ROMA È stato depositato agli atti della Commissione parlamentare Antimafia il verbale dell’esame sostenuto da Gianfranco Donadio, ex procuratore della Direzione nazionale antimafia, l’8 Ottobre del 2014 presso la Procura di Catanzaro. «Uno spunto utile – sostiene il deputato Pd Davide Mattiello – per comprendere se ci siano e come agiscano tutt’ora i garanti di quelli che il compianto D’Ambrosio definì “indicibili accordi”». Donadio è stato, fino al momento dell’insediamento dell’attuale Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, procuratore aggiunto della Dna guidata da Pietro Grasso, con la delega al coordinamento delle inchieste sulle stragi di mafia. Tra il 2012 e il 2013 si è trovato al centro di un attacco che ha avuto nella denuncia del pentito Lo Giudice il momento più drammatico. Lo Giudice, boss di ‘ndrangheta attualmente collaborante con più Distrettuali Antimafia, dopo aver accettato di parlare con Donadio, improvvisamente cambiò atteggiamento ed in un video, che circola ancora su fb, lo accusò di averlo intimidito e indotto a dire il falso. Lo Giudice puntò il dito anche contro altri magistrati e funzionari di polizia giudiziaria. La Procura di Catanzaro aprì allora un procedimento per calunnia contro Lo Giudice, durante il quale Lo Giudice ha confessato di aver detto il falso. «Il fatto grave è che Lo Giudice racconta di essere stato indotto a calunniare Donadio. Indotto da chi e perché? – si chiede Mattiello – Questo credo debba interessare la Commissione parlamentare Antimafia». La Procura di Catanzaro nel 2014 raccolse la testimonianza di Donadio, il quale ha ripercorso tutto il suo lavoro che ha riguardato in maniera peculiare il rapporto tra mafia e pezzi di Stato, in particolare nella figura di Giovanni Aiello. «È possibile che Lo Giudice sia stato indotto a calunniare proprio da così detti “garanti”? È possibile che questi “garanti” abbiano lavorato a chiudere la stagione delle stragi seppellendo morti, verità e rendite politiche? Le sentenze penali le scrivono i giudici, ma le Commissioni d’inchiesta hanno il dovere di comprendere se e come qualcuno abbia cercato o cerchi di usare lo Stato per di chiudere arbitrariamente la porta della giustizia», conclude il deputato.
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