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JIHAD IN CALABRIA | «Abu Tayeb forse farà il martirio»

CATANZARO «Questo è Abu Tayeb forse farà il martirio».
«Lui forse farà il martirio a Tripoli, Allah gli ha regalato il martirio».
«Questo è un video ricordo».
«Questo è un video ricordo se un giorn…

Pubblicato il: 05/11/2016 – 15:03
JIHAD IN CALABRIA | «Abu Tayeb forse farà il martirio»

CATANZARO «Questo è Abu Tayeb forse farà il martirio».
«Lui forse farà il martirio a Tripoli, Allah gli ha regalato il martirio».
«Questo è un video ricordo».
«Questo è un video ricordo se un giorno Allah ci regala il martirio, con la voglia di Allah».
Tra il materiale sequestrato al 23enne Abo Robeih Tarif c’è anche una registrazione avvenuta in Siria, a Tartus, nella quale “festeggia” un uomo che forse è destinato al martirio. L’uomo ha una cintura esplosiva intorno alla vita. Tartus è uno dei luoghi di addestramento per il fronte jihadista “Jabhat al Nusra”. Tarif si trova insieme a Abu Tayeb, Abu Hisham e Abu Al-Walid (probabilmente il fratello dell’indagato). 
Nel video, girato il 26 giugno del 2014, Tarif è colui che inneggia ad «Allah che ha regalato il martirio».
L’accusa nei confronti di Abo Robeih Tarif è è di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale. 
A metà giugno del 2014, in una chat Viber con tale Khalil, i due si scambiano foto e informazioni. Come fa spesso, l’indagato rimarca il fatto che quelle immagini non devono essere viste da nessun altro: «Sulla vita di tua sorella le foto non le fare vedere». 
Poi Tarif dichiara: «Voglio registrare in una operazione di martirio».



RIVOLUZIONARI IN SIRIA Il fronte jihaista “Jabhat al Nusra” contrasta il regime vigente in Siria guidato da al-Asad. Si considerano dei rivoluzionari. In una conversazione whatsapp del 6 luglio 2014 Tarif parla con Abu Jamlou della morte di tale Bachar. «Da stamattina che tutti i rivoluzionari stanno parlando di questo», dice Abu. Il 13 luglio, sempre in una chat whatsapp, dichiara che «è in corso la sua vendetta» per lo stato in cui riversa la Siria. A fine luglio dichiara di approvare l’iniziativa di 50 combattenti di “Jabhat al Nusra” impegnati nell’occupazione dell’aeroporto della città di Hama (la sua città natale), disponibili al martirio per mietere più vittime tra i nemici. Gli investigatori trovano tra il suo materiale foto con armi in pugno, con granate, lanciarazzi, davanti a un carro armato. In qualche caso Tarif indossa una fascia con su scritto “Allah è grande”.

L’ARRIVO IN ITALIA Il 14 settembre 2014 Abo Robeih Tarif parte da Mersin e arriva in Italia. Sbarca a Crotone a bordo di un peschereccio di 20 metri – comprato con soldi di un certo Abou Al Maidi – con a bordo circa 75 persone, introdotte clandestinamente nel Paese. Con sé il giovane, su diversi supporti informatici, ha tutto quel materiale che fotografico e video che in più conversazioni aveva chiesto di cancellare e non mostrare a nessuno. Ma lui corre il rischio, a costo di subire controlli, come poi è avvenuto. Secondo gli inquirenti il materiale a sua disposizione era necessario per farsi riconoscere, per potersi accreditare «quale soggetto inserito in un contesto associativo terroristico». A questo proposito il procuratore Gratteri in conferenza stampa ha detto: «Lo smartphone era il suo passaporto. Come la copiata per la ‘ndrangheta, serve ad accreditarsi».
Il 15 settembre viene fermato subito dopo lo sbarco perché ritenuto lo scafista, quindi liberato per insufficienza di prove. Nonostante la liberazione, però, Tarif continua a permanere al Cara di Crotone. Questo suo comportamento, scrivono i magistrati, ha una sola spiegazione: «Il compito dell’indagato non si limitava all’illecito trasporto dei clandestini, ma, evidentemente, era finalizzato anche all’indottrinamento e reclutamento di nuovi adepti», sia tra le persone portate sul peschereccio che tra i presenti nel Cara. Dall’esame del suo Gps sul suo smartphone è risultato che il 23enne è stato già “tracciato” in Danimarca, Irlanda del Nord, Bulgaria e numerose volte in Turchia. Ed è risultato in contatto con utenze riconducibili al Regno Unito, Turchia, Siria, Libano, Giordania, Qatar, Egitto, Algeria e Venezuela. Una fitta rete di contatti. Ma il suo progetto, una volta sbarcato in Italia, non è ancora dato sapere, nel dettaglio, quale fosse.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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