Ultimo aggiornamento alle 23:12
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

I cavalli sacri della 'ndrangheta

REGGIO CALABRIA Un trotto rapido, cadenzato, che rompe il silenzio di una periferia che si sveglia. Un cavallo, muscoli tesi e passo deciso, scende veloce dal curvone che costeggia contrada Ar…

Pubblicato il: 14/11/2016 – 19:43
I cavalli sacri della 'ndrangheta

REGGIO CALABRIA Un trotto rapido, cadenzato, che rompe il silenzio di una periferia che si sveglia. Un cavallo, muscoli tesi e passo deciso, scende veloce dal curvone che costeggia contrada Armacà, a Reggio Calabria, passa davanti alle villette rosse e alla motorizzazione, procede spedito lungo la strada su cui si affacciano gli stabilimenti balneari ormai chiusi e il cadavere all’amianto dell’ex fiera agrumaria, per poi tornare indietro. Almeno un paio di volte la settimana, lo stesso percorso.

PASSEGGIATA O ALLENAMENTO? Chi abita lì ha imparato a riconoscere il suono inconfondibile degli zoccoli sull’asfalto e quello quasi impercettibile del leggerissimo calessino del suo fantino. C’è chi dice che si tratti solo di un’inopportuna quanto rischiosa passeggiata, altri – sottovoce – parlano di allenamento. Di certo, di cavalli “fuori posto”, nella zona nord di Reggio ne hanno avvistati parecchi.

DA NORD A SUD Uno di loro, uno splendido baio da competizione, di norma pascola tranquillo nel campetto da calcio abbandonato del quartiere Archi, quartiere divenuto storica roccaforte dei De Stefano-Tegano e dei Condello. Nessuno sembra sapere di chi sia, tanto meno chi lo porti regolarmente a brucare su terreno comunale. Ma quando il 2 novembre scorso, si è parato davanti ad assessori, funzionari e tecnici di palazzo San Giorgio piombati ad Archi per un’inaugurazione, i più hanno fatto finta di non notarlo. In zona sud invece, nel regno del clan Labate, non è difficile vedere diversi cavalli che brucano tranquilli le spelacchiate aiuole vicino all’ex ristorante Capannina o passeggiano nella spiaggia sottostante.

CAVALLI SACRI? Di chi siano non è dato sapere, di certo – dicono i più – meglio non avvicinarsi. Un po’ come alle vacche sacre, che pascolano indisturbate nella Piana di Gioia Tauro. Secondo indiscrezioni, a Reggio e nelle zone limitrofe da tempo sono tornate le corse clandestine di cavalli. O forse, i clan non hanno mai smesso di farle.

STATUS SYMBOL In provincia, l’interesse della ‘ndrangheta per i cavalli non è una novità. Ogni famiglia ha la sua scuderia. Lo ha raccontato l’operazione Lex, che ha svelato come per i Ferrentino- Chindamo tenessero più alla salute dei cavalli, che a quella degli stallieri, picchiati selvaggiamente per non essersi presentati a lavoro a causa di un provvedimento che li costringeva agli arresti domiciliari. Ma anche indagini come quella che ha portato all’arresto del boss Fazzalari, riuscito a sfuggire per decenni agli investigatori grazie all’abitudine di spostarsi a cavallo fra i boschi. A Torino invece, i clan del mandamento jonico radicati in Piemonte erano riusciti a mettere le mani sul figlio del campione Varenne.

I CLAN DI CITTA’ Ma anche in città, dove i clan si gloriano di aver scrostato molti degli status symbol della ‘ndrangheta tradizionale, ci sono clan che a certi simboli non hanno voluto rinunciare. Un po’ per tradizione – un filo lungo, che secondo alcuni magistrati e studiosi arriva ad avvilupparsi nella storia di Osso, Mastrosso e Carcagnosso e del loro passato di crociati – un po’ per business.

LE INCHIESTE DEL PASSATO A svelarlo è stata l’inchiesta “Febbre da cavallo”, che ha permesso di svelare un vero e proprio giro di scommesse clandestine legate alle corse illegali, organizzate tanto nella periferia nord di Reggio Calabria, come in Sicilia. A mettere gli investigatori della Mobile e i magistrati della Dda degli anni Duemila sulle tracce di organizzatori, scommettitori e proprietari dei cavalli, erano stati i collaboratori di giustizia Paolo Iannò e Giuseppe Morabito, grazie ai quali gli inquirenti erano entrati in possesso anche dei filmati delle folli corse che – in piena notte o alle prime luci dell’alba – i clan di zona nord organizzavano per le strade della città.

L’OMBRA DEL DOPING Qualche anno dopo invece è stata l’inchiesta Gebbione a far luce sugli interessi del clan Labate per l’ippica, come sulle corse organizzate nell’area sud, nel quartiere Gebbione, come a Saracinello, Pellaro e San Leo. Gare truccate – ovviamente – grazie a noti veterinari, che prima delle corse somministravano agli animali antibiotici, antidolorifici e altri farmaci dopanti.

ESTORSIONE AL GALOPPO Più di recente invece è stata l’inchiesta Epilogo a raccontare come il clan Serraino, abbia sfornato un “banco nuovo” di giovani leve, ma senza rinunciare ai business del passato. Per il clan, i cavalli sono sempre stati importanti, tanto da rimediare un’accusa di estorsione per la compravendita di un puledro.

UNA PASSIONE RESILIENTE Un filone di indagine che da allora – che si sappia – non è stato ulteriormente esplorato. Ma c’è chi dice che all’abitudine di affermare il prestigio del proprio casato grazie alla corsa matta di un puledro, i clan – anche in città – non abbiano mai rinunciato. E le segnalazioni sui tanti – troppi – cavalli al trotto per la città negli orari più strani sembrerebbero confermarlo. 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x