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Il ministero stronca la ricerca della tomba di Alarico

COSENZA C’è un problema alla confluenza tra il Crati e il Busento. E un altro un po’ più in là, in piazza dei Valdesi. Un guaio protocollato il 4 novembre scorso negli uffici della Soprintendenza a…

Pubblicato il: 14/11/2016 – 18:04
Il ministero stronca la ricerca della tomba di Alarico

COSENZA C’è un problema alla confluenza tra il Crati e il Busento. E un altro un po’ più in là, in piazza dei Valdesi. Un guaio protocollato il 4 novembre scorso negli uffici della Soprintendenza all’Archeologia, Belle arti e Paesaggio giusto il giorno prima dell’inaugurazione, a Cosenza, della statua dedicata ad Alarico.
Il punto è che al ministero dei Beni e della Attività culturali e del Turismo non hanno preso bene la convenzione siglata tra il sindaco Mario Occhiuto e il soprintendente Mario Pagano che (ri)dà il via agli scavi. Riparte la ricerca della leggendaria tomba (con annesso altrettanto leggendario tesoro), ma non tutti sono d’accordo. Non solo gli intellettuali che hanno firmato l’appello in extremis per dire no all’idea; anche il ministero non apprezza la joint-venture Comune-Soprintendenza. Non apprezza in particolare, una delle clausole previste nella convenzione. Le preoccupazioni – secondo quanto emerge nella lettera inviata a Pagano – sono iniziate da tempo. E non sono state cancellate dalle risposte del soprintendente.

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(La lettera della direzione generale del ministero alla Soprintendenza cosentina)

Infatti, scrive il direttore generale Caterina Bon Valsassina, «nel rilevare che il protocollo d’intesa sottoscritto con il Comune prevede esplicitamente (articolo 2, quarto capoverso) che “le parti si impegnano a utilizzare il proprio personale e le proprie attrezzature per le attività del presente accordo”, si ribadisce in primo luogo che l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo non deve essere in alcun modo considerata prioritaria tra le azioni di tutela che la Soprintendenza è chiamata a svolgere sul territorio nell’esercizio delle sue molteplici competenze (archeologiche, architettoniche, storico-artistiche e paesaggistiche) e che pertanto essa non dovrà distrarre in alcun modo risorse strumentarli e di personale dall’espletamento delle attività ordinarie». Semplificando, il ministero considera la ricerca della tomba del re dei Goti una sorta di passatempo, non certo un’attività a cui dedicare tempo e risorse in maniera massiccia.
La nota scende spiega ancor più in dettaglio l’avversione degli uffici ministeriali al progetto: «Si rimarca che l’esecuzione delle attività archeologiche previste dall’accordo è stata negli anni più volte sollecitata da parti esterne all’Amministrazione, per motivazioni del tutto estranee alla tutela e sulla base di aspettative legate al riconoscimento di un presunto diritto alla corresponsione di eventuali premi di rinvenimento e che, di fronte a tali sollecitazioni, l’Amministrazione ha sempre mantenuto una posizione fermamente contraria. Pertanto, anche al fine di evitare che oneri e/o contenziosi relativi alla corresponsione di eventuali premi di rinvenimento ricadano su questa Amministrazione», il ministero invita il soprintendente «a sospendere l’esecuzione di tutte le attività previste dal protocollo d’intesa».

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(Mario Pagano e Mario Occhiuto firmano il protocollo d’intesa sugli scavi)

Non c’è dubbio che si tratti di un brusco stop nei rapporti tra il livello nazionale e quello locale del ministero. Da Roma, senza troppi giri di parole, chiedono di stracciare l’intesa firmata dai due Mario (il primo cittadino e il soprintendente). E al secondo fanno anche un’altra richiesta. Nella nota in cui spiegava i motivi per i quali ha deciso di appoggiare gli scavi, Pagano «ha ritenuto opportuno relazione circa lo stato in cui ha trovato il patrimonio archeologico di Cosenza». Adesso, la direzione generale gli chiede di «fare lo stesso relativamente alla situazione dei beni architettonici, storico-artistici e paesaggistici del territorio di competenza». Come dire: non c’è soltanto il fantasma di Alarico sulle sponde del Crati.

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(Occhiuto posa con la scultura prima dell’inaugurazione)

Tutto abbastanza imbarazzante. Sul piano tecnico – il richiamo formale per la Soprintendenza è molto esplicito – e anche su quello politico. Basta tornare indietro fino al 5 novembre, il giorno dopo l’arrivo della durissima lettera negli uffici di piazza dei Valdesi. È un bel sabato autunnale, con i cosentini accorsi alla confluenza per ammirare (quelli a cui è piaciuta) o denigrare (gli altri) la statua dedicata ad Alarico. E pure un endorsement istituzionale, quello di Dorina Bianchi, sottosegretario ai Beni e alle attività culturali in quota Ncd. Per l’esponente del governo «la storia di Alarico, ricca di fascino, che si dice sia stato seppellito con tutti i suoi tesori alla confluenza tra i fiumi Crati e Busento, deve innescare un meccanismo di valorizzazione e promozione turistica non solo della città di Cosenza, ma di tutto l’hinterland attraverso una rete di percorsi turistici che guardino a tutte le peculiarità che questo territorio ha da offrire».

Statua Alarico

Di più: «La ricerca della tomba di Alarico è un’indagine complessa che deve diventare un progetto sperimentale e innovativo per l’analisi capillare del territorio e per mettere a sistema connessioni tra paesaggio e archeologia. Un progetto di ricerca che deve privilegiare il nostro know how e guardare alle competenze espresse dalla vicina Università della Calabria, dove ci sono studiosi riconosciuti a livello nazionale e tecnologie all’avanguardia nel campo». Molto bene. Anzi benissimo. Se non fosse che per la direzione generale del “suo” ministero quella ricerca è poco più di un hobby. Pure pericoloso, se si pensa a possibili contenziosi. C’è un problema alla confluenza tra Crati e Busento, un problema in piazza dei Valdesi e, forse, ce n’è uno pure a Roma.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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