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Il mio progetto sui piccoli centri frenato dai burocrati

Leggo con estremo interesse la puntuale e suggestiva analisi dell’antropologo Vito Teti, pubblicata sul Corriere della Calabria. L’attenzione posta dal prof Teti sui piccoli borghi, sul loro progre…

Pubblicato il: 07/11/2016 – 10:30
Il mio progetto sui piccoli centri frenato dai burocrati

Leggo con estremo interesse la puntuale e suggestiva analisi dell’antropologo Vito Teti, pubblicata sul Corriere della Calabria. L’attenzione posta dal prof Teti sui piccoli borghi, sul loro progressivo svuotamento, sulla loro perdita di identità e, nel contempo, sulla preziosa possibilità che offrono di un nuovo inizio, di un avvenire nuovo e più moderno della modernità, mi trovano completamente d’accordo.
So bene che il mio compito non è quello di disquisire in astratto: sono un consigliere regionale e gli elettori che mi hanno consentito di accedere a questa carica chiedono e, giustamente, pretendono risposte effettive e immediatamente tangibili.
Nella mia frequentazione costante dei territori, vedo ogni giorno quello svuotamento dei paesi dell’interno, quel loro diventare “vacanti”.
Ecco perché, nell’ultimo anno e mezzo mi sono prodigato per proporre all’attenzione dei soggetti istituzionali, degli imprenditori, dei giovani, delle persone che vivono giorno per giorno le difficoltà dei piccoli paesi, il mio progetto che ho inteso denominare “Montagna solidale”: l’ho costruito passo passo, insieme a loro e oggi è diventato un proposta di legge regionale che ho regolarmente depositato.
Sono partito da un’idea in fondo semplice ma ampiamente veritiera: il vulnus dell’abbandono dei territori è il prodromo essenziale che contribuisce al dissesto idrogeologico; ciò che non viene manutenuto a monte, precipita a valle. E chi può occuparsene, chi può realisticamente averne cura? Soltanto coloro che i luoghi li abitano. Ma a queste persone dobbiamo consentire di poterci abitare, in maniera civile e garantendo i servizi essenziali. Ho proposto, pertanto, un percorso razionale di formazione della forza-lavoro residente, tale da sfociare nell’autoimprenditorialità, rappresentata dalla nascita di un centinaio di imprese cooperative specializzate nella manutenzione, salvaguardia e valorizzazione del territorio.
Intendo coniugare l’attenzione al territorio con l’aspetto occupazionale, perché ritengo che i due aspetti siano intrinsecamente collegati: chi non ha una prospettiva reddituale degna di questo nome, semplicemente scappa e la desertificazione dei piccoli borghi montani significa non soltanto la perdita di una storia, ma la rinuncia a un futuro.
I piccoli paesi non sono né un paradiso, né un museo all’aperto, né un luogo di arretratezza, né un inno all’isolamento: dobbiamo convincerci che sono una risorsa, una delle poche reali su cui la nostra amata Calabria può contare.
Non si tratta di utopie minimaliste: la salvaguardia del “locale” è la maniera più intelligente di approcciarsi alle opportunità del “globale”.
Purtroppo, dopo mesi di interlocuzione con i dipartimenti regionali interessati e puntuali interventi sul testo per renderlo idoneo rispetto alle normative vigenti, si è venuta a creare un’impasse che, francamente, mi appare inspiegabile. Se un legislatore regionale non ha possibilità alcuna di incidere sulle possibilità offerte dai fondi europei, che sono l’unica reale fonte di finanziamento rimasta, non vedo a che cosa serva il consiglio regionale: lo si chiuda e si affidi tutto agli eterni burocrati. Ma io non mi arrendo: ne ho parlato con i colleghi e con il presidente Oliverio, e continuerò a battermi per la risoluzione di una questione che non concerne soltanto questa progetto di legge, ma si allarga sino a ricomprendere il significato essenziale della funzione che rivestiamo.

*consigliere regionale

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