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Corruzione, la prescrizione salva Matacena

REGGIO CALABRIA Per decisione della sesta sezione della Corte di Cassazione, cala la mannaia della prescrizione sul processo Mozart, scaturito dall’inchiesta che ha svelato come l’ex parlamentare d…

Pubblicato il: 05/11/2016 – 9:55
Corruzione, la prescrizione salva Matacena

REGGIO CALABRIA Per decisione della sesta sezione della Corte di Cassazione, cala la mannaia della prescrizione sul processo Mozart, scaturito dall’inchiesta che ha svelato come l’ex parlamentare di Forza Italia oggi latitante a Dubai, Amedeo Matacena, abbia corrotto l’ex presidente del Tar Luigi Passanisi. Fatta eccezione per la pena di 1 anno e 4 mesi inflitta alla moglie del magistrato, Gabriella Barbagallo, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile, evaporano tutte le altre condanne stabilite dai giudici del Tribunale di Reggio Calabria e confermate dalla Corte d’appello. I fatti – dice la Cassazione – sono troppo vecchi e non sono più perseguibili.

DRIBBLATA L’ESTRADIZIONE Una decisione che Matacena deve aver accolto con sollievo, non solo perché così sfoltisce un po’ la lista di pendenze con la giustizia. A differenza dell’associazione mafiosa, la corruzione in atti giudiziari è un reato riconosciuto negli Emirati e una sentenza di condanna definitiva avrebbe potuto accelerare la tanta attesa estradizione in Italia, che da tempo pende – inevasa – sulla richiesta dell’ex politico.

ISTANZE E TRATTATI PENDENTI Un problema che – quanto meno per adesso – l’ex politico non si dovrà porre, anche in considerazione degli inspiegabili ritardi parlamentari nell’iter dell’approvazione definitiva del Trattato fra Italia ed Emirati, che permetterebbe di superare le differenze di ordinamento e codice penale oggi d’ostacolo all’estradizione. Mentre quell’accordo firmato in pompa magna langue in commissione, i giudici della Cassazione hanno tirato una riga su quasi dieci anni di procedimento. Per la Corte, gli episodi di corruzione accertati dai processi di primo e secondo grado in ogni caso non contano più, perché troppo risalenti nel tempo perché le condanne possano essere efficaci.

LE RICHIESTE DI PG E AVVOCATI Una decisione che accoglie la richiesta che in via gradata avevano avanzato tanto il pg, come i legali degli imputati, convinti che tutto il procedimento dovesse tornare in appello perché non sufficientemente motivato, o in alternativa dichiarato prescritto.

I PRECEDENTI GIUDICATI In precedenza, tanto i giudici del Tribunale, come quelli della Corte d’appello, avevano confermato come Matacena avesse corrotto l’ex presidente del Tar, Passanisi, pur di strappare sentenze favorevoli alle sue “Ulisse shipping” e alla “Amedeus spa”, formalmente amministrate da altri. Per questo motivo, in passato i giudici di secondo grado avevano confermato le condanne a carico di Matacena, punito con 4 anni, Passanisi, condannato a 3 anni e 6 mesi, come pure quelle inflitte in primo grado a Martino Politi e Cesare Giglio (oggi difeso dagli avvocati Aldo Labate e Davide Barillà), stretti collaboratori di Matacena, per i quali è stata confermata la condanna a 3 anni e 6 mesi. In secondo grado, la Corte aveva invece ridimensionato la condanna a carico della moglie di Passanisi, Gabriella Barbagallo, per intervenuta prescrizione di uno dei reati contestati, condannandola a 1 anno e 4 mesi, in luogo della condanna a 1 anno e 8 mesi in precedenza rimediata.

L’INDAGINE Stando alle precedenti sentenze, gli imputati del processo Mozart, erano tutti a vario titolo coinvolti nella manovra con cui nel 2005, Amedeo Matacena – reale dominus della Ulisse Shipping e della Amedeus spa – avrebbe deciso di “ammorbidire” l’allora presidente del Tar Calabria, Luigi Passanisi, pur di risolvere in proprio favore quel contenzioso che la Amedeus fin dal 2000 aveva con l’Ufficio marittimo di Villa San Giovanni e le Ferrovie dello Stato. «Matacena – sottolineavano i giudici nella sentenza di primo grado – era titolare di una posizione economica in capo alla quale sussisteva un forte interesse a operare nel settore della navigazione marittima nello Stretto di Messina; interesse frustrato, tuttavia, dall’ostacolo frapposto dall’Ufficio marittimo di Villa San Giovanni, che nel 2000 aveva rigettato l’istanza della società Amadeus s.p.a. finalizzata a ottenere l’accosto nell’invasatura “0” del porto di Villa San Giovanni, utilizzata all’epoca esclusivamente dalle Ferrovie dello Stato e considerata assolutamente necessaria per lo svolgimento dell’attività di traghettamento nello Stretto di Messina, in quanto il porto di Villa San Giovanni costituiva l’unico approdo che consentiva il trasporto di merci e di persone tra la Calabria e la Sicilia in tempi concorrenziali».

LE INTERDITTIVE ANTIMAFIA Un’autorizzazione per cui Matacena inizia una lunga battaglia in sede legale, ma che si allontana sempre più dall’orizzonte dell’armatore non solo a causa del “no” testardo dell’Ufficio marittimo, ma anche perché nel corso degli anni e delle schermaglie in tribunale, a complicare ulteriormente la situazione, nel 2004 arrivano due decreti della Prefettura di Roma che attestano un pericolo di condizionamento della società da parte della criminalità organizzata. Interdittive contro cui l’ex politico fa ricorso di fronte al Tar Calabria, all’epoca retto dal giudice Passanisi. «Può affermarsi – si leggeva nella sentenza di primo grado – che questo è il momento topico che vede intersecarsi le figure di di Matacena Amedeo e di Passanisi Luigi, in quanto in quell’epoca il presidente della sezione di Reggio Calabria del Tar Calabria era quest’ultimo e tutte le successive fasi della vicenda contenziosa relativa alla richiesta di approdo allo scivolo “0” da parte della Amadeus s.p.a. sono state scandite da numerose pronunce dell’Ufficio giudiziario diretto dal citato Passanisi Luigi». Un personaggio che Matacena avrebbe deciso di avvicinare per ottenere sentenze non solo favorevoli, ma soprattutto in grado di passare indenni anche al vaglio del Consiglio di Stato. Un piano che Matacena non avrebbe portato avanti da solo.

GLI “ABILI MEDIATORI” A condurre per l’ex deputato la trattativa sarebbe stato Martino Politi, ex dipendente della segreteria di Matacena nei suoi anni da parlamentare, formalmente dipendente della società Amedeus, ma per i giudici soprattutto un «fedelissimo» dell’ex politico, «lo shadow chief executive officer» (amministratore delegato ombra) in seno all’organizzazione dell’ente con il compito di curarne gli affari più importanti e di riferire tutto ciò che accadeva al suo manager effettivo, ossia Matacena. Ed è proprio ascoltando le conversazioni intercorse fra Politi e Matacena tra l’ottobre e il dicembre 2005, che gli investigatori riusciranno a ricostruire l’intera vicenda, così come a identificare i personaggi che avrebbero permesso all’ex parlamentare di “agganciare” il giudice, come Cesare Giglio. È tramite Giglio che Passanisi avrebbe fatto sapere non solo di essere disponibile a un aggiustamento, ma anche a farlo su misura. «Io – afferma il factotum in una delle conversazioni intercettate, riferendo le parole di Passanisi apprese da Giglio – dovrei emettere una sentenza per dire che non doveva essere chiesta la certificazione Antimafia per l’accosto però non voglio entrare nel merito… mi ha detto a me quella sera, me l’ha detto…”, dice… “…perché voglio che si vada al Consiglio di Stato… però se voi volete… lui può entrare nel merito».

IL GARANTE ALBERTO SARRA Una disponibilità totale che forse – suggerivano i giudici – si spiega anche in ragione del «ruolo determinante di intermediario» che nella vicenda avrebbe giocato l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, oggi in carcere perchè considerato insostituibile trait d’union fra i vertici della ‘ndrangheta e la politica, ma all’epoca del procedimento Mozart neanche indagato. Solo per decisione dei giudici del primo grado, gli atti relativi alla sua posizione sono stati spediti in Procura per vagliare la sua posizione. Sarra, considerato vicino a Passanisi – spiegavano i giudici – è in ottimi rapporti sia con Cesare Giglio – nel 2006 sosterrà con convinzione la candidatura del figlio Vincenzo al
le provinciali – sia con Politi, che a lui ricorre come «garante» degli accordi presi. La presenza del politico – considerato insieme a Giglio dagli inquirenti «il tramite essenziale per far incontrare le volontà di Matacena Amedeo e di Passanisi Luigi – sarà determinante il 5 ottobre 2005, quando Matacena, concordate con Politi le modalità di pagamento del “disturbo del giudice”, avrebbe ordinato al suo factotum di riferire il tutto a Passanisi tramite Giglio, ma solo alla presenza del Sarra. «Senti, però tu glielo dici a lui, dopodiché questa cosa gliela devi ripetere di fronte ad Alberto, eh? – dice infatti Matacena a Politi, ascoltato dalle cimici – O meglio gliela dici direttamente di fronte ad Alberto». Tuttavia il giudice Passanisi, secondo l’accusa, dopo aver scoperto di essere intercettato, avrebbe fatto rapidamente marcia indietro mandando all’aria gli accordi presi. Una ritirata precipitosa, che comunque non lo salverà né dal procedimento penale, né dalla condanna a tre anni e sei mesi.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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