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«Cosenza è nota al mondo anche per Alarico»

Ho letto con spirito critico e grande rispetto la lettera aperta di alcuni studiosi al ministro Dario Franceschini nella quale mi sembra che purtroppo si dimostri, essenzialmente, una scarsa fiduci…

Pubblicato il: 06/11/2016 – 10:59
«Cosenza è nota al mondo anche per Alarico»

Ho letto con spirito critico e grande rispetto la lettera aperta di alcuni studiosi al ministro Dario Franceschini nella quale mi sembra che purtroppo si dimostri, essenzialmente, una scarsa fiducia nella promozione di attività culturali come slancio a supporto della crescita territoriale. Il ricercatore universitario Battista Sangineto convince alcuni suoi colleghi a schierarsi in una battaglia a mio parere sbagliata soprattutto negli obiettivi. Si confondono, innanzitutto, due esigenze legittime e sacrosante, ovvero la valorizzazione delle risorse culturali della nostra città e la messa in sicurezza del centro storico presentate in questo caso come fossero antitetiche e non, invece, complementari. Gli studiosi citati non tengono per nulla in considerazione il fatto che tutto il mondo giornalistico internazionale e buona parte di quello scientifico abbiano dato grande risalto all’iniziativa della ricerca del tesoro di Alarico cogliendone la reale valenza. Giudicano Alarico con il codice dell’illuminismo: un fatto, questo, che cancellerebbe duemila anni di Storia se fosse eletto a numen. Perché gli egizi costruirono le Piramidi sfruttando il sangue degli ebrei, Alessandro Magno fu parricida e precursore delle stragi nei villaggi, Socrate faceva sfoggio di pederastia, Cesare provocò almeno un milione di morti nella sola Gallia e da qui sino ai Borgia si potrebbe fare un elenco lunghissimo di comportamenti immorali giudicati a posteriori, fuori dal loro contesto storico. Per questo, quindi, dovremmo tacitare gli occhi su Giza, la Macedonia, il pensiero greco, le straordinarie testimonianze romane e cristiane? Mi pare che sia il metro peggiore per inserirsi nella Storia. È un’identificazione errata che, peraltro, non fa giustizia del ruolo di Magister Militum che Alarico ricevette dall’imperatore Onorio proprio per le sue straordinarie capacità militari. Considerarlo un “barbaro”, senza però sottolineare il significato attribuito a questa parola dai romani, è riduttivo, imperialistico e anche, involontariamente, razzista. Egli, Alarico, era Principe baltico, nativo dei confini dell’attuale Ungheria. La scultura e il museo che costruiremo sulla sua figura rappresenteranno non una apologia della figura di Alarico (che non ci interessa) ma il tentativo di raccontare con gli elementi della contemporaneità una storia straordinaria che è al centro di tre grandi civiltà: quella romana, quella germanica e quella cristiana. Tre civiltà dall’incontro delle quali è nata la nostra attuale civiltà europea, con la nostra città che diventa centro di questo epocale evento proprio per la morte di Alarico, figura cardine della storia internazionale e punto di transizione tra la storia antica e quella medioevale. Allo stesso tempo, ne approfitteremo per bonificare un sito d’importante valore paesaggistico attraverso la demolizione dell’ex hotel Jolly, scempio edilizio del Novecento. Chiedere a una città tradizionalmente colta di rinunciare alla sua identità significa abiurare il rapporto consolidato tra sviluppo armonico e leggenda o storia. Poiché anche nell’assenza, ci insegna Deleuze, si coglie la presenza. La località di Loch non conosce disoccupazione grazie a Nessie (un mostro marino!). Chateaux de Rennes vive di turismo grazie all’idea astratta che vi sia passato il Santo Graal. Ravello è conosciuta per la sua bellezza grazie al mito della città goethiana, nonostante Goethe vi sia rimasto per due ore. E Verona? Dovrebbe abbandonare il mito shakespeariano? E qui parliamo di miti astratti, non di realtà storiche. Slegare il mito dalla bellezza significa essere privi di identità, lontani da un’idea ecologica e culturale della crescita economica. Alarico è stato l’anticipatore della caduta del grande Impero, dopo quasi 12 secoli dalla sua fondazione. Che sia sepolto a Cosenza è un beneficio incommensurabile. Che i gerarchi nazisti, addirittura Himmler, volessero recuperarne il tesoro, è la dimostrazione della sua esistenza e, mentre lo ricordiamo, certamente lo diciamo con tutto l’orrore possibile verso il nazismo. Le storie si raccontano, non si nascondono. Avere la fortuna di amministrare un Pantheon di testimonianze storiche molteplici come quelle presenti a Cosenza significa sentire il dovere di valorizzarle. E tutto ciò, si spera, porterà turismo, sviluppo, ricchezza, lavoro e occupazione ai cosentini. Giudicare l’operato di un sindaco nel 2016 elargendo giudizi morali su fatti accaduti sedici secoli prima è un’operazione di cui non si coglie il senso. Cosenza è nota al mondo anche per Alarico. E di questo, cioè dell’essere conosciuti nel mondo, non possiamo che essere orgogliosi.

*Sindaco di Cosenza

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