire meglio i ritmi della propria vita, rappresenta una dimensione lavorativa più umana. Martire ci prova e finalmente gli va bene. Lo spiega la delibera numero 1658 dello scorso 21 ottobre. È stata pubblicata al momento giusto per fare pendant con la sentenza che ha proiettato il direttore generale sulle colonne del Corriere della Sera – e in mezzo a una tempesta burocratica della quale si occupa anche la Procura di Cosenza. Premessa: è tutto legittimo. L’Asp viene autorizzata dalla Regione «a coprire, tra gli altri, un posto di dirigente medico di nefrologia vacante e disponibile presso il distretto Tirreno». Per occupare quella postazione viene indetto «un avviso di mobilità regionale e interregionale per titoli e colloquio tra Aziende ed enti del Servizio sanitario regionale», pubblicato sul sito internet aziendale: scade qualche giorno dopo Ferragosto. Rispondono in due: Vincenzo Martire un medico che arriva da un’altra regione. Si dà precedenza alle domande di mobilità regionale: Martire diventa, così, l’unico candidato. La nomina è automatica: il medico lascia l’ospedale e diventa un costo aggiuntivo per l’Asp che lo assume: «L’onere finanziario derivante dal presente provvedimento ammonta presumibilmente a 74mila euro oltre Irap e oneri sociali e previdenziali». La sanità territoriale si “gonfia” un po’: esattamente il contrario di ciò che si sente predicare da anni di tagli e applicazioni del Piano di rientro, visto che le carenze si registrano negli organici delle Aziende ospedaliere. L’Ao di Cosenza, in ogni caso, dà l’ok all’operazione: dice di poter cedere Martire ma, allo stesso tempo, chiede di poterlo sostituire con un dottore precario. Alla fine della fiera, il bando agostano spedisce Martire sul Tirreno. Ma fondi di quel distretto spiegano che lì il medico non ha mai lavorato: è stato trasferito a Lungro, ma dagli atti ufficiali dell’Azienda sanitaria la destinazione effettiva non risulta. Quello che risulta – e genera un certo chiacchiericcio – è il suo legame con il giudice che ha sentenziato sul caso della depressione del dg. In un momento così delicato per la vita dell’Azienda, il trasferimento del marito del magistrato in un posto considerato più “comodo” rispetto all’ospedale fatica a passare inosservato.
IL LEGALE DEMANSIONATO Torniamo allo snodo della storia: la sentenza. Da una parte c’è Mauro che chiede la causa di servizio per la sua patologia, dall’altra – assieme all’Asp che si oppone alla richiesta – l’avvocato Alfredo Niccoli. Vi abbiamo già raccontato che gran parte dell’inchiesta giudiziaria ruota attorno alla sua figura. A Niccoli l’Asp di Cosenza aveva a suo tempo affidato l’incarico di rappresentarla in vari contenziosi davanti al giudice del lavoro. Tra gli altri fascicoli, al legale venne affidato anche quello relativo al giudizio intentato da Raffaele Mauro. L’avvocato, dopo il primo grado favorevole al manager, si era messo al lavoro per impugnare la decisione in appello. Non ha potuto farlo perché, sembrerebbe dalle prime acquisizioni, il nuovo direttore generale, appunto il dottor Raffaele Mauro, gli avrebbe revocato il mandato. In effetti, sempre dall’Albo pretorio dell’Asp spunta un’altra delibera che riguarda un contenzioso tra Niccoli e l’Azienda. Questa volta – si evince dalla delibera che risale al 2 settembre scorso – è il legale a rivolgersi al Giudice del Lavoro con procedura d’urgenza per «ottenere l’adozione da parte dell’Asp di Cosenza di ogni provvedimento utile all’immediata cessazione degli effetti a lui pregiudizievoli derivanti dal provvedimento del direttore generale numero 89033 del 29 giugno 2016». Niccoli vuole «la reintegra nell’originario posto di lavoro presso l’Unità operativa complessa Area giuridica con le funzioni professionali di avvocato, oltre al risarcimento del danno da determinarsi in via equitativa».
Mauro, evidentemente, lo ha trasferito altrove (e lì vuole lasciarlo, visto che l’Asp decide di opporsi alla richiesta di Niccoli assumendo un legale esterno al costo di 7.237 euro). Un atto come un altro, fino a prova contraria. Certo che le storie legate alla sentenza, le storie che si sono dipanate dallo snodo del “caso Mauro”, hanno avuto evoluzioni molto diverse. E al marito della giudice è andata certamente meglio che all’avvocato che si opponeva al dg.
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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