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Metropolis, la Procura fa appello contro le assoluzioni

REGGIO CALABRIA Una decisione inspiegabile. Al sesto piano hanno commentato così la sentenza con cui i giudici del tribunale di Locri hanno bocciato l’inchiesta Metropolis, assolvendo la maggior pa…

Pubblicato il: 31/10/2016 – 11:15
Metropolis, la Procura fa appello contro le assoluzioni

REGGIO CALABRIA Una decisione inspiegabile. Al sesto piano hanno commentato così la sentenza con cui i giudici del tribunale di Locri hanno bocciato l’inchiesta Metropolis, assolvendo la maggior parte degli imputati, per condannarne solo tre, Rocco Morabito (a 7 anni), Antonio Cuppari (10 anni) e Sebastiano Vottari (3 anni).
Per questo, i magistrati della Dda hanno presentato appello contro quella sentenza, cui si è aggiunto poi anche quello della Procura generale, convinta al pari dei colleghi che ci siano tutti gli elementi per dimostrare l’appartenenza o la vicinanza degli imputati alla joint venture criminale tramite cui gli uomini dei clan Aquino e Morabito avrebbero coperto la costa jonica di case, ville e piscine, tutte costruite grazie a fondi illeciti.
Dagli uffici giudiziari arriva la medesima richiesta: condanna per tutti gli imputati, fatta eccezione per Henry James Fitzsimons e Antonio Velardo. Un’istanza che si pone in linea di continuità con le decisioni di diversi giudici, unanimi nel confermare l’impianto accusatorio di un’inchiesta infrantasi poi sullo scoglio del Tribunale di Locri. Tanto il gip, come il gup avevano infatti dato visto buono all’indagine coordinata dal pm Paolo Sirleo e dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri, accogliendo le richieste della Dda. Lo stesso aveva fatto il giudice, chiamato a giudicare i due imputati che hanno scelto l’abbreviato.
Ma di recente, una conferma della validità dell’impianto accusatorio, è arrivata dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale, che a partire dalla condanna di Antonio Cuppari ha disposto una milionaria confisca di beni. In mano allo Stato, perché ritenute tutte di provenienza illecita, sono passate 4 società commerciali, 137 fabbricati, 51 terreni, 26 veicoli e rapporti finanziari, per un valore di 217, 5 milioni di euro. Tra gli immobili confiscati, sparpagliati fra Calabria e Lazio, c’è anche il “Gioiello del mare” di Brancaleone, noto complesso turistico che per il tribunale è stato tirato su con i soldi della ‘ndrangheta.
Una decisione che prende le mosse dalla sentenza disposta dal Tribunale di Locri, ma che per la Dda rimane un risultato limitato. Ecco perché tanto dal sesto piano del Cedir, come dalla Procura generale, è stato presentato appello contro la sentenza che ha azzoppato la prima indagine che abbia tentato di spiegare come le ‘ndrine reinvestano i soldi del narcotraffico.

a. c.

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