CATANZARO La ripresa in Calabria è iniziata, seppur a passo di lumaca. A certificarlo il rapporto dell’Osservatorio regionale Banche imprese di economia e finanza (Obi) che ha presentato le previsioni per il triennio 2017-2020 sul valore aggiunto. Stando alle proiezioni degli analisti, in particolare, si sarebbe bloccato la fase di decrescita che aveva investito particolarmente la nostra regione e, addirittura, tra il 2014 e il 2016, l’occupazione sarebbe ritornata a salire. Segnando, in questo ultimo indicatore, un incoraggiante +3,75 per cento. In termini assoluti il numero di occupati rispetto al periodo di crisi è passato da 643mila e 78 unità a circa 668mila (667,94mila). Decisamente superiore alla media dell’intero Mezzogiorno che in questo lasso di tempo ha registrato mediamente una percentuale di crescita di 2,02 punti. Dati confortanti ma che tradiscono un gap che ancora resiste con il resto del Paese, anzi, accresce. Soprattutto in termini valore aggiunto, cioè l’indicatore di ricchezza di un determinato territorio. Se in Calabria questo dato resta inchiodato attorno allo zero (-0,66%) nella fase della ripresa ci sono altre aree che vanno oltre l’1 per cento. Un dato, quello calabrese – registrato nel triennio in corso –, che è inferiore anche al sud Italia in cui mediamente il valore aggiunto ha segnato +1,37 per cento. E nelle aspettative future questa forbice dovrebbe ancor più divaricarsi. Secondo il rapporto dell’Obi, da qui al 2020 il Prodotto interno lordo del Mezzogiorno crescerà a ritmi dell’1% contro una media nazionale dell’1,5 per cento. Dunque un’Italia a due marce: con un Sud che fatica a riprendere il passo (se mai lo avesse preso) e un Nord che viaggia a ritmi europei.
Fonte: elaborazioni OBI, Rapporto “L’economia delle province italiane e dei comuni del Mezzogiorno – stime 1995-2016 e previsioni al 2020”, anno 2016 Nota: gli occupati non sono quelli residenti, ma quelli che lavorano sul territorio (siano essi locali o pendolari) – i valori sono espressi in unità lavorative annue
OCCUPAZIONE IN CRESCITA La nota positiva arriva comunque dalla crescita dell’occupazione che dovrebbe registrare nel prossimo triennio un dato decisamente incoraggiante. Tra il 2017 e il 2020, secondo le proiezioni dell’Obi, il numero degli occupati registrerebbe una crescita di 2,38 punti percentuali. Che fa il paio con la crescita già accumulata in Calabria tra il 2014 e il 2016 (3,75%) superiore in entrambi i casi alla media del Mezzogiorno. Anzi stando a quanto riportato nel rapporto, la nostra regione sarebbe in testa a questo fenomeno di crescita. La media del Sud riscontra un +1,52 per cento tra il prossimo anno e il 2020. Le province che dovrebbero maggiormente contribuire a questa impennata sono Catanzaro (3,29%) e Vibo Valentia (2,91%). Seguirebbero poi il Cosentino (2,09%), il Crotonese (2,05%) e infine il Reggino (1,95%).
Una crescita che però non consentirebbe ancora alla Calabria di recuperare quanto perso nella fase precrisi. In valori assoluti gli occupati in regione, stando a queste proiezioni, nel 2007 erano oltre 700mila oggi ridotti a 667mila e al termine di questa fase monitorata dovrebbero raggiungere le 689,69mila unità. Dunque quell’emorragia di posti non può dirsi del tutto sanata.
L’AGRICOLTURA TRAINANTE Sarebbe il settore primario a trainare il valore aggiunto e l’occupazione del Mezzogiorno e della Calabria in particolare. Dai dati contenuti nel rapporto, l’agricoltura sarebbe passata da un valore di incidenza sull’occupazione – registrato nel 2007 – del 17,72% sul totale degli occupati al 20,35% del 2015. Stesso discorso anche se in misura relativa sul valore aggiunto passato nello stesso lasso di tempo dal 4,47% al 6,24%. In questo periodo – passato a setaccio dagli analisti dell’Osservatorio – è cresciuto ma in maniera decisamente inferiore anche il segmento dei servizi. Segnando poco più di 2 punti percentuali in materia di occupazione e circa 3 sul valore aggiunto. Stando ai dati il settore primario si confermerebbe per la Calabria fondamentale per il suo sviluppo. Anche confrontandolo con le altre regioni del Mezzogiorno. Se nel 2015 mediamente l’agricoltura nel Sud vale circa il 10 per cento dell’intera forza lavoro (9,65%), la Calabria raddoppia il dato (20,35%) e di pari passo si conferma determinate per la ricchezza della regione: mentre il valore aggiunto dell’agricoltura meridionale rappresenta appena il 3,50% dell’intera ricchezza, nella nostra regione questo valore incide per il 6,24 per cento. E questo comparto potrebbe divenire trainante anche nel futuro, segnando una crescita da qui al 2020 a ritmi del 4,4 per cento annui.
I COMUNI CON MAGGIORE CRESCITA Secondo i dati contenuti nel rapporto, Catanzaro e Crotone dovrebbero registrare le migliori performance nella regione. In particolare stando alle proiezioni, entrambe le città rientrerebbero tra i comuni italiani con una crescita del valore aggiunto superiore ai due punti percentuali annui.
LA RICETTA DELL’OBI: PUNTARE SU TAC Nel rapporto gli analisti dell’Osservatorio regionale Banche imprese di economia e finanza indicano anche la strada maestra per facilitare la crescita dell’economia del Mezzogiorno. Stando a queste indicazioni i settori su cui scommettere restano tre: Turismo, agricoltura e cultura (Tac). Ovviamente in chiave rinnovata e intercomunicante. «Sono necessarie – scrivono – necessarie nuove politiche e nuove risorse per rilanciare stabilmente il Mezzogiorno. In particolare, l’OBI, continua a raccomandare politiche di sviluppo che puntino a valorizzare le specificità dei territori sostenendo il TAC 3.0 ed a rafforzare lo sviluppo, all’interno delle singole aree, di sistemi economici equilibrati (e inevitabilmente meno specializzati) in grado di resistere agli shock settoriali e di sfruttare le sinergie con i territori circostanti. La recente ripresa del settore agricolo e del turismo nel Mezzogiorno sembrano fornire un ulteriore supporto a questa tesi».
Roberto De Santo
r.desanto@corrierecal.it
x
x