CROTONE Cinque persone arrestate e un cittadino marocchino sottoposto ad obbligo di dimora: è il bilancio di un’operazione anticrimine condotta dai carabinieri di Crotone, su ordine della Procura della Repubblica del capoluogo. Sono tutti accusati di concorso in rapina a mano armata, danneggiamento aggravato e spaccio di ingenti quantitativi di cocaina. Tre degli arrestati sono rampolli di esponenti di vertice della ‘ndrangheta di Cutro (Crotone). Il pericoloso gruppo criminale, formato da giovani poco più che ventenni, autofinanziava le proprie attività di spaccio di cocaina mediante rapine e atti intimidatori (incendi) ai danni di imprenditori locali.
GLI ARRESTATI Le persone raggiunte dai provvedimenti sono Salvatore Martino, di 24 anni, già detenuto; Luigi Martino, di 29; Francesco Gentile di 51 anni; Francesco Peta di 25, Angelo Aiello di 22 anni, destinatario di un provvedimento cautelare agli arresti domiciliari; Issam Mohammadi, di 21 destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora.
L’operazione è stata denominata in codice “Filiorum” proprio perché tre dei sei destinatari delle misure sono figli di esponenti di primissimo piano della locale consorteria criminale, incentrata sulla ‘ndrina di Cutro (Kr). Si tratta dei fratelli Luigi e Salvatore Martino, figli di Vito Martino, indicato come killer della cosca, e Francesco Peta, figlio di Salvatore Peta.
IL METODO DEI MARTINO L’indagine ha avuto inizio nel febbraio del 2016 quando i carabinieri del centro del Crotonese intervennero di notte per un incendio doloso appiccato al portone dell’abitazione di una famiglia di noti imprenditori del posto; le attività di indagine avevano indirizzato, grazie anche all’ausilio di alcune telecamere, l’attenzione su una utilitaria di proprietà della famiglia Martino. Neanche 24 ore dopo, i carabinieri fermarono, per un normale controllo alla circolazione stradale, proprio quell’autovettura a bordo della quale c’erano Aiello, Peta e Lugi Martino. All’interno del portabagagli due taniche di benzina vuote. Questi elementi, portati all’attenzione del sostituto procuratore Riello, spinsero i carabinieri a dedicare una sistematica attenzione, sia attraverso pedinamenti sia attraverso l’utilizzo di strumentazione tecnica, tanto l’autovettura quanto i ragazzi. Proprio in questo contesto, nel marzo successivo, avvenne una violenta rapina al ristorante “Oas”i di Roccabernarda (Kr). Dalle indagini sarebbe emerso che lo stesso trio, a bordo della stesa utilitaria, si era recato nei pressi del ristorante, quel sabato particolarmente affollato, facendo irruzione con passamontagna e pistole in pugno per farsi consegnare circa 2.500 euro dai proprietari, tra lo sconcerto ed il terrore dei clienti seduti ai tavoli. Addirittura nel frangente era presente un uomo, figlio di uno storico boss della ‘ndrangheta di Petilia Policastro (Kr), il quale, temendo che i malviventi fossero componenti di un commando giunto sul posto per assassinarlo, si era lanciato dal primo piano del locale per poi scappare nel buio delle campagne circostanti. Anche su questa rapina gli investigatori sono in riusciti in breve a isolare delle prove ben circostanziate a carico dei fermati. Gli autori della rapina furono fra l’altro visti dagli investigatori, poco dopo il colpo, in una sala giochi di Crotone.
IL TRAFFICO DI DROGA I carabinieri hanno anche raccolto prove che dimostrerebbero l’esistenza di una fiorente ed incessante attività di spaccio nel centro di Cutro da parte dei sei arrestati. Centinaia le “sedie” (così veniva chiamata in codice la droga) spacciate al mese, anche durante i festeggiamenti del Crocifisso nel mese di maggio, quando il paese viene tradizionalmente invaso da moltissimi emigranti rientrati per l’occasione. Addirittura è stato dimostrato che in una occasione il gruppo si era recato a Gioia Tauro per rifornirsi di droga facendosi accompagnare da un minorenne per agevolare l’occultamento della droga in caso di controlli delle forze dell’ordine. Sulle responsabilità del minore si pronuncerà a breve la competente Procura dei Minorenni di Catanzaro). Sempre a maggio, i carabinieri avevano arrestato Salvatore Martino, all’epoca detenuto ai domiciliari, poiché, a seguito di una perquisizione domiciliare era stato trovato in possesso di 30 grammi di cocaina rinvenuta dal cane Sambo delle unita’ cinofile dei Carabinieri nel pozzetto dello scarico a seguito di un maldestro tentativo di disfarsene. Durante la perquisizione vennero rinvenuti in alcuni locali di proprietà della famiglia Martino alcuni passamontagna e caricatori per pistole con munizioni, presumibilmente utilizzati per la rapina di Roccabernarda. Nel corso delle indagini, sono stati segnalati, in qualità di assuntori, alla Prefettura di Crotone numerosi giovani che acquistavano la droga dal gruppo di “rampolli” criminali. Il giro di guadagno derivante dallo spaccio si è calcolato si aggirasse sui diecimila euro al mese.
LA CONFERENZA STAMPA DELL’OPERAZIONE Il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Salvatore Gagliano, illustrando ai giornalisti i dettagli dell’operazione, ha detto che quella di oggi «è stata un’indagine intelligente sviluppata in tempi brevi e con molta efficacia per trovare fonti di prova. Abbiano messo fine ad un’attività criminale e ad una escalation che aveva già creato grave allarme sociale. Sappiamo – ha spiegato il colonnello Gagliano rispetto al coinvolgimento dei tre rampolli della ‘ndrangheta – che non ci sono gruppi in questa zona che si muovono autonomamente. Loro usavano il loro nome per acquistare grosse partite di cocaina ed incutere timore». Alla conferenza stampa ha partecipato anche il capitano Claudio Martino, comandante della compagnia dei carabinieri di Crotone.
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